Quello che non si dice in vista dell’apertura delle scuole il 14 settembre è che gli insegnanti si troveranno a vivere una condizione per certi versi simile a quella del personale sanitario che nei giorni di massima tensione si è trovato esposto al Covid-19 senza le necessarie precauzioni. Nonostante quanto si è abbozzato per prevenire il contagio, il malumore che si avvisa tra i docenti – alcuni dei quali si rifiutano di tornare nelle aule – è la conferma che si sta lentamente prendendo coscienza dell’inadeguatezza delle misure messe in campo, anche perché la curva dei contagi sta salendo.

Covid a Verona al 31-08-2020
Il dibattito di questi ultimi mesi sulla sicurezza sanitaria nelle scuole non ha portato alla definizione di un modello efficiente per evitare il diffondersi del Coronavirus. Ancora si sta discutendo se gli alunni dovranno o no indossare le mascherine, mentre è ovvio che lo dovrebbero fare. La maggior parte delle aule continuerà a mantenere lo stesso alto numero di studenti, anche se i banchi sono stati “accorciati”, muniti di rotelle e posizionati diversamente, magari sacrificando le vie di fuga necessarie per altri eventi che speriamo non si verifichino, come incendi e terremoti.
La realtà poco è cambiata rispetto a prima della pandemia e rimane quella di 30 studenti per aula che per arrivare a scuola prendono l’autobus, la sera escono con gli amici, vanno a divertirsi con i coetanei, sono poco inclini ad indossare la mascherina, e con docenti che ruotano tra le varie classi. Diverso sarebbe stato, in attesa del vaccino, organizzare una frequenza a giorni alterni: un giorno a scuola e un giorno a casa in videolezione, soluzione che avrebbe risolto anche il problema del trasporto pubblico in sicurezza. Si poteva approfittare di questo tempo per delineare un nuovo modello di scuola mentre il dibattito a riguardo si è subito spento.
Quello che con molta ipocrisia non si dice, e che è già stato applicato come concetto in alcuni ambiti, è che un certo numero di malati, di terapie intensive e alla fine di morti rientra nel calcolo di un’accettabile prezzo da pagare per non mettere in difficoltà il sistema Paese. È questo, ad esempio, il criterio che ha consentito l’insensata apertura delle discoteche, che ha contribuito alla diffusione del virus, mentre questa volta a farne le spese sarà la scuola. L’intento di tutelare l’istruzione è certamente nobile, ma viene anche da chiedersi se l’obiettivo non sia soprattutto quello di evitare i risvolti economici derivati dalla permanenza a casa dei nostri ragazzi.
Questa idea che siamo in mezzo alla tempesta e che bisogna cercare di ridurre il numero dei morti in attesa del sereno è ambigua e pericolosa perché non si palesa, rimane sottotraccia e sconfina nell’ipocrisia. Il fatto che non sia espressa chiaramente consente di evitare una diretta assunzione di responsabilità che metterebbe alla prova le reali competenze di chi governa e di chi, nei diversi ambiti, svolge ruoli dirigenziali, dal ministro ai dirigenti scolastici.
Alla fine quello che molti italiani pensano è che adda passà ‘a nuttata. Tutti tranne i diretti interessati di turno, che invece si trovano a vivere sulla loro pelle i rischi di un simile modo di ragionare.
Giorgio Montolli

È diventato giornalista nel 1988 dopo aver lavorato come operatore in una comunità terapeutica del CeIS (Centro Italiano di Solidarietà). Corrispondente da Negrar del giornale l'Arena, nel 1984 viene assunto a Verona Fedele come redattore. Nel 1997, dopo un periodo di formazione in editoria elettronica alla Scuola grafica salesiana, inizia l'attività in proprio con uno Studio editoriale. Nel 2003 dà vita al giornale Verona In e nel 2017 al magazine Opera Arena Magazine. Dal 2008 conduce il corso "Come si fa un giornale" in alcuni istituti della Scuola media superiore di Verona. giorgio.montolli@inwind.it

Redazione2
04/09/2020 at 12:46
Sarà interessante capire cosa succederà quando i primi docenti saranno messi in quarantena paralizzando le lezioni.
Marcello
05/09/2020 at 10:16
Vero, il rischio contagio resta, forse più alto per gli adolescenti che per i bambini della scuola dell’obbligo ed in qualche misura pure per i quei docenti che fossero ostili al controllo sierologico, ma non certo per il passaggio dei prof da una classe all’altra, dato che sarebbero tenuti ad indossare mascherine sia quando spiegano che quando interrogano. Quanto alla frequenza della Scuola a giorni alterni resta una possibilità (non so quanto studiata), al pari di un ingresso differenziato a mezz’ora di distanza sia per evitare eccessivi assembramenti iniziali che eccessive problematiche sui trasporti locali (Bus e Scuolabus). Il problema ancora aperto in Italia ma anche a Verona è purtroppo la carente utilizzazione di spazi opportuni di aule, non tanto nelle “private” quanto nelle pubbliche (e non si dica che non c’era tutto il tempo di premunirsi, dati i poteri commissariali concessi ai sindaci) e fa il paio con l’alleggerimento del ruolo dei medici sul territori, non solo in campo scolastico, e ovviamente a favore della sanità privata. Concordo in pieno sull’apertura ambigua mai veramente contrastata ad ogni attività economica (discoteche comprese) solo per non penalizzare l’economia. Grazie delle tue osservazioni