INTERVISTA – Dimmi chi sono il cortometraggio di Luca Caserta interamente girato a Verona e prodotto da NOC, Nuove officine cinematografiche sta riscuotendo grandi consensi, non si contano più i riconoscimenti, i premi e le segnalazioni. Il corto, la cui sceneggiatura è stata scritta a quattro mani dal regista veronese e da Elisa Bertato, che ne è anche la protagonista, affascina non solo per le tematiche, ma anche per le grandi abilità tecniche messe in campo.
Gli ultimi riconoscimenti, in ordine di tempo sono quelli del Jersey Shore Film Festival (USA), dove il film ha ottenuto la Nomination come Miglior Cortometraggio Internazionale, la Nomination come Miglior Thriller Internazionale e la Bertato ha vinto il Premio come Miglior Attrice Internazionale per la sua interpretazione.
Abbiamo incontrato questa talentuosa coppia del cinema veronese per conoscerla un po’meglio.
– Uno dei temi ricorrenti dei suoi lavori è l’alienazione. Da dove nasce l’esigenza di raccontare con la macchina da presa questa condizione umana?
Caserta. «Sono attratto dalla psiche umana e dalle sue innumerevoli sfaccettature. In alcuni miei lavori ho voluto analizzare e approfondire come un individuo, venendosi a trovare in una situazione estrema, provi ad affrontarla contando solo sulle proprie risorse, svelando che talvolta le cose non sono così come appaiono a un primo sguardo. Nel caso di “Dimmi chi sono” la protagonista è una donna apatica, sfinita e impaurita, che si lascia scivolare il tempo addosso, ma che alla fine riesce comunque a trovare dentro di sé la forza per reagire».
– Protagonista, ma anche coautrice della sceneggiatura di Dimmi chi sono insieme a Luca. Come ha vissuto questo doppio ruolo?
Bertato. «Mentre scrivevamo il film immaginavo già come avrei potuto interpretare il ruolo di Irene. Questo mi ha permesso di lavorare sul personaggio fin dalla sua genesi, attingendo sia dal mio vissuto che dai miei studi universitari di psicologia. Abbiamo posto particolare attenzione, anche dal punto di vista scientifico, al tema della perdita di memoria e della ricerca della propria identità. In tal modo ho potuto entrare in sintonia con il personaggio».
– La protagonista del corto è una donna che, in seguito ad una violenza, perde la memoria e diventa un’invisibile. Come si affronta un ruolo tanto drammatico? A quali risorse ha fatto ricorso?
Bertato. «Ho fatto leva sulla mia emotività e su alcune esperienze personali, drammatizzandole e portandole all’estremo per potermi identificare e vivere con intensità la vicenda di Irene. La scena della violenza è stata emotivamente molto forte: l’ho sentita realmente sul set ed è stata una prova davvero difficile sia dal punto di vista fisico che psicologico. Considera che nel film si vede la scena montata, ma per realizzarla sono stati fatti vari ciak e Luca non dava mai lo stop perché voleva catturare la drammaticità del momento».

Dimmi chi sono – Elisa Bertato
– Nei suoi lavori predilige l’uso della camera a mano. Perché questa scelta?
Caserta. «In realtà dipende dal contesto. Della macchina a mano mi piace molto la risposta estetica e linguistica, perché mi sembra che talvolta permetta di avvicinarsi di più ai personaggi ed entrare nel vivo della storia. Crea una connessione maggiore, quasi più istintiva e garantisce una notevole libertà di movimento. Ovviamente la si deve utilizzare con cognizione di causa, dove il suo valore estetico si sposi con la scena o con la vicenda che si sta raccontando».
– Di Dimmi chi sono, ma non solo, sei regista, sceneggiatore, montatore e direttore della fotografia. Scelta o esigenza?
Caserta. «Potrei sembrare masochista, ma talvolta mi piace sottopormi volontariamente a dei tour de force per sperimentare, cimentarmi come filmmaker e mettere in pratica quello che ho appreso in questi anni di studio ed esperienza sul campo. È molto stancante e impegnativo, perché si devono avere occhi ovunque e non si può mai abbassare l’attenzione. Mi piace però molto anche separare i ruoli e lavorare in squadra con altri collaboratori per creare un clima di reciproco interscambio artistico».
– Attrice di teatro e di cinema. Anche se l’obiettivo è comune, emozionare lo spettatore, l’attore deve utilizzare tecniche diverse. Quale dei due mezzi espressivi le è più consono?
Bertato. «La recitazione cinematografica e quella teatrale sono molto diverse: semplificando molto, se nella prima devi togliere, per essere il più naturale e credibile possibile, nella seconda devi aggiungere.
Nel cinema inoltre non c’è la continuità recitativa del teatro, perché durante le riprese di un film ci sono molte pause e tempi lunghi: spesso devi ripetere una scena più volte, cambiare inquadratura e in più devi girare non secondo l’ordine cronologico della storia, ma secondo il piano di lavorazione del film. Questo richiede una forte concentrazione per restare focalizzati sul personaggio. Mi approccio al cinema e al teatro adottandone, di volta in volta, le rispettive modalità espressive».
– Quanto pesa appartenere ad una “famiglia di teatro” come la sua? Cosa del teatro ha portato nel suo modo di fare cinema?
Caserta. «Sono cresciuto a teatro e nel teatro fin da piccolo. È stata la prima palestra in cui mi sono poi anche cimentato come drammaturgo e regista, prima di passare alla macchina da presa. Quell’ambiente mi ha formato sia dal punto di vista umano che artistico e questo penso in parte forse si riversi, inconsciamente, nel mio lavoro. Con le dovute distanze, però, perché quello del cinema è un linguaggio diverso: ciò che funziona a teatro non funziona sullo schermo».
– Elisa e Luca, oltre a lavorare insieme siete una coppia anche nella vita. Come si riflette questo nel vostro lavoro?
Bertato. «Il fatto di essere una coppia fa sì che ci si conosca molto bene e ci si riesca a capire anche solo con uno sguardo. Durante le riprese, però, ci possono essere dei momenti di tensione dovuti alla stanchezza o a problematiche inaspettate.
Talvolta si sente qualcuno che racconta che sul set tutto è stato divertente e meraviglioso, ma in realtà penso non sia completamente sincero o che stia facendo un’operazione di marketing: nonostante ci siano sempre aneddoti simpatici e spassosi relativi alle riprese, chiunque faccia questo mestiere conosce l’impegno, la fatica e le inevitabili tensioni che possono insorgere durante tutta la lavorazione di un film, che è un’operazione molto complessa. Proprio perché sappiamo tutto questo, ci si cerca di aiutare reciprocamente».
Caserta. «È un aspetto che sicuramente ci unisce e ci rende molto affiatati in ogni nuovo progetto che decidiamo d’intraprendere, anche quando Elisa non è coinvolta come attrice. Certo, c’è il rischio di portare sul set dinamiche personali, che invece devono essere lasciate da parte per evitare che influiscano sulle riprese e sulla troupe. D’altro canto è anche vero che in questo modo il lavoro diventa totalizzante e torna sempre a casa con noi: non “stacchiamo” mai realmente, ma è anche il bello di questo mestiere».
– Progetti futuri?
Caserta. «Stiamo portando a termine la post-produzione un documentario sulla Resistenza incentrato sulla figura di una partigiana, una testimonianza storica importante. È stata una lavorazione un po’ travagliata, ma che sembra essere finalmente in dirittura d’arrivo.
Sono poi al lavoro su altri progetti, alcuni di lungometraggio, di uno dei quali ho scritto la sceneggiatura insieme a Romina Volpi e per il quale stiamo cercando una produzione interessata: è una storia forte e intensa in cui crediamo molto per il messaggio di cui si fa portatrice, ma è anche una storia d’amore, rinascita e speranza».
Elisa Bertato: «Di progetti e obiettivi ce ne sono sempre e sempre diversi. La noia qui non è di casa…».
Cinzia Inguanta

Nasce a Firenze il 4 giugno 1961, sposata con Giuliano, due figli: Giuseppe e Mariagiulia. Alcuni grandi amori: la lettura, il cinema, il disegno, la fotografia, la cucina, i cinici, le menti complicate e le cause perse. Dopo la maturità scientifica, s’iscrive al corso di laurea in medicina e chirurgia per poi diplomarsi in design all’Accademia di Belle Arti Cignaroli. Nel 2009 s’iscrive alla Facoltà di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca. Giornalista pubblicista dirige Radio Popolare Verona, già direttrice del magazine online Verona-IN con il quale continua a collaborare coordinando la redazione spettacoli e scrivendo di libri. Nel 2006 ha curato la pubblicazione di La Chiesa di Verona in Sinodo e di Il IV Convegno Ecclesiale Nazionale, nel 2007 di Nel segno della continuità. Nel 2011 l’esordio letterario con la pubblicazione del suo primo romanzo Bianca per la casa editrice Bonaccorso. Alcune sue poesie sono pubblicate nel 2° volume della Raccolta di Poesie del Simposio permanente dei poeti veronesi (dicembre 2011), altre sono pubblicate nella sezione Opere Inedite sul blog dedicato alla poesia di Rainews. cinzia.inguanta@email.it
