Secondo Veneto Lavoro nelle prime due settimane di luglio si sono accentuati i miglioramenti. Tuttavia i danni da lockdown restano difficilmente recuperabili nel breve periodo. A Verona sono il turismo e il lavoro stagionale ad aver subito il colpo più duro.
«Prosegue in Veneto il recupero dei posti di lavoro persi durante la fase più acuta dell’emergenza Covid-19. I dati delle prime due settimane di luglio confermano e accentuano i segnali positivi rilevati nei mesi di maggio e giugno, con un saldo nel periodo di +21.400 posizioni di lavoro dipendente, un valore superiore a quello registrato lo scorso anno. La differenza con il 2019, tra mancate assunzioni e rapporti di lavoro cessati, resta tuttavia elevata e quantificabile in circa 56.100 posti di lavoro in meno, pari al 2% dell’occupazione dipendente complessiva in regione».
Questi i dati forniti da Veneto Lavoro, che rivelano un arresto della flessione occupazionale e segnali di recupero. Tuttavia, secondo l’Osservatorio Veneto Lavoro «i danni occupazionali subiti nella fase di lockdown non sembrano recuperabili integralmente nel breve periodo».
Le province più colpite si confermano quelle con una maggiore incidenza delle attività stagionali: a Venezia si è registrata da inizio anno una perdita di circa 24.500 posti di lavoro rispetto allo stesso periodo del 2019, mentre a Verona di circa 15.800. Calo più contenuto nelle altre province: -6.500 a Padova, -5.300 a Treviso, -4.400 a Vicenza, -2.800 a Belluno e -1.500 a Rovigo. Il saldo di inizio luglio risulta positivo in tutti i territori, ma generalmente più basso rispetto a quello fatto registrare nel 2019, ad eccezione di Venezia (+6.693 contro i +4.228 di dodici mesi prima) e Verona (+5.860 contro +5.159), contesti nei quali incide l’effetto ritardato dell’avvio della stagione estiva.
Il turismo rimane il settore più colpito dagli effetti della pandemia e da solo spiega quasi la metà della contrazione occupazionale complessiva, con una riduzione di circa 26.000 posti di lavoro. Con l’allentamento delle misure di lockdown e l’avvio della stagione estiva il trend si è però invertito, e tra il 4 maggio e il 12 luglio si contano 21.100 posizioni lavorative in più, un valore simile a quello registrato lo scorso anno. Nessun settore è tuttavia riuscito a recuperare completamente la caduta di posizioni lavorative rispetto al 2019, se si escludono i servizi finanziari che presentano tuttavia volumi assolutamente marginali. Vicine a un completo recupero anche le costruzioni (-500 il differenziale con lo scorso anno), mentre servizi di pulizia,commercio al dettaglio e, appunto, l’insieme delle attività connesse al turismo, pur mostrando segnali positivi nella fase più recente, sono ancora lontane dal recuperare quanto perso durante il lockdown. In maggiore difficoltà restano il settore dei trasporti e del magazzinaggio (-4.500 posti di lavoro dall’inizio della crisi rispetto al 2019), l’occhialeria (-1.000) e l’agricoltura (-1.400 la maggior parte dei quali persi nella fase iniziale della crisi).
Tutte le tipologie contrattuali dipendenti sono state interessate in questi mesi da una dinamica negativa: la differenza con il saldo del 2019 è pari a -10.700 per il tempo indeterminato, -8.100 per l’apprendistato, -37.300 per i contratti a termine (che includono anche i rapporti di lavoro stagionali per i quali le assunzioni sono diminuite del 33%). Bilancio negativo anche per il lavoro intermittente (-9.200), ma con la riapertura di bar e ristoranti si registra un’impennata delle assunzioni (+24% a luglio), le collaborazioni (-440) e i tirocini (-6.600). Si riduce significativamente anche il ricorso al lavoro somministrato, che nel mese di aprile ha toccato il picco del -77% delle assunzioni, salvo tornare a mostrare un saldo positivo a maggio (+1.300), ulteriore moderato segnale della fase di recupero in atto.