Occupazione in crescita con +23.800 assunzioni, tuttavia il monitoraggio sull’andamento lavorativo nel Nord Est segnala che la crescita zero determinata dal lockdown non si recupererà nel breve periodo. Verona e i suoi stagionali tra i capoluoghi più colpiti con 18.000 posti persi.
Il saldo occupazionale tra assunzioni e cessazioni di rapporti di lavoro in Veneto nel primo semestre del 2020 è stato positivo (+23.800), ma inferiore rispetto a quello registrato nella prima metà del 2019 (+90.700), per una perdita di circa 67.000 posti di lavoro dipendente. La differenza è imputabile agli effetti dell’emergenza Covid-19 sul mercato del lavoro regionale e in particolare alla mancata crescita dei posti di lavoro determinata anche dalle misure di lockdown imposte per contrastare e contenere la diffusione del contagio.
Sono questi i dati registrati dal monitoraggio dell’Osservatorio Veneto Lavoro aggiornati al 30 giugno 2020. Secondo Veneto Lavoro stesso, tuttavia, nonostante i segnali incoraggianti degli ultimi due mesi, i danni occupazionali subiti durante il lockdown saranno difficilmente recuperabili nel breve periodo. Restano da valutare gli effetti del blocco dei licenziamenti e dell’estensione della cassa integrazione a buona parte della platea di lavoratori dipendenti, due provvedimenti che hanno contribuito a limitare il numero di cessazioni nel periodo di emergenza. Analizzando quanto accaduto nel 2019, in particolare, il blocco dei licenziamenti potrebbe determinare la “sospensione” di circa 10.000 licenziamenti di rapporti a tempo indeterminato, quota che sarebbe dunque lecito attendersi alla scadenza del provvedimento attualmente fissata al 17 agosto».
Tutte le tipologie contrattuali dipendenti sono state interessate in questi mesi da una dinamica negativa: la differenza con il saldo del 2019 è pari a -5.600 per il tempo indeterminato, -7.400 per l’apprendistato, -49.200 per i contratti a termine (che includono anche i rapporti di lavoro stagionali per i quali le assunzioni sono diminuite del 43%). In giugno continua il lento recupero dei posti a tempo indeterminato, anche se frutto più del ridotto numero di cessazioni che di una vera ripresa delle assunzioni. Bilancio negativo anche per il lavoro intermittente (-11.200) e il lavoro somministrato, che nel mese di aprile ha evidenziato un crollo delle assunzioni pari al 77% rispetto a dodici mesi prima, salvo una lieve ripresa a partire da maggio.
Le province più colpite si confermano quelle con una maggiore incidenza delle attività stagionali: a Venezia, nei primi sei mesi dell’anno, si è registrata una perdita di oltre 28.000 posti di lavoro, a Verona di 18.000. Calo più contenuto nelle altre province: -6.900 a Padova, -5.100 a Treviso, -4.400 a Vicenza, -2.100 a Belluno e -1.800 a Rovigo. A giugno saldo occupazionale ancora negativo a Padova (-1.000), Treviso (-800) e Vicenza (-200), mentre nelle altre province torna il segno più.
Il turismo rimane il settore più colpito dagli effetti della pandemia e da solo spiega quasi la metà della contrazione occupazionale complessiva, con una riduzione di circa 36.000 posti di lavoro dall’inizio della crisi, la maggior parte dei quali stagionali. A partire da maggio si è verificata un’attenuazione del trend negativo, sia nei servizi turistici, con l’avvio della stagione estiva, che in altri settori quali le costruzioni (che negli ultimi due mesi hanno anche mostrato una crescita delle assunzioni pari al 9%), i servizi di pulizia, la sanità, le attività finanziarie, quelle professionali, l’industria alimentare e il tessile-abbigliamento.