Quella volta si ballò per settimane. “Il congresso non cammina, balla!”, esclamavano i principi. Così a ritmo di valzer il Congresso di Vienna sancì nel 1815 la nascita del Regno Lombardo-Veneto.
Verona si ritrova città di un regno il cui governo mette in campo, dagli anni ’30 agli anni ’60 dell’Ottocento, una manovra militare e allo stesso tempo estetica: il restauro delle mura urbane e la costruzione di forti staccati dalla cinta magistrale. Una sorprendente multipla cintura difensiva guidata dai due criteri, per dirlo con le parole di Vitruvio, di utilitas et venustas: funzionali all’arte della guerra, le mura e i forti si rivelano capolavori di arte architettonica.

Mappa dei forti austriaci (Archivo Cierre edizioni)
La manodopera è locale e viene pagata anche con monete che riportano la scritta tedesca Scheidemunze, da cui, abbreviato, il termine dialettale Schei. I materiali edili sono pure locali: mattoni d’argilla di pianura e calcari chiari delle colline e delle montagne fanno riemergere quell’armonia cromatica di rosso e bianco che da secoli caratterizzava Verona (basti pensare alle chiese romaniche di Santo Stefano o San Zeno) ad esempio nello stile neoromanico dell’Arsenale e della caserma di Castel San Pietro.
Le pietre sagomate e disposte a “opus poligonale” rispondono all’esigenza di ben sopportare eventuali colpi d’artiglieria e conferiscono ai muri l’aspetto di eleganti tessuti geometrici a nido d’ape. Protagonista è anche la terra, con lo scavo di fossati e l’innalzamento di terrapieni che oggi ci permettono di passeggiare e fare sport sui panoramici bastioni del Parco delle Mura. I forti staccati vengono eretti a distanze precise (da 1 a 4 chilometri dalla piazzaforte) ritrovandosi a punteggiare con precisione, balistica sarebbe il caso di dire, il paesaggio verde della campagna. La nostra campagna, la nostra periferia, purtroppo sempre meno verdi. E la prima, più antica, difesa della città di che colore era? Verde Adige, di carducciana memoria.
Collegando a colpo d’occhio i forti superstiti (una ventina sommando quelli collinari e quelli di pianura) appare un disegno, una linea anulare frammentaria. Ricucirla è possibile, recuperando e valorizzando dal punto di vista urbanistico, ecologico ed economico le aree di campagna interessate; creando un “Anello verde” ciclopedonale che rappresenti l’istituzione del Parco nazionale delle mura e dei forti di Verona. Questa è la proposta degli architetti Lino Vittorio Bozzetto e Alberto Ballestriero, su iniziativa del compianto Carlo Furlan di Legambiente Verona, e condivisa da chi scrive.
Le strade poco trafficate permettono di incrociare anche la storia dell’artista Umberto Boccioni che fu disarcionato dalla sua cavalla a Boscomantico nel 1916. (La sua scultura futurista Forme uniche nella continuità dello spazio ancora oggi “cammina” sulla moneta da venti centesimi di euro). Il tratto lungo la riva transitabile del fiume offre poi lo spettacolo della rigogliosa vegetazione riparia in cui risuona il “cantus populi”, il canto del pioppo, lo stormire del vento tra le piante. Un percorso circolare, un “Anellino verde” nel più grande “Anello verde”, animato dalla consapevolezza della straordinaria eredità storica costituita dalla cintura di fortificazioni e dalla speranza che essa venga sempre più valorizzata nel suo potenziale turistico ed ecologico.
Katiuscia Lorenzini