Il tema del rapporto tra l’emergenza coronavirus e l’inquinamento atmosferico in Pianura Padana e la correlazione tra le misure adottate nelle settimane di emergenza coronavirus e qualità dell’aria. È questo ciò che ha indagato Life Prepair, il progetto europeo che si occupa di politiche della qualità dell’aria nel bacino padano, e che ha come partner le Regioni Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia e relative ARPA, la Provincia Autonoma di Trento, ARPA Valle d’Aosta, le municipalità di Milano, Torino e Bologna, ART-ER, Fondazione Lombardia Ambiente e l’Agenzia per l’Ambiente della Slovenia.
Tre i principali aspetti presi in considerazione dal report del progetto: l’analisi delle emissioni inquinanti dovuta all’impatto delle misure emergenziali sui diversi settori di attività (trasporti, industria, agricoltura etc..), la variazione delle concentrazioni degli inquinanti misurate dalle stazioni di monitoraggio di tutto il bacino e, infine, i dati relativi alla situazione meteorologica che influenza profondamente l’accumulo o la dispersione degli inquinanti stessi.
I principali risultati ottenuti hanno evidenziato cali importanti degli inquinanti gassosi come benzene e ossidi di azoto, sia rispetto ai mesi di marzo 2016-2019 sia rispetto ai periodi precedenti il lockdown. Tali decrementi hanno raggiunto valori fino al 58% per gli ossidi di azoto e al 33% e 38% rispettivamente per benzene e NO2. Il confronto con il periodo medio degli anni precedenti ha mostrato come le concentrazioni di questi gas presentino valori ampiamente inferiori alla media. In sintesi, per quanto riguarda gli inquinanti gassosi, tutti gli indicatori scelti confermano una riduzione importante dell’impatto sulle concentrazioni atmosferiche.
Il particolato di PM10 e PM2.5, presenta una dinamica complessa: i valori di PM10 registrati dalle stazioni nel mese di marzo sono mediamente inferiori rispetto agli anni precedenti anche se con una diminuzione meno marcata rispetto agli inquinanti gassosi, pur con una rilevante diminuzione dei valori massimi.
Le frazioni PM10 e PM2,5 variano in modo simile per tutto il mese di marzo, molto influenzate dalle condizioni meteorologiche, con valori minimi nei giorni ventilati e valori massimi nei giorni di stagnazione, condizione favorevole al loro accumulo. In queste condizioni (intorno al 13 e al 19 marzo), in alcune aree, sono stati osservati valori superiori al valore limite giornaliero (50 microgrammi per metro cubo).
Discorso diverso per il picco di concentrazione di PM10 registrata a fine mese, causata da un trasporto di masse d’aria ricca di polvere dai deserti dell’area del Caspio. La relativamente minore diminuzione del particolato rispetto agli inquinanti gassosi, è dovuta a una serie di concause come la presenza di quantitativi di inquinanti precursori, come l’ammoniaca derivante dall’agricoltura e dall’allevamento, in concentrazione sufficiente a produrre PM di origine secondaria. Allo stesso tempo l’aumento dei consumi di gas e di legna per riscaldamento domestico, in condizioni meteorologiche che hanno limitato la dispersione degli inquinanti, ha prodotto emissioni della componente primaria.
«Questi primi risultati sembrano confermare la necessità di una strategia incentrata su interventi plurisettoriali e multi-inquinante a larga scala – dichiara Life Prepair –, con interventi mirati a ridurre sia le emissioni dirette che dei precursori delle PM. In questo senso, i risultati dello studio, seppur preliminari, portano a confermare alcuni punti chiave della pianificazione adottata dalle Regioni e Province autonome del Bacino del Po nei propri piani di qualità dell’aria adottati e degli accordi interregionali. Tuttavia, per poter essere più precisi su tali aspetti è necessario attendere i risultati delle fasi successive, cioè del prossimo rapporto che si occuperà dei mesi successivi e dei risultati delle analisi della composizione del particolato che verranno realizzate sempre nell’ambito del Progetto Prepair».