INTERVISTA – Riaperti teatri e sale cinematografiche dal 15 giugno, a condizione che si rispetti un numero massimo di spettatori (diversi per l’esterno e per l’interno) e ferree norme di sicurezza e di distanziamento contro il Coronavirus. Regole necessarie, che tuttavia non consentono a chi possiede una realtà diversa da quella di un grande spazio di riprendere appieno le proprie attività.
Così Modus Verona, il piccolo Teatro degli Orti di Spagna, lancia l’iniziativa Teatro d’Asporto, con la quale porterà le sue opere teatrali direttamente nelle abitazioni dei cittadini veronesi. Ce ne parla Andrea Castelletti, attore e drammaturgo, ma soprattutto regista e fondatore del gruppo Teatro Impiria e dello stesso Modus Spazio Cultura, centro culturale veronese che dal 2018 ospita spettacoli provenienti da tutta Italia.
«Non è la prima volta che il teatro entra nelle case – spiega Castelletti –. Basti pensare alle corti rinascimentali, nelle quali compagnie di attori si esibivano dinanzi ai principi e ai nobili del tempo, oppure a quegli artisti che con il loro carretto raggiungevano le contrade più lontane, per allestire spettacoli per gli abitanti delle campagne. E poi ancora al grande Stanislavskij, che nei primi del 1900 organizzava spettacoli negli appartamenti, mentre i giovani del teatro sessantottino, a bordo dei loro furgoncini, andavano a trasmettere messaggi di riscatto sociale nelle periferie. Quello che stiamo facendo non è che una riproposta contemporanea della storia».
– Come è nata l’idea di questa iniziativa? Era in programma già prima dello scoppio della pandemia e del conseguente lockdown?
Castelletti. «No, a dire la verità è stata pensata durante il periodo di chiusura come prima soluzione per la ripartenza. Il coronavirus e la crisi degli ultimi mesi, hanno costretto i lavoratori del settore teatrale e dello spettacolo a reinventarsi nei modi più disparati e legittimi per poter continuare a lavorare e per non interrompere il legame con le persone.
Noi abbiamo scelto di non dedicarci, per esempio, al cosiddetto “teatro in streaming”, cioè alla realizzazione di contenuti di intrattenimento telematici. Siamo dell’opinione che, a causa del virus, molti aspetti del nostro mondo stanno cambiando e cambieranno: l’opportunità per il teatro è proprio quella di non cambiare, di continuare a difendere quel suo elemento essenziale che è l’incontro col pubblico. Lo spettacolo teatrale è un’esperienza immersiva, perciò abbiamo optato per una strada diversa: farlo vivere in ambientazioni domestiche, interne ed esterne».
– Però la maggior parte delle persone non possiede una casa abbastanza grande o un giardino tale da ospitare un gruppo di attori e di spettatori rispettando le distanze di sicurezza: in questo modo non si rischia di creare un “teatro d’èlite”, o comunque una possibilità a cui pochi possono accedere?
Castelletti. «Il problema del “dove” non è poi così rilevante. Si parte dall’idea del teatro nelle abitazioni, ma potenzialmente gli spettacoli possono essere fatti in qualsiasi spazio non convenzionale. Per esempio, siamo stati contattati da una signora di Villafranca che ospiterà un nostro show nel giardino della sua villetta a schiera, il che significa che potrà essere visto anche dai vicini sul balcone, per dire.
Un altro gruppo di una località diversa, invece, ha chiesto di poter utilizzare la sala della loro parrocchia in caso di maltempo. Si parte da un numero minimo di quindici/venti persone che possono essere invitate, poi tutto dipende dalla dimensione dello spazio a disposizione: in base a quella si capisce quanta gente può essere ospitata senza violare le norme sulla distanza».
– Quali sono i principali problemi tecnici che dovrete affrontare e come pensate di risolverli?
Castelletti. «Un primo banale problema è quello delle distanze da mantenere. Abbiamo scelto degli spettacoli che possano garantirle, durante i quali non sono previste una gestualità ed una vicinanza particolare tra i personaggi. Le rappresentazioni messe in scena sono soprattutto monologhi o spettacoli in forma epistolare. Ce ne sono anche di più complessi, ai quali però sono state apportate le modifiche necessarie a rispettare le regole di distanziamento.
Vogliamo comunque portare qualcosa di leggero, in osmosi perfetta con l’ambiente circostante. Non abbiamo scenografie o fondali, si utilizzeranno gli spazi dell’abitazione, del cortile o della sala scelti per l’esibizione. All’impianto audio ci pensiamo noi. L’illuminazione sarà preferibilmente quella del posto, ma nel caso in cui non fosse sufficiente provvederemo ad aggiungere qualche faro. Si fa un sopralluogo sul posto un paio di giorni prima, giusto per capire come muoversi. D’altronde gli spettacoli che abbiamo selezionato sono studiati per essere molto flessibili e con meno vincoli possibili».
– Con quale criterio avete scelto le opere da rappresentare? Qualche anticipazione?
Castelletti. «L’idea era quella di creare un vero e proprio menù di spettacoli estremamente variegato, in modo tale da andare incontro ai gusti di qualsiasi pubblico. Alcuni titoli sono più datati, altri più recenti. Si tratta di testi nati per il palcoscenico tradizionale, ma che negli anni hanno già incontrato il favore della platea: modificarli per il teatro in casa è stata una sfida interessante».
– Quante e quali realtà teatrali sono coinvolte nel progetto?
«Per il momento solo quelle che sono parte integrante di Modus, ovvero le compagnie Teatro Impiria, Orti Erranti Teatro e altre collaborazioni con diversi artisti. Abbiamo semplicemente preferito iniziare da coloro che lavorano con noi da ormai molto tempo e con cui abbiamo un rapporto già solido. Se in futuro l’iniziativa andrà bene si potrà dare spazio anche ad altri».
– Che riscontro sta ottenendo questa vostra nuova proposta?
Castelletti. «I primi debutti avverranno nei prossimi giorni. Dal punto di vista mediatico, siamo contentissimi della notevole attenzione che Teatro d’Asporto sta attirando: abbiamo già due/tre richieste alla settimana per gli spettacoli. Credo che l’interesse verso la nostra iniziativa nasca proprio in virtù di com’è organizzata. L’aspetto economico non è la motivazione principale che ci spinge, in questo caso. Negli ultimi mesi siamo stati molto seguiti nonostante la quarantena e la distanza: abbiamo scelto di scommettere ancora una volta sul pubblico e sulla sua voglia di reincontrarci, prima della riapertura definitiva di tutte le nostre attività al Modus».
– Se l’iniziativa dovesse andare bene, pensate di portarla avanti anche in futuro, al di là della presenza o meno di restrizioni dovute al Covid 19?
Castelletti. «Vediamo che richiesta e che efficacia teatrale riusciamo ad ottenere. In ogni caso, Modus da ottobre riparte: non possiamo continuare a tenere chiuso. Speriamo in condizioni più o meno buone a seconda di come andrà avanti il problema della malattia, ma anche dovessimo ritrovarci a poter ospitare solo dieci persone noi riapriremo, rispettando le dovute misure di sicurezza. Credo che attraverso le nostre proposte teatrali Modus sia divenuta una presenza importante nel tessuto cittadino. In parallelo, se sarà possibile e se avremo riscontrato una certa soddisfazione sul territorio, porteremo avanti anche questo progetto».
– C’è un messaggio che con Teatro d’Asporto vi piacerebbe trasmettere o far recuperare al mondo del teatro e della cultura in generale?
Castelletti. «Il punto forte della nostra idea è che unisce la fruizione di una rappresentazione teatrale con una spontanea aggregazione tra amici, alla quale si possono invitare vicini di casa, magari persone che si vedono tutti i giorni ma con cui non si è mai instaurato un vero rapporto, per condividere un’esperienza nuova, diversa.
Prima e dopo gli spettacoli si possono organizzare anche dei rinfreschi, per esempio. In questo modo il teatro si avvicina alle persone entrando nella loro quotidianità, nella speranza che questo poi ottenga l’effetto contrario, ovvero che la gente torni a riempire le sale per gustarsi le rappresentazioni dal vivo. Il teatro è tra i pochi mezzi di intrattenimento e di comunicazione che, a differenza di cinema e televisione, non veicola lo spettatore verso un’interpretazione esclusiva di ciò che vuole raccontare, ma che rispetta la sua particolare soggettività nel cogliere la complessità degli elementi che popolano la scena».
Serena Ferraro

Serena Ferraro, veronese, studentessa di Lettere presso l'Università degli Studi di Verona. Ho sempre amato scrivere, viaggiare, studiare e approfondire. Ogni aspetto della nostra società mi incuriosisce e mi appassiona: conoscerla nella complessità dei suoi elementi significa potersi muovere con consapevolezza e maturità nel mondo che ci circonda. Per questo ritengo che il buon giornalista abbia come primo diritto e dovere quello di fornire un'informazione completa, precisa e trasparente. ferraro.serena99@gmail.com

Flavia
21/06/2020 at 09:24
Un progetto pensato solo da chi intende e vive il teatro nel modo piu’ profondo.
Un continuo dialogo con il pubblico che rende stimolante il concetto di cultura come “cosa” comune. Sicuramente innovativo a Verona. Complimenti ad Andrea e a tutto il Modus!
alessandro nobis
19/06/2020 at 10:35
Un’altra genialata di Andrea Castelletti, un altro di quelli che a Verona ha dato e sta dando più di quello che ha ricevuto. Mi domando se all’Assessorato alla Cultura del Comune di Verona lo conoscono ……….. e conoscono quello che fa. Non credo, attendo smentite.
Redazione2
19/06/2020 at 10:44
La storia di Andrea, bravo e talentuoso, assomiglia un po’ a quella di Verona In (ma lui è più bravo di noi). Passare per le porte strette è sempre stato difficile 🙂
alessandro nobis
19/06/2020 at 10:46
Mi sa di sì.