Le nostre città hanno bisogno di togliere l’auto privata dalle priorità della mobilità. Ma hanno bisogno anche di reinventare la sosta delle automobili perché almeno da ferme riducano al minimo il loro impatto sull’ambiente.
Secondo l’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), il traffico veicolare è tra i maggiori responsabili dell’inquinameto atmosferico, nonostante le automobili vengano usate mediamente solo per il 5% del loro tempo. Ma anche quando le automobili sono ferme, cioè per il restante 95% del tempo, creano problemi non indifferenti. In Italia, considerando solo il traffico privato, circolano più di 39 milioni di automobili che occupano da ferme nei parcheggi 16 mq ciascuna per una superficie complessiva di 624 milioni di mq, più del 2% del territorio nazionale! Una superficie enorme che ha ricadute notevoli sull’ecosistema urbano e sul benessere della popolazione.
Nei parcheggi il calore accumulato dalle pavimentazioni e dalle automobili, dove d’estate la temperatura supera i 60°, contribuisce ad aggravare il fenomeno delle bolle di calore. Ma non solo: le pavimentazioni impermeabilizzate impediscono la ricarica delle falde e nel contempo aggravano lo smaltimento delle acque meteoriche della rete scolante contribuendo ad aggravare i fenomeni alluvionali sempre più frequenti. Per non parlare del fatto che i parcheggi in genere sono concepiti con l’unico obiettivo di realizzare più posti auto possibili senza alcuna idea di un progetto di paesaggio.
A Verona abbiamo molti esempi di questi paesaggi vuoti e senza qualità che creano malessere, a servizio di centri commerciali, supermercati, fiere, stazioni, aeroporto, centri sportivi, uffici, o di quell’enorme distesa di lamiere del deposito auto del Quadrante Europa. Chi ha provato l’esperienza di parcheggiare in un giorno di sole presso Esselunga, Bricoman, Adigeo, Metro, sa di cosa si tratta.

Parcheggio all’Adigeo.
L’architetto Gian Arnaldo Caleffi, in un suo intervento su questo giornale, ha vantato che i centri commerciali come Adigeo ed Esselunga abbiano consentito la“riqualificazione” di queste aree. Rimane un mistero come l’Amministrazione pubblica abbia potuto approvare i parcheggi di questi insediamenti, senza ottenere in cambio una loro sistemazione più sostenibile dal lato ambientale e paesaggistico, anche perché a fronte di interventi milionari per gli spazi chiusi bastavano cifre contenute per migliorare gli spazi aperti.
Ma anche nei parcheggi dei servizi pubblici è evidente lo sprezzo in cui è tenuto il paesaggio urbano. Questo accade perfino in ambiti monumentali come quelli presso le Mura Magistrali, oppure in contesti fragili dal lato ambientale, come quello a servizio delle Piscine Santini ai piedi delle colline a Quinzano, oppure quelli davanti alla Stazione ferroviaria, presso gli Ospedali, l’Università, l’AMIA, la Questura, etc.
Paesaggi scadenti che contrastano con la profusione di risorse impiegate per la sistemazione degli spazi interni, come ad esempio la sede delle Professioni realizzata da Cariverona presso gli ex magazzini generali. Ed è ben strano che nemmeno chi ha sede istituzionale presso codesti spazi, come architetti e ingegneri, abbia mai sollevato il problema.

Parcheggio alla sede delle professioni in Zai.
Le nostre città hanno bisogno di togliere l’auto privata dalle priorità della mobilità. Ma hanno bisogno anche di reinventare la sosta delle automobili perché almeno da ferme riducano al minimo il loro impatto sull’ambiente. Bisogna usare gli alberi per riqualificare questi paesaggi e per mitigare le avversità climatiche, evitando l’uso di pavimentazioni impermeabili. C’è la necessità di scoprire i parcheggi come occasioni di riforestazione urbana, come strutture multifunzionali per poter fruirne anche come mercati, manifestazioni, aree gioco etc.
Gli esempi di buone soluzioni per parcheggi non mancano, specie all’estero ma anche in Italia; due per tutti: quello progettato da Michel Desvigne a Bordeaux e quello al servizio del Castello di Trautmandorf a Merano.
Alberto Ballestriero
Verona Polis

Alberto Ballestriero. La campagna e il paesaggio sono una presenza costante nella sua vita. Ha lavorato come funzionario nella gestione di canali e opere agrarie presso uno dei più importanti Consorzi di Bonifica del Veneto. Dopo la qualifica nel settore del verde progetta parchi e giardini, alcuni dei quali pubblicati. È socio dell’AIAPP (Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio). Per diversi anni è stato responsabile del settore verde urbano della sezione veronese di Italia Nostra. Ha pubblicato il libro “Confini Connessioni Scenari – divagazioni di un giardiniere sul paesaggio”. È socio fondatore dell’Osservatorio territoriale VeronaPolis. ballestriero@gmail.com

Alberto Barbieri
26/08/2020 at 17:22
Le osservazioni dell’Arch. Ballestriero sono pienamente condivisibili e lui, pur non essendo il solo ad aver notato queste “disattenzioni progettuali” dell’Amministrazione Comunale nella “riqualificazione urbana”, è una delle troppo poche voci che hanno il coraggio di mettere in evidenza e scrivere quanto poco è stato fatto per il verde e per una Verona piu’ bella e vivibile.
A proposito di verde e di alberi: causa l’iniziale “progetto tramvia” su rotaia (oggi abbandonato) sono stati tagliati centinaia di alberi lungo i viali (es. stazione, viale Piave, ….) e oggi si vedono (specie nella circonvallazione davanti alla stazione Porta Nuova) dei cespugli nati dai ceppi dei platani tagliati. Quando inizieranno i lavori per RIPRISTINARE queste inutili decimazioni di piante e cominciare a RIQUALIFICARE anche le nostre “fu” strade alberate?
Enrico Marcolini
26/08/2020 at 12:55
Ha fatto bene l’arch.Ballestrero a citare l’ex assessore che ha avuto appunto l’ardire di parlare di riqualificazione urbana {uno dei concetti più spesso abusati per nascondere semplici speculazioni) per insediamenti come Adigeo, Bricoman, Esselunga. Aggiungo: dov’è finito il verde di mitigazione di questi recenti insediamenti? Lo dobbiamo ancora scoprire…
Ma intanto cosa ci vuole ad inserire nelle norme tecniche operative del regolamento edilizio comunale un articolo che preveda l’obbligo di realizzare parcheggi alberati (prevedendo anche l’altezza minima degli alberi al momento della realizzazione -se no ci ritroviamo gli alberelli piantati da Esselunga al forte Gisella) da piantare vietando definitivamente la realizzazione di squallidi piazzali asfaltati per uso parcheggio.
Ci vuole concretezza e reale volontà di cambiamento e questo è il principale compito di una politica sana e eticamente responsabile.
Cristina Stevanoni
17/08/2020 at 11:33
Opportune e bene argomentate, come sempre, le riflessioni dell’Architetto Ballestriero. Ai parcheggi simili a specchi ustori, aggiungerei anche quello di piazza Isolo, e, perché no, anche il Corrubio, e le aree intorno a Cittadella. Per limitarci al Centro Storico, si osserva ora il regime misto, ovvero la spartizione tra plateatici espansi, causa corona virus, e vecchi stalli per la sosta delle auto. Anche qui, un uso del suolo pubblico sempre troppo disinvolto. Domande: che fine hanno fatto i posti auto a prezzo scontato, riservati ai residenti del Centro, limitatamente ai parcheggi sotterranei Saba? Perché il parcheggio già Rettondini al Corrubio è aperto solo dal venerdì alla domenica? Riserva indiana, per soli (auspicabili) turisti? Quando fu costruito questo parcheggio, tra annose polemiche, qualcosa dissero, a propria difesa, i residenti del quartiere di San Zeno. E ora? Tutti ai mille bar del Corrubio, e morta lì?