La città, nonostante il breve periodo del governo francese, fu trasformata e modernizzata sulla base dei nuovi principi dell’illuminismo. Ma ci furono anche violenze e saccheggi.
Se per quasi 400 anni la potenza politica, economica e militare di Venezia era riuscita a dominare e controllare le richieste di maggior autonomia delle principali città venete, alla fine del XVIII secolo non era più nelle condizioni di proteggerle militarmente dalle prepotenze delle grandi potenze continentali e di bloccarne le richieste autonomiste. Alcuni rappresentanti delle famiglie aristocratiche delle città venete, come Verona, mai rese realmente partecipi al governo del territorio, iniziarono così a distaccarsi dalla Serenissima.
Per tentare di mantenere la propria indipendenza e difendersi dalle tentazioni di conquista degli stati più forti economicamente e militarmente, la Serenissima scelse di perseguire la politica della “neutralità disarmata”, che avrebbe permesso il transito e anche il soggiorno sul proprio territorio degli eserciti stranieri. Verona rimase così in balia delle guerre tra francesi e austriaci.
Dopo diverse vicende belliche, l’esercito di Napoleone ebbe la meglio e occupò Verona, che fu costretta ad ospitare 50.000 soldati francesi che si abbandonarono a saccheggi, stupri e insulti alla popolazione. Castelvecchio e i forti sulle colline furono occupati dai soldati d’oltralpe per poter controllare eventuali insurrezioni. Infatti i veronesi, il giorno di Pasqua si ribellarono e costrinsero i francesi sulla difensiva ma, la differenza di forze e di armamenti, il 25 aprile del 1797 costrinse il popolo di Verona a chiedere la resa senza condizioni. Oltre ai compensi per i costi della sommossa, i francesi saccheggiarono le opere d’arte e scientifiche nelle collezioni pubbliche e private, nelle chiese e nelle pinacoteche; la pala del Mantegna, custodita a San Zeno, assieme alle altre opere d’arte, furono spedite a Parigi.
Tra il 16 maggio, e l’8 giugno, dopo processi sommari, nei dintorni di porta Nuova furono fucilati i principali protagonisti della rivolta delle Pasque veronesi: Augusto Verità, Francesco Emilei, Giovanni Battista Malenza, Andrea Pomaro, Piero Zauro, Stefano Lanzetta, Agostino Bianchi e Luigi Maria Flangini.
Ma, durante il periodo di occupazione francese (1796-1814), non ci furono solo violenze e saccheggi. Verona poté godere di importanti riforme, come la suddivisione dei poteri in giudiziario e legislativo; la possibilità a tutti coloro che ne avevano i requisiti di accedere alle carriere amministrative, politiche e giudiziarie; l’abolizione degli ultimi gravami feudali e dei privilegi per diritto di nascita; la creazione di una nuova toponomastica che forniva di un nome tutte le vie e le piazze e di un numero ogni casa. Furono ribaditi i principi della Rivoluzione: libertà, fratellanza e uguaglianza; tutti i cittadini erano uguali e godevano degli stessi diritti e doveri e per la prima volta anche gli ebrei furono considerati cittadini come gli altri; furono aboliti i titoli nobiliari e i privilegi. Le attività economiche, i commerci, le professioni ed i mestieri potevano essere praticati liberamente.

Pasque Veronesi
L’occupazione francese durò sino al 1814. In quel breve periodo Verona fu trasformata e modernizzata, sulla base dei nuovi principi dell’illuminismo francese. I primi radicali cambiamenti riguardarono le proprietà della Chiesa e iniziarono nel 1805, quando Verona era ancora divisa in due parti. Furono ridotte le parrocchie e riordinate le diocesi. Nei primi anni del Settecento, Verona poteva contare su circa 140 edifici ordinati alla religione, tra questi 39 conventi di suore e 15 di monaci e le chiese parrocchiali erano 46. Dopo queste leggi, le chiese si ridussero a 14 e molti conventi vennero chiusi. Gli edifici di culto soppressi con i loro patrimoni, passarono allo Stato.
Molti degli ex edifici di culto sconsacrati e riutilizzati, tutt’ora ospitano scuole, uffici, magazzini, negozi, banche, ristoranti e sale conferenze. Alcuni esempi sono: la Sovrintendenza ai beni architettonici, che si trova nell’ex monastero di San Fermo; il Conservatorio di musica Dall’Abaco e il liceo classico Maffei, che sono nel convento dei Domenicani a Santa Anastasia; una scuola elementare e media che si trovano a Sant’Eufemia; una facoltà universitaria che ha sede ai Filippini; la sede dei vigili urbani che è nell’ex convento di San Domenico; nella chiesa di San Matteo trova posto un ristorante; nella chiesa di Santa Maria della Giara c’è una banca; la prima circoscrizione Centro Storico e la scuola elementare Gregorio Segala si trovano nell’ex convento di San Nicolò; la Biblioteca civica trova posto nel luogo della chiesa di San Sebastiano; l’Intendenza di Finanza è stata ospitata nell’ex monastero di San Tomaso; il Regio collegio femminile Agli Angeli, si trova ancora in un ex convento di suore.
I cambiamenti non riguardarono sono la Chiesa, ma anche la nuova classe dirigente, con la decadenza della nobilità e l’ascesa della borghesia. Fu rafforzata l’autonomia della giustizia e potenziata la nuova amministrazione civica. Ma il potere centrale veniva sempre mantenuto dai francesi, che controllavano l’economia e la vita sociale, mentre un prefetto si occupava dell’amministrazione. I servizi sociali, sino ad allora di pertinenza della chiesa, iniziarono ad essere gestiti dalle strutture pubbliche e vennero realizzati ospizi e ricoveri per vecchi e mendicanti. I costi dell’illuminazione notturna, sino a quel momento a carico dei cittadini, furono assunti dalla municipalità.
I francesi intervennero anche nel miglioramento dell’igiene pubblica, regolando gli scoli fognari e deliberando che i camposanti fossero localizzati lontani dai centri abitati (editto di Saint Cloud del 5 settembre 1806), vietando le inumazioni nelle chiese. Venne realizzato il Catasto edilizio e fondiario. Verona, nonostante il breve periodo del governo francese, ebbe parecchie trasformazioni all’architettura e all’urbanistica della città: subì l’abbattimento dei castelli viscontei di colle San Pietro e di colle San Felice, di gran parte delle mura sanmicheliane, tra San Zeno e la Trinità, della torre scaligera sul ponte di Castelvecchio e dell’arco dei Gavi, che venne sezionato e i pezzi spostati e depositati sullo spiazzo antistante Castelvecchio.
Furono aperte nuove strade e tutte, nuove e vecchie, raggruppate in prima, seconda e terza classe. Su questo modello corso Porta Nuova fu classificato come il principale accesso alla città. Vennero soppresse le contrade e costituiti otto rioni, di cui cinque all’interno dell’ansa dell’Adige e tre a Veronetta, termine dispregiativo, coniato dai francesi durante la divisione della città e rimasto tutt’oggi. L’Arena fu restaurata per ospitare spettacoli e soprattutto lotte tra animali.
In quel periodo, Verona riuscì a conservare la freschezza culturale del Settecento e rappresentò un importante centro letterario e scientifico. Nel 1808, il conte Giovanni Battista Gazzola, i letterati Giovanni Bottagisio e Alessandro Torri, il botanico Ciro Pollini, il fisico Giuseppe Zamboni abate, l’agrario Carlo Camuzzoni e il commerciante Pietro Simeoni fondarono la Società Letteraria.
Giorgio Massignan

Giorgio Massignan è nato a Verona nel 1952. Nel 1977 si è laureato in Architettura e Urbanistica allo IUAV. È stato segretario del Consiglio regionale di Italia Nostra e per molti anni presidente della sezione veronese. A Verona ha svolto gli incarichi di assessore alla Pianificazione e di presidente dell’Ordine degli Architetti. È il responsabile dell’Osservatorio VeronaPolis e autore di studi sulla pianificazione territoriale in Italia e in altri paesi europei ed extraeuropei. Ha scritto quattro romanzi a tema ambientale: "Il Respiro del bosco", "La luna e la memoria", "Anche stanotte torneranno le stelle" e "I fantasmi della memoria". Altri volumi pubblicati: "La gestione del territorio e dell’ambiente a Verona", "La Verona che vorrei", "Verona, il sogno di una città" e "L’Adige racconta Verona". giorgio.massignan@massignan.com
