Certi episodi, per riprodursi e prosperare per anni, hanno bisogno di una società assopita, che alla politica chiede essenzialmente di non disturbare i propri affari.
Ha destato stupore e apprensione la notizia della presenza della ‘drangheta a Verona con una preoccupante ramificazione che ha portato a 26 indagati con 17 arresti e 6 ai domiciliari per responsabilità a vario titolo dei reati di associazione mafiosa, traffico di stupefacenti, riciclaggio, estorsione, falsa fatturazione, truffa, corruzione.
A tale risultato si è giunti con una lunga indagine coordinata dalla Procura del Tribunale di Venezia iniziata fin dal 2017 che ha accertato la presenza nel nostro territorio di una struttura “locale” collegata con analoga associazione che opera a Isola di Capo Rizzuto in Calabria, e che ha coinvolto esponenti della politica locale tanto che agli arresti domiciliari si trova Andrea Miglioranzi ex presidente Amia, l’azienda comunale per la gestione dei rifiuti e l’ex sindaco Flavio Tosi indagato per peculato.
Una situazione grave che tocca la politica locale e rende evidente una contaminazione della vita pubblica della città. Senza cadere nella falsa contrapposizione tra una Verona corrotta e una sana, non c’è dubbio che questo episodio, che non è l’ultimo né isolato, evidenzia che la politica locale risulta culturalmente ed eticamente fragile, aggredibile e infiltratile dall’esterno, anche da organizzazioni criminali.
Trattandosi non di singoli episodi ma di un processo che dura da tempo sarebbe parziale e fuorviante limitare il giudizio alla politica. Fatti come questo, per riprodursi e prosperare per anni, hanno bisogno di una società assopita, che alla politica chiede essenzialmente di non disturbare i propri affari e poi faccia quello che ritiene. Importante è schierarsi quando questi affari sono minacciati, specie dalla politica nazionale.
Questo modello di rapporto tra politica e società, dietro l’immagine di un certo benessere, frutto di una consistente presenza turistica, nasconde una serie di partite perse che si chiamano deindustrializzazione, perdita progressiva del controllo dell’economia, assenza di progetti innovativi capaci di orientare il futuro, crescita del lavoro precario e di bassa competenza, marginalizzazione dei giovani.
Alla base di questo innegabile declino sta una inadeguatezza della classe dirigente, politica e non, che assume il consenso, anche catturato subdolamente, come criterio decisivo della qualità della politica, e che porta i suoi comportamenti ai limiti, e oltre, della legalità.
È partendo da questi elementi che bisogna riflettere per andare oltre le tradizionali e inutili difese d’ufficio, per capire, con rigore e umiltà, che la nostra città ha bisogno di una vera trasformazione che parta dalla consapevolezza dei suoi limiti. Altrimenti Verona, nonostante le sue opportunità, è destinata inesorabilmente a regredire.
Luigi Viviani

Luigi Viviani negli anni Ottanta è stato membro della segreteria generale della CISL, durante la segreteria di Pierre Carniti. Dopo aver fondato nel 1993 il movimento dei Cristiano Sociali insieme a Ermanno Gorrieri, Pierre Carniti ed altri esponenti politici, diviene senatore della Repubblica per due legislature. Nel corso della legislatura 1996-2001 è stato sottosegretario al Lavoro con il ministro Cesare Salvi; nella successiva, vicepresidente del gruppo dei Democratici di Sinistra al Senato. viviani.luigi@gmail.com
