Per quali motivi le scelte urbanistiche del passato non hanno privilegiato e favorito il recupero del patrimonio edilizio esistente e la riqualificazione e messa in sicurezza del territorio?
Il direttore centrale dell’Anticrimine Francesco Messina, durante le comunicazioni alla stampa tenute al Palazzo di Giustizia di Venezia, ha dichiarato che le indagini hanno portato alla contestazione del 416 bis a carico di 16 persone, indagate per verificare i legami con la ‘ndrangheta calabrese e in particolare con la cosca Arena-Nicoscia di Isola Capo Rizzuto (Crotone) .
Si ritiene che il responsabile per il territorio di Verona fosse Antonio Giardino, presente nel veronese dalla fine degli anni ’80. Tra i vari indagati, a vario titolo, sembra ci siano anche l’ex sindaco Flavio Tosi e alcuni dirigenti di un’azienda comunale, tra i quali, pare, Andrea Miglioranzi. Non è mia intenzione condannare prima delle sentenze dei tribunali, quindi, per quanto mi riguarda, vale sempre la presunzione di innocenza.
Detto questo, mi rimangono i dubbi su certe scelte urbanistiche del passato e sulla vicenda giudiziaria dell’ex vicesindaco e assessore alla pianificazione della giunta Tosi, Vito Giacino, che potrebbe essere la premessa per future rivelazioni.
In un periodo di profonda crisi economica, che ha interessato il settore urbanistico ed edilizio, certi grossi investimenti, sono di difficile spiegazione. Invece, nonostante una diminuzione della popolazione di Verona ed oltre 10.000 appartamenti sfitti, furono previsti dal PAT della giunta Tosi, 10.900 nuovi alloggi e 750.000 metri quadrati di edifici ad uso commerciale, terziario e produttivo.
Così, come sembra incomprensibile, la scelta di permettere la realizzazione di circa 3.000.000 di mc di commerciale, terziario, alberghiero, ricettivo e direzionale e di oltre 1.000.000 di mc di residenziale, a Verona sud. Scelte derivate dalle “manifestazioni di interesse” inoltrate dagli operatori privati alla Pubblica Amministrazione.
Quel tipo di non pianificazione, probabilmente era stato il prodotto di una cattiva cultura urbanistica e di una mancata attenzione all’equilibrio ed alla salute del territorio. Ma sorge spontanea la domanda: perché investire milioni di euro in centri commerciali e direzionali? Chi ha ancora convenienza ad investire cifre così alte nel settore edilizio? E per quali motivi le scelte urbanistiche, non hanno privilegiato e favorito gli investimenti nel recupero del patrimonio edilizio esistente e nella riqualificazione e messa in sicurezza del territorio?
Non ci sono risposte adeguate e si continua a programmare la realizzazione di nuove costruzioni, non per necessità oggettive, ma per soddisfare gli interessi dei due gruppi sociali che detengono e gestiscono il potere: quello dei politici e quello degli affaristi. A questi due se n’è aggiunto un terzo, il più pericoloso, quello della malavita organizzata. È infatti risaputo che il mondo del mattone è uno dei canali principali per il riciclo del denaro sporco; ed è indispensabile che, nelle operazioni di riciclaggio, operino imprenditori compiacenti e insospettabili.
Esistono vari modi per ripulire il denaro proveniente da operazioni illecite e/o criminali; uno dei principali è quello della finta vendita di immobili: un’organizzazione criminale acquista un immobile ad un valore molto più basso, rispetto la somma da riciclare. In seguito, l’immobile è venduto ad un compratore compiacente, al prezzo della somma da riciclare, che è maggiore rispetto al prezzo iniziale dell’edificio. L’acquirente compiacente paga con un bonifico bancario e contemporaneamente riceve, dall’organizzazione criminale, in denaro liquido, la differenza tra il prezzo reale di mercato e quello che ha corrisposto all’organizzazione. La convenienza per entrambi i soggetti, spiega anche l’eventuale non utilizzo immediato dell’immobile.
Queste operazioni, potrebbero giustificare la costruzione e la pianificazione di nuovi immobili, residenziali, direzionali e commerciali, nonostante vi siano migliaia di appartamenti, capannoni e uffici vuoti e sfitti.
Le infiltrazioni mafiose al Nord, non significano mitra e lupare, ma opportuni contatti con il potere politico e finanziario, per influenzare le scelte d’uso del territorio.
In questi casi, gli strumenti urbanistici sono stati ridotti a piattaforme tecniche, per garantire la speculazione edilizia; mentre il ruolo degli urbanisti e dei tecnici, si limita a tentare di giustificare tecnicamente e con molta difficoltà, scelte urbanistiche inammissibili ed inopportune.
Giorgio Massignan
VeronaPolis
Leggi la replica dell’architetto Gian Arnaldo Caleffi, assessore all’Urbanistica nella Giunta Tosi: Metri cubi e malaffare? La realtà è un’altra caro Massignan.

Giorgio Massignan è nato a Verona nel 1952. Nel 1977 si è laureato in Architettura e Urbanistica allo IUAV. È stato segretario del Consiglio regionale di Italia Nostra e per molti anni presidente della sezione veronese. A Verona ha svolto gli incarichi di assessore alla Pianificazione e di presidente dell’Ordine degli Architetti. È il responsabile dell’Osservatorio VeronaPolis e autore di studi sulla pianificazione territoriale in Italia e in altri paesi europei ed extraeuropei. Ha scritto quattro romanzi a tema ambientale: "Il Respiro del bosco", "La luna e la memoria", "Anche stanotte torneranno le stelle" e "I fantasmi della memoria". Altri volumi pubblicati: "La gestione del territorio e dell’ambiente a Verona", "La Verona che vorrei", "Verona, il sogno di una città" e "L’Adige racconta Verona". giorgio.massignan@massignan.com
