INTERVISTA – Pierpaolo Romani era stato uno dei soggetti a firmare, il 2 ottobre dello scorso anno, il protocollo denominato Nuovi cantieri dell’educazione civica, assieme ai vertici delle tre forze di polizia, dei vigili del fuoco, dell’ex Provveditorato agli studi, dell’Ordine dei giornalisti del Veneto e dell’associazione Avviso pubblico di cui Romani è coordinatore nazionale.
Nato il 26 giugno 1970 a Trecenta, in provincia di Rovigo, ma residente da anni nella provincia scaligera, laureato in Scienze politiche, Romani è dall’8 marzo 2005 giornalista pubblicista. Anche lui, dal 21 febbraio, è stato costretto ai domiciliari insieme alla moglie ed ai figli, due gemelli che il prossimo anno inizieranno le superiori.
Ecco, le superiori. Il protocollo era stato immaginato come momento di raccordo tra studenti degli ultimi anni della scuola secondaria di secondo grado, organi di polizia, giornalisti, Avviso pubblico e Prefettura per affrontare il tema dell’educazione civica attraverso la lente della comunicazione istituzionale. Dei dieci incontri previsti a Palazzo Scaligero, il Coronavirus ha reso possibile solo i primi tre.
– È possibile tirare qualche somma sull’efficacia del protocollo?
Romani. «Direi che il protocollo è stato molto importante perché ha messo insieme diverse istituzioni, il mondo della scuola e quello dell’associazionismo con l’impegno di promuovere la cultura della cittadinanza responsabile. Grazie ai primi incontri svolti in Prefettura a Verona, gli studenti hanno potuto conoscere più da vicino il funzionamento di questo ufficio territoriale del Governo, nonché quello di alcune forze di polizia. I ragazzi, inoltre, hanno manifestato curiosità e attenzione sui temi delle mafie, della corruzione e su quello che si può fare per prevenirli e contrastarli. Il Covid-19 ha imposto la sospensione degli incontri, ma non certamente l’interesse per riprenderli una volta superata l’emergenza».

Pierpaolo Romani
– Anno scolastico 2020/2021: se ripartirà nelle forme tradizionali, si potranno calibrare gli incontri su quanto avvenuto da marzo ad oggi, cioè una sorta di lezioni di educazione civica sul campo?
Romani. «Al momento non è dato ancora sapere cosa succederà a settembre. Speriamo sia possibile rivedersi in presenza, discutere degli altri temi che avevamo pianificato, respirare quell’empatia e quell’attenzione che si sono avvertite nei primi tre incontri tra i relatori e gli studenti. Altrimenti, spero sia possibile realizzare gli incontri in videoconferenza. Questi momenti, infatti, sono estremamente importanti sia per chiarire come si originano e si sviluppano certi mercati criminali, come quello della droga, sia perché danno delle indicazioni concrete per evitare di finire nei guai, anche dal punto di vista della salute, già dalla giovane età».
– L’ultima a lanciare l’allarme è stata Luciana Lamorgese. La ministra dell’Interno ha manifestato la stessa preoccupazione che gli addetti ai lavori hanno espresso sulle possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nel tessuto economico del Paese devastato dal Covid-19. Preoccupazione condivisibile?
Romani. «Direi che è una preoccupazione concreta manifestata sin dall’inizio del lockdown dal ministero dell’Interno, dalla Procura nazionale antimafia e dalla Banca d’Italia. La possibilità che le mafie sfruttino l’emergenza Covid-19 per espandere la loro presenza nell’economia e nel mondo delle imprese insieme al consenso sociale sui territori, in particolare al Sud, è un pericolo reale e attuale.
Proprio in questi giorni, diversi prefetti italiani hanno già dato notizia pubblicamente che nel Nord Italia alcuni alcuni imprenditori attivi soprattutto nel settore turistico-alberghiero, hanno ricevuto offerte di denaro per finanziare la loro attività ovvero per cederla. Anche a Verona, il presidente di Confcommercio ha lanciato l’allarme su offerte finanziarie anomale proposte a titolari di esercizi commerciali.
La mancanza di liquidità nelle imprese, la precarietà e la povertà che ha colpito e, nei prossimi mesi, colpirà migliaia di famiglie deve essere un monito ad accelerare al massimo da parte delle istituzioni il sostegno economico a questi soggetti per sottrarre spazi alle mafie. Le quali, tra l’altro, stanno già da tempo operando anche nel settore della sanità, come dimostrato dalle sei Asl sciolte dal Consiglio dei ministri dal 1991 ad oggi».
Antonio Mazzei

Antonio Mazzei è nato a Taranto il 27 marzo 1961. Laureato in Storia e in Scienze Politiche, giornalista pubblicista è autore di numerose pubblicazioni sul tema della sicurezza. antonio.mazzei@interno.it
