Nel veronese il 40% dei contribuenti dichiara meno di mille euro netti mensili. Ai pensionati scaligeri gli assegni più bassi mentre solo il 2,6% dei cittadini denuncia entrate superiori ai 75.000 euro.
Mercoledì 20 maggio – «Dopo la pandemia, l’unica cosa certa è che anche nel territorio scaligero le disuguaglianze sociali rischiano di ampliarsi a causa dell’epidemia, creando un gap sempre più insanabile fra diverse fasce sociali della popolazione residente».
A lanciare l’allarme è il sindacato dei pensionati Spi Cgil di Verona, che ha preso in esame l’indagine realizzata dallo Spi del Veneto sui dati diffusi di recente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (dichiarazioni 2019 su anno di imposta 2018).
Secondo la ricerca, nel veronese, il 40% dei contribuenti dichiara meno di mille euro netti mensili. Ai pensionati scaligeri gli assegni più bassi (circa 17.600 euro lordi annui) mentre solo il 2,6% dei cittadini denuncia entrate superiori ai 75.000 euro.
In Provincia, il reddito medio si attesta sopra i 20.667 euro lordi annui in leggero aumento rispetto al 2017, quando l’importo era di 20.144 euro. Circa due contribuenti su cinque (il 39,4% del totale, poco meno di 280.000 veronesi) dichiarano entrate inferiori ai mille euro netti mensili (15.000 euro lordi annui).
A questi appartengono soprattutto lavoratori dipendenti e pensionati. I primi hanno denunciato redditi medi di poco superiori ai 21.000 euro, corrispondenti a poco più di 1.200 euro netti mensili. Ai pensionati va peggio, con un assegno medio di 17.641 euro lordi annui, che al netto si trasforma in una cifra mensile inferiore ai mille euro.
Va meglio invece per gli imprenditori in contabilità ordinaria, con un reddito medio di 41.446 euro lordi annui, contro i 38.678 dell’anno prima, e soprattutto gli autonomi che vedono la loro dichiarazione passare da 49.990 euro lordi annui a 52.656.
Le disuguaglianze sociali nel veronese e le evasioni fiscali, secondo Spi CGIL, sono «ancora più evidenti se analizziamo la distribuzione della ricchezza che nel 2019 ammonta a 14 miliardi e 300 milioni di euro. Circa il 13% di questo importo viene suddiviso fra il 40% dei contribuenti scaligeri, quelli che dichiarano meno di 15 mila euro lordi annui. Un altro 16%, di contro, finisce nelle tasche di una esigua fascia di persone, quel 2,6% di contribuenti che denuncia oltre 75 mila euro lordi».
In tale contesto, il segretario dello Spi Cgil di Verona Adriano Filice, evidenzia che tale situazione di allargamento delle disuguaglianze «si aggraverà con l’irrompere della pandemia e in questa condizione oggi più che mai è necessario un confronto in tutte le sedi istituzionali, a partire dalle amministrazioni comunali del veronese, per concordare interventi di sostegno sociale di chi oggi è in una situazione di debolezza e di fragilità. Inoltre, è utile che anche nei Comuni veronesi vengano firmati i patti antievasione. Ancora pochi comuni lo fanno. Eppure, si potrebbero recuperare risorse importanti da riservare alle fasce deboli della popolazione e al welfare locale. Non solo. I patti servono anche per arginare comportamenti illeciti deleteri anche per i tanti imprenditori che fanno della fedeltà fiscale, un comportamento responsabile all’interno di una competizione imprenditoriale volta all’innovazione e rispettosa dei contratti di lavoro».