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Verona, il ribellismo dei commercianti e la fuga della classe dirigente

La classe dirigente locale si è ben guardata da assumersi la minima responsabilità nel sostenere la gravità della situazione presente e la necessità di traguardare la ripresa.

Piazza Erbe deserta (foto Verona In)
Piazza Erbe deserta (foto Verona In)

La classe dirigente locale si è ben guardata da assumersi la minima responsabilità nel sostenere la gravità della situazione presente e la necessità di traguardare la ripresa all’effettiva riduzione del contagio.

L’inizio della fase 2 del Covid-19 a Verona si presenta con quella faccia qualunquista che ogni tanto appare come parte meno nobile della città. I commercianti reclamano con gesti spettacolari l’immediata apertura dei loro negozi.

Si va dalla restituzione simbolica delle chiavi al Sindaco alla formale sollevazione delle saracinesche senza avviare l’attività. Gesti di ribellismo senza prospettiva, come ci trovassimo di fronte ad un fatto di normale volontà negativa di chi ha responsabilità di decidere l’apertura.

La nostra città è diventata nell’ultimo mese il focolaio di diffusione del virus di gran lunga maggiore del Veneto, tanto che attualmente registra il doppio dei contagiati di Vicenza, il triplo di Padova e il numero di decessi più alto della Regione, pari a 425 contro i 248 di Padova, 268 di Treviso e i 221 di Vicenza.

Ma ciò che più ha impressionato, di fronte a tale ribellismo rivendicativo, è stata la reazione della classe dirigente locale che si è ben guardata di assumersi la minima responsabilità nel sostenere la gravità della situazione presente e la necessità di traguardare la ripresa all’effettiva riduzione del contagio.

Confcommercio ha seguito l’onda coprendola con la presentazione al Sindaco di Verona di un documento che chiede l’apertura immediata in sicurezza, senza alcuna precisazione su come attuarla. Il Sindaco, da par suo, lo ha convintamente approvato aggiungendo che lo accoglieva a nome del presidente e di tutti i sindaci della Provincia.

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Naturalmente, il tutto si è tradotto in uno sfogatoio senza prospettive, a copertura di una classe dirigente che non sa esercitare una mediazione responsabile tra interessi di parte e quelli generali della società, e in un’ulteriore carica rancorosa e antipolitica della categoria con evidenti effetti diseducativi che Verona è destinata a pagare in futuro.

Data la rilevanza dei valori in gioco, che oltre alla salute fisica riguardano anche il lavoro, la vita delle famiglie, la qualità e la solidarietà delle relazioni e gli stessi valori spirituali delle persone, sarebbe stata importante anche una presa di posizione del Vescovo, come è avvenuto a Modena, dove l’Arcivescovo di quella città ha inviato una lettera aperta a tutti i sindaci della provincia, in segno di solidarietà per la difficile prova a cui sono chiamati e chiarendo che la Chiesa non è una Ong, e partecipa alle varie attività educative e assistenziali  in virtù della fedeltà  alla Parola di Cristo approfondita e diffusa con le sue azioni liturgiche e pastorali, nell’osservanza delle leggi e ordinanze delle pubbliche Autorità e nel rispetto della propria libertà. Ma credo che chiedere questo a Verona è forse troppo.

Luigi Viviani

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Luigi Viviani negli anni Ottanta è stato membro della segreteria generale della CISL, durante la segreteria di Pierre Carniti. Dopo aver fondato nel 1993 il movimento dei Cristiano Sociali insieme a Ermanno Gorrieri, Pierre Carniti ed altri esponenti politici, diviene senatore della Repubblica per due legislature. Nel corso della legislatura 1996-2001 è stato sottosegretario al Lavoro con il ministro Cesare Salvi; nella successiva, vicepresidente del gruppo dei Democratici di Sinistra al Senato. viviani.luigi@gmail.com

4 Comments

4 Comments

  1. Marcello

    06/05/2020 at 12:10

    I commercianti mi ricordano quei contadini che si lamentavano di aver perso due milioni di lire se quell’anno il raccolto permetteva di guadagnare due milioni in meno dell’anno prima. In questi tre mesi di Coronavirus quasi tutti i commercianti e i ristoratori hanno guadagnato poco o nulla ma sono convinto che in generale abbiano risorse, accantonate fino a quattro mesi fa, tali da consentire il superamento delle attuali difficoltà. E poi che dire del motto “Il virus non ci ha ucciso, lo Stato sì”? Vergogna! Caro Viviani c’è qui qualcosa di più di un semplice ribellismo, che la classe dirigente a Verona foraggia se non sostiene apertamente.

    • Redazione2

      06/05/2020 at 12:35

      Condivido che parliamo di una categoria con risorse importanti ma ci sono altre cose da mettere sulla bilancia. 1. i dipendenti che fanno parte dell’azienda e che per il datore di lavoro si traducono una responsabilità non da poco; 2. Il fatto che quanto messo da parte contribuisce a dare sicurezza all’azienda in assenza di uno stipendio certo a fine mese (vedi in questi giorni di emergenza sanitaria); 3. Per lo stesso motivo il capitale accantonato serve per integrare la pensione, visto che a fine attività non sempre c’è un corrispettivo adeguato alle esigenze di vita; 4. Lo stesso in caso di infortunio o malattia invalidante; 5. L’attività di un imprenditore è quasi sempre usurante rispetto ad altre forme di lavoro, ad esempio non ci sono orari. 6. La burocrazia è asfissiante e ciò comporta altre ore di lavoro o soldi spesi per far fronte ad un sistema bizantino e inaccettabile. Poi è vero che se non paghi le tasse, sfrutti i dipendenti, imbrogli i clienti e in generale te ne approfitti puoi anche arricchirti sulle spalle della collettività. Ma questo rientra nella categoria dei disonesti – e non in quella degli imprenditori – che andrebbero puniti in modo esemplare. Cosa che purtroppo non succede, visto che non viene riformato-semplificato il complesso quadro normativo che regola la vita delle aziende, il che consentirebbe di avere, ad esempio, controlli più efficaci. Un sistema che allo stato attuale lascia troppo spazio ai furbetti, e questo soprattutto per motivi di consenso elettorale. g.m.

  2. Maurizio Danzi

    05/05/2020 at 22:40

    Io credo che la differenza sostanziale tra il potere politico in senso generale e il potere religioso sia fondamentalmente una: in estrema sintesi e quindi rimandando ad altri momenti ulteriori riflessioni il sistema politico per me inadeguato in molte, se non tutte le sue componenti, fa molto male il suo mestiere. Qui l giudizi lo daranno gli storici e i sociologi.
    Il sistema religioso non fa il suo mestiere. Questa è una mia valutazione figlia della mia cultura, dei miei maestri, della mia fede. Quindi molto di parte: il giudizio definitivo lo darà qualcun altro con maggiori titoli e in modo definitivo. La mia preoccupazione è la responsabilità che un ministro di Dio ha sulle generazioni. La storia più feconda ci farà presto passare i dimenticabili protagonisti di questa stagione politica. Sia chiaro però, natura non facit saltus, per il futuro a Palazzo Barbieri potrà andare solo peggio.

    • Marcello

      06/05/2020 at 22:50

      Tutto giusto quanto dici, peccato che non venga riportato e messo in risalto sui giornali (sia locali che nazionali), che sanno bene quanta disonestà si celi in quelle categorie (e non solo in esse) e quanto pesante ed insana l’accusa rivolta allo Stato, che ha le sue colpe ma non quella di averle uccise, ma semmai protette. E poi, scusa, si parlava di classe dirigente locale, in fuga dalle responsabilità, no?

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