Incontro virtuale di Confartigianato Imprese Verona con il Sindaco. Il presidente Iraci Sareri: «Incertezza su lavoro e mercati». Sboarina: «Faccio mie tutte le richieste».
Lunedì 4 maggio, nella sala blu di palazzo Barbieri, si è tenuta una manifestazione virtuale organizzata da Confartigianato Imprese Verona. Un evento al quale ha preso parte il sindaco Federico Sboarina, che ha aperto i lavori, il Presidente del Consiglio comunale Ciro Maschio, assieme al Presidente di Confartigianato Imprese Verona, Roberto Iraci Sareri.
Durante il collegamento virtuale, a cui erano presenti circa 500 imprenditori locali, il presidente Roberto Iraci Sareri, accompagnato dal vicepresidente Giandomenico Franchi e dal segretario Valeria Bosco, ha presentato al sindaco le motivazioni dell’iniziativa e i punti principali sui quali si basa la volontà di ripresa delle attività ancora ferme, oltre che le richieste di concretezza relativamente ai provvedimenti di sostegno al mondo piccolo-imprenditoriale, colpito dalle misure di contenimento del contagio da Covid-19.
«Possono finalmente riaprire le attività del commercio all’ingrosso – dichiara il presidente Iraci Sareri –, del manifatturiero e delle costruzioni. Le imprese artigiane della provincia di Verona coinvolte sono 10.298, raddoppiando di colpo la platea delle imprese aperte che diventano oltre 21.914, l’88,5% del totale. Anche gli addetti che tornano al lavoro si moltiplicano passando da 27.499 a 52.668, pari al il 90,6% del totale dell’artigianato scaligero. Purtroppo, il mio e nostro primo pensiero va ancora alle attività che devono continuare a restare chiuse, rinunciando a lavorare. Abbiamo stimato perdite di fatturato fino all’80%, di mancati incassi per le precedenti forniture a causa della chiusura dei locali, di prodotti in giacenza prossimi alla scadenza, con nessuna certezza di ripresa del mercato, per la categoria dell’alimentazione artigiana i cui fatturati dipendono in grossa parte dal sistema ricettivo, della ristorazione e del turismo».
Per Confartigianato Verona, a restare aperte sono invece le molte ferite, «perché oltre a mesi di balletti tra chiusure e aperture, quello che ci rimane è l’incertezza sul lavoro e i mercati. Sia chi è sempre rimasto aperto, sia chi lo ha fatto mano a mano seguendo i decreti, sia chi ha dovuto ingegnarsi con consegne a domicilio e asporto, ha comunque dovuto affrontare una drammatica riduzione di commesse, lavori, clienti, fino a rasentare un mortale 60 o 70% di fatturato. Ricordiamolo: con questa sorta di fase 2, i problemi delle piccole imprese non sono di colpo risolti. Anzi, la lotta vera inizia ora!».
L’associazione ha evidenziato la necessità di accelerare una fase 2 che «non riduca di un millimetro l’attenzione prioritaria sulla protezione della salute, ma che inauguri nuove logiche di gestione del rischio».
L’appoggio pieno alle istanze dell’Associazione artigiana è stato confermato anche dal presidente del Consiglio Comunale, Ciro Maschio, che ha affermato di essere «consapevole che artigiani e piccole e medie imprese, come molte altre categorie, vivono un presente drammatico e hanno bisogno di soluzioni immediate e concrete. Ma sarebbe irresponsabile, illusorio e demagogico alimentare la speranza che tutti i consumi riprendano a crescere d’incanto a partire da oggi».
«Faccio mie tutte le richieste – commenta il sindaco Sboarina –, serve fare una forte pressione sul Governo. I nostri cittadini hanno dimostrato grande senso di responsabilità, rispettando tutte le misure richieste, nonostante ciò comportasse gravi danni economici. Ora che la curva epidemiologica ci dice che possiamo ripartire, purché in sicurezza, non si capisce perché alcune categorie non possano tornare al lavoro. Oltre ad acuire lo stato di crisi, ciò alimenta anche l’abusivismo di chi, come al solito, cerca di calpestare le regole a scapito delle persone oneste».
Proprio sul fronte delle riaperture, dopo che l’assessore Nicolò Zavarise aveva definito «inaccettabile aspettare il 1 giugno», il Pd Verona è intervenuto sottolineando che il messaggio del “tutto aperto subito” lanciato da Zavarise «è irresponsabile, dal momento che tutte le relazioni dell’Istituto Superiore della Sanità ci dicono che già da oggi, con la riapertura di praticamente tutte le fabbriche e dei cantieri, si determina un rischio enorme che rischia di riportarci al punto di partenza se non si seguiranno attentamente i protocolli di sicurezza. Il messaggio oltre che erroneo è anche illusorio perché il turismo internazionale, su cui si fondano molte delle attività commerciali della nostra città, non ripartirà in tempi brevi. Continuano ad essere pertanto necessarie misure di accompagnamento e di sostegno che devono scaturire sì, dal Governo, chiamato a dare indicazioni chiare, ma devono vedere protagonista anche il Comune che non può limitarsi a stare alla finestra e fare la parte del tifoso».
Per il Pd Verona ad essere fondamentale, oltre all’ascolto della protesta dei commercianti, è la Commissione Temporanea per l’Emergenza Coronavirus «la cui costituzione era stata votata all’unanimità nel Consiglio comunale dello scorso 16 Aprile e che dispone di un programma già tracciato nella mozione delle minoranze, votato anche dalla maggioranza, comprendente: sgravio della Tari e delle altre imposte locali per il settore turistico-ricettivo, dei pubblici esercizi e del commercio; riconoscimento dello stato di crisi; plateatici gratuiti per tutto il 2020; sospensione dei canoni di locazione per le attività commerciali in immobili di proprietà comunale e dell’Agec; richiesta di moratoria per gli affitti privati; riduzione delle bollette per imprese e famiglie. A distanza di ormai 20 giorni dalla sua costituzione e da mesi dall’inizio della crisi sanitaria, la commissione è stata convocata soltanto oggi per la prima volta».
Oltre alla situazione di piccole e medie imprese, il Pd Verona ha anche chiesto al sindaco Sboarina di creare «un fondo per versamenti volontari dei veronesi che aiutano altri veronesi, incanalando a sostegno della nuova emergenza economica le donazioni che finora sono state per lo più finalizzate al sostegno degli ospedali. L’esperienza dei buoni spesa, ha fatto emergere tra la popolazione una platea di beneficiari molto più ampia di quella normalmente seguita dai servizi comunali. Le Linee guida del Ministero per le Pari Opportunità avevano dato indicazione ben precise agli Enti locali sulla individuazione dei criteri per l’assegnazione dei buoni. Purtroppo il criterio di residenza anagrafica, anziché del domicilio di fatto, adottato dal Comune di Verona ha comportato l’esclusione di una fetta di popolazione per la quale lo strumento dei buoni spesa era stato concepito e finanziato dallo Stato».