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Lettere

Un modello di riferimento per l’apertura delle attività cittadine

Chi governa la crisi sanitaria fissi dei criteri generali precisi per la ripresa dell’economia, per poi occuparsi delle variabili anche contando sulla consapevolezza dei cittadini

La Fase 2 durante l’emergenza sanitaria andrebbe organizzata senza scendere in descrizioni puntuali,  che entrando troppo nel particolare generano confusione e diventano ingestibili anche per i controlli necessari a garantire l’efficienza del sistema. Va anche evitato l’errore opposto, cioè applicare criteri rigidi per attività dello stesso tipo ma che agli effetti pratici si svolgono con modalità anche molto diverse tra loro. La differenziazione andrebbe perciò fatta stabilendo prima un criterio generale, concentrandosi su due aspetti distinti:

a. il personale in rapporto all’attività svolta e alla superficie disponibile per il distanziamento dei lavoratori;
b. il pubblico, cioè i clienti.

Riguardo il punto a. (il personale) ci vengono in aiuto due elenchi già disponibili:

1. il Codice Ateco, che elenca tutte le tipologie di attività;
2.
le superfici occupate registrate presso ogni Comune.

In base a questi dati una Ordinanza ministeriale potrebbe stabilire che in un ristorante con una cucina di 20 metri quadrati possano trovarsi solo 2 addetti con mascherine professionali, mentre nello stesso spazio di un negozio di ferramenta gli addetti possano essere 3.

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Riguardo al punto b. (i clienti) occorre decidere quante persone possano essere contemporaneamente presenti all’interno degli spazi a disposizione del pubblico. Per fare un esempio: emergenza grave, 1 sola persona presente indipendentemente dalla superficie disponibile; emergenza media, 3 persone ogni 20 metri quadrati; emergenza bassa 5 persone, ecc.

Evidentemente non esiste la soluzione perfetta, essendo varie le casistiche, ma una volta stabilito con precisione il modello generale di riferimento sarà più facile gestire le variabili. Un esempio di variabile: per attività che si svolgono in ambiente aperto è sufficiente garantire la distanza sociale di 2 metri tra una persona e l’altra.

Ad esempio, secondo il modello descritto in un bar di 50mq, con uno spazio lavoro di 10 mq e un ambiente per il pubblico di 40mq potrebbero trovare posto 1 barista e 6 clienti seduti ai tavolini in emergenza media. Nel caso sia disponibile anche un ambiente esterno in esso sarà sufficiente garantire la distanza di 2 metri tra un tavolino e l’altro.

Una volta poste queste regole, che valgono per le attività urbane (non per l’industria, per la quale devono essere fatti ragionamenti diversi), sarà possibile gestire la crisi semplicemente stabilendo quante persone consentire per metro quadrato (lavoratori e clienti) è gestirne il numero in base alla gravità del momento.

Infine dovrebbe essere posta maggior fiducia nei cittadini, perché l’emergenza in corso ha maturato una crescente consapevolezza nella popolazione che può essere aumentata con mirate campagne di prevenzione: mantenere le distanze, lavarsi spesso le mani, ecc.

Giorgio Montolli

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Written By

È diventato giornalista nel 1988 dopo aver lavorato come operatore in una comunità terapeutica del CeIS (Centro Italiano di Solidarietà). Corrispondente da Negrar del giornale l'Arena, nel 1984 viene assunto a Verona Fedele come redattore. Nel 1997, dopo un periodo di formazione in editoria elettronica alla Scuola grafica salesiana, inizia l'attività in proprio con uno Studio editoriale. Nel 2003 dà vita al giornale Verona In e nel 2017 al magazine Opera Arena Magazine (chiuso nel 2020). Dal 2008 conduce il corso "Come si fa un giornale" in alcuni istituti della Scuola media superiore di Verona. giorgio.montolli@inwind.it

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