Il Codacons denuncia la “strage degli anziani nelle RSA scaligere”. Il carcere di Montorio registra 17 agenti e 25 detenuti positivi. Il caso dei richiedenti asilo dell’Hotel Monaco di Verona.
I numeri raccontano molto ma non spiegano tutto. Quelli che riguardano il Coronavirus e che girano attorno alla domanda che, ormai da due mesi, assilla scienziati e politici (quanti sono stati infettati dal Sars-Cov-2?), risentono poi della comunicazione istituzionale quotidianamente proposta dagli organi centrali e periferici, dalla Protezione civile alle Regioni.
Detto che tale comunicazione (diversa dall’informazione: l’informazione fornisce le conoscenze, mentre la comunicazione utilizza le conoscenze) non è né neutra, né oggettiva (proprio perché giunge da istituti diversi), e detto che non tutti, anche all’interno della stessa nazione, concordano su definizioni come contagiati, deceduti, dimessi, guariti, plateau, una delle poche cose su cui sembra esserci accordo è che le strutture che hanno in comune il fatto di ospitare in spazi ristretti e comunitari le persone che ci vivono possono trasformarsi in piccoli focolai che alzano la curva dei contagi.
Questo è il motivo per cui, oltre alle residenze per anziani (il 16 aprile il Codacons ha presentato alla Procura di Verona un esposto-denuncia per segnalare “la strage di anziani nelle RSA scaligere”), si segue con particolare attenzione la situazione nei centri di accoglienza per richiedenti protezione internazionale e nelle carceri.
I CAS. A mercoledì 15 aprile gli stranieri inseriti nel circuito italiano erano 85.324: 254 negli hotspot, 62.650 nei CAS, 22.420 nei SiProimi (ex SPRAR, 670 i posti attivati nei 19 progetti del Veneto, di cui tre nella provincia scaligera: Bosco Chiesanuova, Fumane e Verona, per un totale di 48 posti gli adulti e 30 dedicati ai minori stranieri non accompagnati).
Relativamente ai soli centri di accoglienza, i numeri più alti si registrano in Lombardia (9.898 migranti ospitati), in Emilia-Romagna (6.741) ed in Veneto (5.456, distribuiti in 857 strutture). Nella provincia scaligera, i richiedenti erano 1.546 (1.784 il 15 aprile dello scorso anno e 2.447 alla stessa data del 2018), accolti in 147 strutture.
I primi migranti postivi al Coronavirus erano stati registrati il 15 marzo a Camparada, in provincia di Monza, ed in un centro in zona Mecenate a Milano. Immediata l’attivazione dei protocolli e delle procedure di emergenza, così come avvenuto pure a Verona dove, nel pomeriggio di giovedì 16 aprile, si è proceduto al trasferimento dei quaranta migranti, risultati negativi al test per la verifica del Sars-Cov-2, dall’hotel Monaco in via Torricelli (146 i richiedenti ospitati in questo CAS al 15 aprile) all’ex hotel Capriolo in via Valpantena.
Le carceri. Secondo i dati del DAP(Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria), mercoledì 15 aprile si contavano 55.036 detenuti, di cui 94 positivi al Coronavirus, quasi tutti asintomatici, ed 11 ricoverati in strutture sanitarie. Tra gli appartenenti al Corpo di Polizia penitenziaria, risultavano 209 tra donne e uomini, di cui 170 in quarantena presso le proprie abitazioni. Due i decessi tra i detenuti ed altrettanti tra il personale della Polizia penitenziaria.
Nello specifico veronese, il carcere di Montorio ha registrato 17 agenti positivi, di cui uno ricoverato in ospedale, mentre i detenuti risultavano essere 25 su un totale di 454 reclusi. La situazione preoccupa non poco le rappresentanze del personale ed il Coordinamento unitario della Polizia penitenziaria di Verona, che raggruppa 6 sigle tra cui il SapPe, la Fns Cisl e la Fp Cgil, ha segnalato “il preoccupante dilagare del contagio da Covid-19 all’interno della Casa circondariale”.
Antonio Mazzei

Antonio Mazzei è nato a Taranto il 27 marzo 1961. Laureato in Storia e in Scienze Politiche, giornalista pubblicista è autore di numerose pubblicazioni sul tema della sicurezza. antonio.mazzei@interno.it

alessandro nobis
18/04/2020 at 12:01
La scuola dove insegno, il Centro Provinciale Istruzione Adulti (CPIA) che si occupa dell’alfabetizzazione e della scuola media, ospita solo nella provincia di Verona oltre 2000 studenti, dei quali il 95% adulti di diversa provenienza (America Meridionale, Africa Settentrionale e Occidentale, Sub continente Indiano, Europa orientale e qualche italiano). Quasi tutti residenti a Verona e Provincia, qualche richiedente asilo. Naturalmente non tutti sono attrezzati per la Didattica a Distanza come potete immaginare, e quindi si lavora con grande difficoltà. Quest’estate si porrà il grande problema delle iscrizioni e degli spazi per potere affrontare l’anno scolastico con sicurezza sanitaria per salvaguardare gli studenti ed il personale della scuola: segreterie, collaboratori, insegnanti. E’ una scuola inquadrata nel Ministero della Pubblica Istruzione, con circa 100 docenti tra alfabetizzati e medie, ospitati nei vari Istituti Comprensivi di Verona (4) e Provincia. A mio avviso è una realtà che va portata alla luce, visto anche il periodo poco sicuro dal punt di vista sanitario che stiamo vivendo. Parlatene, per cortesia. Se lo desiderate, vi metto in contatto con la nostra Dirigente Scolastica.
http://www.cpiaverona.gov.it/wp/
Redazione2
18/04/2020 at 13:20
Certo Alessandro. Affidiamo l’incarico ad una nostra collaboratrice che si metterà in contatto con te, intanto. Ci servirebbe il maggior numero di dati a riguardo questa realtà in modo da poterla fotografare bene prima di procedere con la raccolta di dichiarazioni. Grazie. g.m.
alessandro nobis
18/04/2020 at 16:59
La dirigente può fornirli e lo farà con piacere. grazie
Redazione2
18/04/2020 at 19:46
Vedo però che oggi a riguardo c’è un ampio servizio sul quotidiano locale L’Arena.
Meglio se allora ci torniamo sopra più avanti, magari proprio con un’intervista. g.m.
alessandro nobis
19/04/2020 at 09:59
va bene. grazie.
Redazione2
17/04/2020 at 19:56
Resto del parere che più che agire adesso forse bisognava farlo prima. Tutte le comunità chiuse sono maggiormente esposte al contagio da Coronavirus, ma c’è chi è stato nelle condizioni di adottare qualche forma di autotutela e chi, come agli immigrati, ha capito poco la portata dell’epidemia e i rischi reali: per la difficoltà della lingua, per l’isolamento e per tanti altri motivi. Questa storia dei contagi (e dei morti) tra gli anziani, il personale medico, i carcerati, gli agenti di custodia, i migranti segna un fallimento del nostro sistema. Una società civile protegge i più deboli e i più esposti, non li lascia in balia degli eventi. g.m.