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Editoriale

Coronavirus, siamo male organizzati, ecco come fare

I provvedimenti e le ordinanze anche a Verona vietano senza regolamentare. Non si tratta di stilare l’elenco di quali attività possono rimanere aperte e quando, ma di come rimanere aperti

Non esiste solo il problema di una ripresa delle attività economiche. C’è anche quello del graduale ripristino delle libertà individuali, soprattutto libertà di movimento. Ad oggi i vari provvedimenti si sono limitati a contrastare il Coronavirus con regole molto rigide, sicuramente utili nella prima fase dell’emergenza, mentre sulla transizione alla Fase 2 il dibattito presenta limiti evidenti perché si concentra ancora troppo su quali attività economiche consentire e quando consentirle.

L’approccio, che tiene conto dei codici ATECO che corrispondono alle varie attività, in questa fase intermedia è inadeguato, non risolve i problemi e rischia di generarne di nuovi. Pensiamo alla chiusura dei supermercati la domenica, che è la causa di lunghe code di cittadini nel giorno che precede il weekend, con evidente pericolo di contagio. Pensiamo al tira e molla che ha riguardato i florovivaisti, ora costretti alle consegne a domicilio.

Non si tratta unicamente di fare un elenco di chi può e di chi non può rimanere aperto, e neppure di stilare un calendario sui giorni di possibile attività, come si sta facendo, ad esempio, riguardo le librerie del Veneto, con l’apertura consentita solo due volte la settimana. 

Chi può rimanere aperto? quando può rimanere aperto? Prevalgono ancora queste due domande ma oggi la priorità è un’altra: come organizzare l’apertura? Una risposta intelligente a questo terzo quesito deve prevedere una graduale ripresa dell’economia, la prevenzione del contagio e una maggiore libertà per i cittadini. Stiamo ovviamente parlando del tessuto economico urbano, mentre per la grande industria i ragionamenti da fare sono diversi.

Facciamo l’esempio dello studio di un professionista in tempi normali, prendiamo un avvocato. C’è un servizio di prenotazione, si fissano un giorno, un orario e quando si va non ci si deve mettere in coda. All’uscita è possibile incontrare il cliente successivo, che oggi potrebbe essere “affrontato” con guanti e mascherina. La promiscuità sarebbe davvero minima e sarebbe sufficiente che lo studio legale provvedesse ad osservare meticolose misure igieniche. Lo stesso si potrebbe fare con parrucchieri, barbieri e tante altre categorie economiche oggi chiuse.

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Torniamo ai florovivaisti, perché se n’è parlato molto in questi giorni, ma il concetto potrebbe essere esteso a molte altre attività oggi chiuse, costrette a fare i conti con Ordinanze inadeguate ed estremamente penalizzanti se protratte per un lungo periodo.

Quasi tutti oggi hanno una email ed è questo lo strumento che dovrebbe essere utilizzato per chiedere un appuntamento. Toccherebbe quindi al florovivaista scaglionare e registrare le presenze dei clienti in serra in base alla superficie disponibile per il pubblico, in modo da garantire la distanza di sicurezza. L’autorità cittadina dovrebbe solo preoccuparsi di decidere il numero di clienti per metro quadro, variandolo in base alla gravità della situazione. Come per l’avvocato, il cliente invia una email di richiesta e l’imprenditore fissa un orario. Se ti ferma la Polizia per strada fai vedere la tua email di convocazione, che può essere verificata all’istante dalle forze dell’Ordine con una telefonata al florovivaista. Facili anche i controlli sui registri degli imprenditori.

Come si può ben capire il modello è replicabile per molte altre tipologie di attività. Chi sgarra dalle regole dovrebbe essere severamente punito applicando il codice penale  (ex art. 650 c.p., inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità).

Veniamo ad un altro caso, quello delle scuole. Anche qui non è difficile. Se le classi sono piccole e gli studenti sono molti, ad esempio 30 per classe, il modello potrebbe essere quello delle targhe alterne, utilizzato durante l’austerity negli anni Settanta. Metà classe va a scuola nei giorni pari, l’altra metà nei giorni dispari. Si tratta di organizzarsi un po’, magari prendendo a modello certe scuole del Nord Europa improntate sulla flessibilità: chi è in classe assiste alle lezioni e viene coinvolto nelle verifiche, chi sta a casa fa i compiti per il giorno dopo.

Giorgio Montolli

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Written By

È diventato giornalista nel 1988 dopo aver lavorato come operatore in una comunità terapeutica del CeIS (Centro Italiano di Solidarietà). Corrispondente da Negrar del giornale l'Arena, nel 1984 viene assunto a Verona Fedele come redattore. Nel 1997, dopo un periodo di formazione in editoria elettronica alla Scuola grafica salesiana, inizia l'attività in proprio con uno Studio editoriale. Nel 2003 dà vita al giornale Verona In e nel 2017 al magazine Opera Arena Magazine (chiuso nel 2020). Dal 2008 conduce il corso "Come si fa un giornale" in alcuni istituti della Scuola media superiore di Verona. giorgio.montolli@inwind.it

3 Comments

3 Comments

  1. Alessandra

    17/04/2020 at 18:22

    Grazie Giorgio, mi trova più o meno d’accordo con lei (i vivai per esempio, potrebbero organizzarsi come i negozi di alimentari attualmente: far entrare un tot di persone a seconda della capienza). Su un punto dissento decisamente ed è sull’apertura dei supermercati alla domenica. Non credo sia la loro chiusura in tale giornata “causa di lunghe code di cittadini nel giorno che precede il weekend”. La causa delle code semmai e da ricercare nella radicata abitudinarietà di molte persone, che le spinge ad essere ripetitive. Abbiamo tanto tempo in questo periodo, si può fare la spesa durante tutta la settimana e non solo di sabato, come d’abitudine. I supermercati secondo me vanno chiusi di domenica e nei giorni di festa, per consentire a dipendenti e clienti di trascorrere la giornata con la famiglia, santificandola a Messa o con le pratiche della propria religione; andando nei luoghi di scampagnate; di divertimento e relax; all’aria aperta. La logica delle aperture domenicali, lo shopping senza interruzione, il guadagno ad ogni ora, lo sfruttamento del lavoratore, non vanno più bene. Sono retaggio della mentalità che ci ha portati dove siamo: sull’orlo del precipizio. Questa emergenza sanitaria ci ha mostrato che la direzione va cambiata, le cose importanti sono altre. Il principio a cui ispirarsi è quello del rispetto degli individui tutti, delle feste religiose, delle tradizioni, del territorio, di questo mondo bellissimo che abitiamo, in cui “siamo ospiti, non padroni”.

    • Redazione2

      17/04/2020 at 18:52

      Non siamo così distanti Alessandra, anch’io sono per il riposo domenicale (quello che non riesco mai a fare). In tempi d emergenza però mi sembra più giusto spalmare la clientela sull’arco di tutta la settimana, per evitare le code del venerdì. Basterebbe, è vero, un po’ più di consapevolezza da parte dei cittadini. Ma non siamo tutti uguali, non tutti hanno la tua sensibilità e chi governa deve tener conto anche di questo. g.m.

      • Alessandra

        18/04/2020 at 11:27

        Io penso che sia compito di chi governa, elevare la sensibilità e la consapevolezza sua e dei cittadini, non quello di adeguarsi a chi ne ha meno.

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