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Dire prima la salute non basta più, un nuovo orizzonte da disegnare

«La Scienza non è statica ma flessibile. Ma io penso che lo sia anche il Diritto con il suo continuo sforzo esegetico che si traduce nella Giurisprudenza, che agisce in un contesto mutevole».

Costituzione

«La Scienza non è statica ma flessibile. Ma io penso che lo sia anche il Diritto con il suo continuo sforzo esegetico che si traduce nella Giurisprudenza, che agisce in un contesto mutevole».

In questi giorni di sospensione generalizzata dell’ordinario, ho ascoltato la bella lezione di Luciano Butti sull’art.32 della Costituzione che mi ero perso. Ho apprezzato in particolare la sua capacità di focalizzare la nostra attenzione sul peso delle parole. Più sono precise e meno ne servono. Esattamente il contrario di quanto accade oggi, non solo nel linguaggio informale, ma purtroppo anche nella stesura dei testi di legge. Incappare in sbrodolature a non finire, che tanta incertezza interpretativa comportano, è diventata esperienza comune in tutti i campi.

L’articolo della Costituzione, come commentato da Luciano Butti, mi ha ricordato i teoremi della geometria che abbiamo imparato a scuola: tanto perfetti nella loro essenzialità che esprimerli con altre parole diventava sempre peggiorativo. Il fulcro della dissertazione, brillantemente esemplificato nell’immagine della bilancia che rimane in equilibrio, benché i piatti sostengano quantità diverse, è quello della capacità di contemperare i diritti del singolo e quelli della collettività. Unico assoluto la dignità umana, novelle colonne d’Ercole della modernità.

Uno sforzo improbo quello della sintesi: l’abbiamo sofferto in alcune vicende cruciali, ma forse l’antitesi lavoro/salute più angosciante ha raggiunto il suo acme nella vicenda dell’Ilva, per ripresentarsi ora all’ennesima potenza in occasione della pandemia che sta straziando interi Paesi. Bisogna riflettere però sul fatto che salute e lavoro non costituiscono in realtà due entità contrapposte, perché il lavoro, e quindi l’economia che sta alle spalle, indipendentemente dalla forma strutturale che assume, è un determinante della salute, perché la sua assenza produce malattia non meno di quanto la sua presenza patologica si renda responsabile.

Michael Marmot, l’insigne epidemiologo inglese che ha dedicato l’intera sua vita professionale allo studio delle diseguaglianze della salute, così scrive nel suo famoso saggio The health gap tradotto come La Salute Diseguale:La disoccupazione danneggia la salute e il lavoro è di vitale importanza. Quando il lavoro è di buona qualità, è performante. Dà potere, denaro e risorse, tutti elementi essenziali per una vita sana”. Ed in introduzione del suo libro pone la domanda canonica: “Perché curare le persone e riportale alle condizioni che le hanno fatte ammalare?”

Drammatica diventa quindi oggi la decisione, quando la causa della Salute e della Malattia sembra essere la stessa. Dire “prima la salute” allora non basta più. Pura retorica. Si tratta di trovare e poi di percorrere una via molto stretta, ricca d’insidie, una via che però non ci riporti, come dice Marmot, alle condizioni che ci hanno fatto ammalare. Questa la sfida, il nuovo orizzonte da disegnare, cui deve contribuire anche la Scienza in dialogo costante con la Politica. In questa circostanza tragica forse se ne possono scorgere delle tracce. E prendiamo l’occasione per liberarci finalmente dai ciarlatani che ci hanno illuso di una semplificazione possibile del Mondo che non appartiene alla realtà.

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La Scienza, come ancora ha puntualizzato Luciano Butti, non è statica ma flessibile. Ma io penso che lo sia anche il Diritto con il suo continuo sforzo esegetico che si traduce nella Giurisprudenza, attraverso cui quelli “spazi allusivi” della Costituzione, richiamati sempre dalla lezione magistrale, si secolarizzano sotto la spinta delle trasformazioni sociali, conferendo ai medesimi testi di legge valenze prima ignorate. Ecco, mi piacerebbe proprio che Luciano Butti, aggiungesse anche questo settimo punto alla sua dissertazione.

Paolo Ricci

Written By

Paolo Ricci, nato e residente a Verona, è un medico epidemiologo già direttore dell’Osservatorio Epidemiologico dell’Agenzia di Tutela della Salute delle province di Mantova e Cremona e già professore a contratto presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia in materie di sanità pubblica. Suo interesse particolare lo studio dei rischi ambientali per la salute negli ambienti di vita e di lavoro, con specifico riferimento alle patologie oncologiche, croniche ed agli eventi avversi della riproduzione. E’ autore/coautore di numerose pubblicazioni scientifiche anche su autorevoli riviste internazionali. Attualmente continua a collaborare con l’Istituto Superiore di Sanità per il Progetto pluriennale Sentieri che monitora lo stato di salute dei siti contaminati d’interesse nazionale (SIN) e, in qualità di consulente tecnico, con alcune Procure Generali della Repubblica in tema di amianto e tumori. corinna.paolo@gmail.com

1 Comment

1 Comment

  1. Paola

    11/04/2020 at 07:28

    Attenzione! La bilancia del Dott. BUTTI non è tarata sempre esatta. Quando parla di Omeopatia e dice che pesa sulle casse dello stato pende da una parte perché non usufruendo del servizio nazionale, chi si cura con l’omeopatia, lo fa risparmiare pagandosi in toto I rimedi. !!!! E siamo in tanti, passati da imbecilli da suddetta bilancia.!!!

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