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L’economia locale vede nero e gli asili nido privati chiedono aiuto

Per le associazioni di categoria il Cura Italia non sarà sufficiente. La raccolta delle fragole necessita più lavoratori e gli asili nido privati chiedono agevolazioni.

Per le associazioni di categoria il Cura Italia non sarà sufficiente. La raccolta delle fragole necessita più lavoratori e gli asili nido privati chiedono agevolazioni.

Secondo l’ufficio studi di Confartigianato del Veneto, sono 29.050 i potenziali beneficiari del bonus di 600 euro per il mese di marzo per autonomi e partite Iva appartenenti al comparto artigiano, nella provincia di Verona.  16.978 sono i titolari, 5.980 i soci, 5.536 gli amministratori, mentre 557 coloro che hanno altre cariche.

«Si tratta di un provvedimento d’emergenza – ha dichiarato il presidente di Confartigianato Imprese Verona Roberto Iraci Sareri –, varato in fretta come prima risposta, ma oltre ad aver disturbato molti, che si sono visti valutare così poco il loro lavoro, la misura è del tutto insufficiente».

Secondo Iraci Sareri, infatti, «se tutti i 29.050 presentassero richiesta, l’Inps dovrebbe erogare ben 17 milioni e 430.000 euro solo agli artigiani veronesi. Invece il fondo stanziato è limitato e ad esaurimento, a meno che il governo non decida di rifinanziarlo».

Attualmente, secondo i dati di Confartigianato Verona, a seguito dei due decreti dell’11 marzo e del 22 marzo, con il correttivo del 25 marzo, sono 15.308 le imprese artigiane della provincia di Verona che hanno dovuto chiudere. Un numero che vale il 61,1% del totale delle imprese artigiane (24.775). Il numero di addetti che si trovano a casa dal lavoro è di 32.376, pari al 55,7% del totale dell’artigianato scaligero.

Preoccupata anche Coldiretti Verona che, nonostante la proroga dei permessi di soggiorno dei lavoratori stranieri e alla possibilità di far lavorare in campagna i parenti sino al 6° grado, per la raccolta delle fragole stima una necessità di circa 4.000 lavoratori solo nel veronese.

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«I nostri produttori sono preoccupati – ha dichiarato Daniele Salvagno, presidente di Coldiretti Veneto e Verona –, servono la riapertura delle frontiere e la semplificazione dei voucher insieme alla possibilità di occupare per le attività agricole di raccolta anche i lavoratori messi in cassa integrazione a seguito del blocco delle altre attività. A questo proposito lanciamo un forte appello ai parlamentari della nostra regione affinché nei prossimi provvedimenti in discussione in Parlamento questi problemi trovino risposte».

Secondo le stime di Coldiretti Veneto con la chiusura delle frontiere nell’Unione Europea si rischia di perdere opportunità di lavoro in un settore che conta circa 75.000 stagionali, operai meccanici e specializzati compresi.

E a chiedere sostegno tramite una lettera inviata ai primi cittadini dei comuni veronesi anche Assonidi-Confcommercio Verona, l’associazione che rappresenta le titolari di asili nido privati nella provincia. La richiesta è quella di «poter ottenere un rimborso rette a favore delle famiglie con bimbi che frequentano gli asili nido privati o un supporto diretto alle realtà che svolgono questo servizio sociale».

Secondo il direttore generale di Confcommercio Verona Nicola Dal Dosso, infatti, per il mese di marzo «alcune strutture si sono viste costrette ad esigere il pagamento della retta allo scopo di riuscire a provvedere a pagamenti non rinviabili (stipendi del personale, canoni di locazione, utenze) che non potevano onorare senza alcun introito. In molti casi le titolari hanno rinunciato in toto al loro, già magro, appannaggio personale».

Timore principale è quello che la situazione sia destinata a ripetersi anche per il mese di aprile, se la chiusura dei servizi per l’infanzia sarà prorogata oltre il 3 aprile.

«A gestire i nidi privati – ha spiegato la referente di categoria Irene Pasetto di Bovolone –, sono tutte donne giovani che il 24 febbraio, dall’oggi al domani, si sono trovate con l’attività chiusa, senza aiuto di alcun tipo. Viviamo delle rette pagate dalle famiglie e ora abbiamo grandi problemi: ci stiamo muovendo sia a livello locale che regionale e nazionale attraverso il Comitato Educhiamo che raggruppa una sessantina di imprenditrici. Siamo inquadrate come imprese e non come attività che operano nel sociale nonostante il nostro servizio sia chiaramente improntato al sociale».

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