Gli italiani stanno dimostrando grande disponibilità a praticare forme di solidarietà creativa e diffusa per far fronte all’emergenza ma sarà la politica a decidere cosa saremo domani.
Mano a mano che la diffusione del Coronavirus prosegue, ci rendiamo sempre più conto che stiamo vivendo un momento storico della nostra vita. Nella fase in cui il mondo è attraversato da un’onda sovranista che ha diviso gli Stati, chiuso le frontiere, innalzato i muri, diffuso paura e incertezza, arriva un virus sconosciuto, diffuso in tutto il mondo, che unifica tutti i Paesi e le persone nel segno di un pericolo comune. I suoi effetti e la sua durata stanno sollecitando interventi sanitari ed economici del tutto eccezionali e impensabili fino a poco tempo fa.
I precedenti vincoli di bilancio e limiti del debito pubblico, sui quali si era litigato per anni, vengono tranquillamente superati, a dimostrazione che un intero sistema di regole è caduto. L’Unione Europea, che rimane l’unica istituzione internazionale con compiti di governo, si trova direttamente investita da questa novità e mentre assume decisioni coraggiose in termini di superamento del patto di stabilità – e tramite la Bce di ampliamento a dismisura della liquidità a disposizione degli Stati – si oppone rigidamente alla emissione di Eurobond perché manca la fiducia reciproca di assumere insieme un debito comune.
Il dissenso verte su una questione decisiva e la ricerca di una soluzione sta mettendo in discussione la stessa sopravvivenza del progetto europeo. Siamo veramente a una svolta epocale e, quando si dovrà ricostruire il sistema produttivo e sociale, saremo chiamati ad assumere decisioni del tutto imprevedibili, tese a creare un nuovo sistema di regole e di diritti. L’introduzione dello smart working e le lezioni a distanza nella scuola costituiscono un primo, parziale esempio delle novità dovremo introdurre.
La storia ci insegna che in situazioni del genere saranno decisivi l’esistenza di una classe dirigente all’altezza delle scelte da compiere e una solidarietà diffusa nel corpo della società. Circa quest’ultimo aspetto – come ha riconosciuto ieri il Presidente Mattarella – il nostro popolo, dentro questa crisi, sta dimostrando una grande disponibilità a praticare forme di solidarietà creativa e diffusa, ma sarà sul fronte della politica che si decideranno i caratteri decisivi della nostra società futura.
Luigi Viviani

Luigi Viviani negli anni Ottanta è stato membro della segreteria generale della CISL, durante la segreteria di Pierre Carniti. Dopo aver fondato nel 1993 il movimento dei Cristiano Sociali insieme a Ermanno Gorrieri, Pierre Carniti ed altri esponenti politici, diviene senatore della Repubblica per due legislature. Nel corso della legislatura 1996-2001 è stato sottosegretario al Lavoro con il ministro Cesare Salvi; nella successiva, vicepresidente del gruppo dei Democratici di Sinistra al Senato. viviani.luigi@gmail.com

Marcello
28/03/2020 at 10:53
Dici: “manca la fiducia reciproca di assumere insieme un debito comune”. Perché? Non ti risulta che il progetto dei nostri Padri sia fermo e bloccato da almeno 30 anni? E la stessa ONU sia da sempre bloccata dal diritto di veto di uno dei 5 Paesi (USA, URSS, GB, FR, Cina) del Consiglio di Sicurezza? Non vedo ancora nuove linee sull’UE del futuro, malgrado il Coronavirus.