INTERVISTE – Finalmente il Governo pone un po’ di attenzione anche ai più piccoli e, con il decreto Cura Italia, estende gli aiuti anche alle scuole dell’infanzia e alle scuole primarie, per supportare l’attività didattica a distanza.
La sospensione scolastica ormai si protrae da più di tre settimane, i ritmi dei bambini sono cambiati e così anche le loro abitudini che si sono modellate a quelle richieste dalla situazione di emergenza.
Gli effetti psicologici di questo repentino cambiamento sono molti e si diversificano a seconda dell’età. I più piccoli sono sicuramente confusi rispetto a quello che sta accadendo perché percepiscono e fanno loro immediatamente le ansie e le preoccupazioni degli adulti.
Sono come piccole spugne che assorbono le emozioni e stati d’animo spesso contrastanti, come ci raccontano le psicologhe cliniche Federica Canteri e Claudia Garofalo, specializzate nel tutoraggio dei disturbi di apprendimento e psicoterapeute in formazione ad indirizzo sistemico relazionale, nonché fondatrici e coordinatrici del Centro studi l’Olmo e dell’Associazione Corteccia che si occupa di servizi principalmente rivolti all’età evolutiva a Montorio.
Incontriamo Federica via whatsapp subito dopo un video-incontro con i ragazzi e ci spiega come si sono organizzate con il loro centro.
– Come riuscite a portare avanti il vostro lavoro in questo momento?
Canteri, Garofalo. «Noi offriamo un servizio sanitario e come tale non avremmo avuto restrizioni, ma per far in modo che il tutto si svolga in piena sicurezza e per garantire maggior serenità anche alle famiglie, da qualche tempo abbiamo deciso di servirci di una piattaforma online per i nostri incontri, azzerando così gli spostamenti. Per noi era fondamentale mantenere e garantire una relazione costante con i nostri ragazzi e con le loro famiglie e questo sistema ci ha permesso di portare avanti la nostra attività con i ragazzi che si sono dimostrati incuriositi e stimolati».
– Che cosa vedete nei bambini che continuate a seguire tramite le piattaforme?
Canteri, Garofalo. «Si stanno facendo tante domande. “Perché tutta questa distanza?”. Questa è la domanda più frequente che rischia di non trovare una risposta sufficientemente chiara per loro. Sono estremamente condizionati dall’ambiente che li circonda: le immagini televisive, i video che intravedono sui telefoni degli adulti e i frammenti di discorsi percepiti in casa. Si stanno creando un’idea personale di quello che sta succedendo e molte volte questa realtà immaginaria può diventare pericolosa se non affiancata dalla guida di un adulto».

Claudia Garofalo, Federica Canteri
– Che cosa significa per un bambino non poter frequentare la scuola per così tanto tempo?
Canteri, Garofalo. «Ancor prima dell’aspetto scolastico, è un momento di mancato confronto e di mancata socialità. Il confronto tra pari consente e permette la crescita e anche la consolazione. Non hanno la possibilità di vedere le maestre, persone di riferimento extra- famigliare, e perdono quindi un terreno di apprendimento caloroso. Anche la comunicazione perde le molteplici sfumature della socialità e diventa a senso unico, dall’adulto al bambino».
– Qual è l’assenza più grande in questa nuova quotidianità?
Canteri, Garofalo. «Sicuramente la rete amicale, la curiosità di apprendere, il gioco con gli amici. Anche in presenza di fratelli il fatto di non aver vicino i propri amici e coetanei lascia un senso di vuoto. Le figure di riferimento come i genitori non riescono a sopperire questa mancanza perché si tratta di rapporti diversi».
– Quali sono gli effetti psicologici immediati di questa emergenza?
Canteri, Garofalo. «La paura, la diffidenza e il senso di confusione. Il fatto di non poter aver contatto fisico è una delle privazioni più grandi. Fino all’altro giorno abbiamo insegnato ai bambini l’importanza dell’accogliere tutti e adesso all’improvviso poniamo davanti ai loro occhi un grande divieto. Con loro bisogna essere chiari, dicendo la verità. Partire da qualcosa che conoscono, per esempio l’influenza che magari hanno passato quest’inverno, per dire che questa è un po’ più cattiva. Spiegare che adesso ci sono nuove regole e magari far passare tutto come un gioco.
– Quali potrebbero essere gli effetti futuri?
Canteri, Garofalo. «La fiducia nelle possibilità dei bambini è alla base del nostro approccio metodologico, per questo pensiamo che si debba insegnare loro che non esiste nulla che possiamo controllare totalmente. Cerchiamo di insegnare che di fronte agli imprevisti o problemi si può collaborare per cercare una soluzione insieme e risolvere il problema uniti. Questo serve per farli sentire meno soli nelle difficoltà; anche in questa emergenza può essere lo strumento per una crescita, diversa rispetto a quella scolastica, ma comunque essenziale. A livello scolastico non c’è dubbio che si tratti di un blackout, che creerà difficoltà e che terminata l’emergenza determinerà la necessità di un nuovo approccio scolastico».
– La scuola a distanza può essere uno strumento di aiuto efficace?
Canteri, Garofalo. «La scuola a distanza a nostro vedere in questo momento ha un valore soprattutto relazionale ed emotivo, sapere che le insegnanti ci sono, che li stanno pensando è fondamentale per i bambini. Alla domanda del bambino “ma perché devo fare tutti questi compiti?” la risposta è perché la tua insegnante è lì, ti sta aspettando e perché lei si interessa di quello che fai, perché lei c’è!».
– I genitori cosa possono fare?
Canteri, Garofalo. «Supportarli per la parte organizzativa, cioè aiutarli a capire come e quando fare i compiti per non creare troppa ansia da prestazione. Importante anche creare un loro “spazio compiti” all’interno della casa, questo li aiuta a concentrarsi e anche a livello fisico delinea i contorni della loro attività scolastica.
Gli occhi dei bambini in questo momento restituiscono forse anche un po’ di inaspettata gioia, molti di loro infatti stanno godendo della presenza della mamma e del papà, cosa che normalmente non accade. Magari la condivisione di questa serenità può aiutare a vivere questi giorni con uno spirito costruttivo, cercando di cogliere con positività le piccole cose che la frenesia dei nostri tempi ci ha tolto».
Marta Morbioli

Marta Morbioli, veronese, laureata in Filologia Italiana presso la Facoltà di Lettere di Verona, specializzata in libri antichi con un Master in Storia e tecnica dell’editoria antica. Da sempre vive vite parallele tra la passione per la storia e le sue fonti e il lavoro come knowledge management. Il suo obiettivo è sfidare le leggi della matematica e far incontrare le due strade.
