Nell’incantevole cornice del quattrocentesco Convento dei Gesuati, divenuto sede del MATR, Museo Archeologico al Teatro Romano, dal 13 dicembre 2019 è allestita una mostra temporanea sui reperti romani di vetro, dal titolo: Il fascino dei vetri romani, che ci porta a contatto con un’arte antica, quasi magica. Solve et coagula, dicevano i romani, ovvero “sciogli e condensa”, quasi un’alchimia che riesce a far nascere dalla sabbia e dal silicio la magia del vetro, sciogliendolo nel fuoco fino ad ottenere una massa incandescente, poi soffiandolo in forme trasparenti e opache, fragili e resistenti, colorate o bianche. L’evento, che si concluderà il 27 settembre 2020, è curato dalla direttrice del Museo archeologico, dott.ssa Margherita Bolla. Sono esposti vetri antichi, recipienti per balsami e profumi, vasi per alimenti liquidi e solidi, ma anche contenitori per le ossa dei defunti e vari oggetti di ornamento.
Questa esposizione temporanea si collega idealmente ad un percorso cittadino sul vetro che trae spunto dalla mostra dei vasi vitrei dell’architetto Carlo Scarpa (Carlo Scarpa. Vetri e disegni. 1925-1931) allestita dal 23 novembre 2029 al 29 marzo 2020 al Museo di Castelvecchio. Si lega anche ad eventi del Museo di Scienze Naturali, con la scoperta degli aspetti più mineralogici del vetro, e al Museo Miniscalchi Erizzo, con la sua collezione privata di vetri antichi. Il visitatore può quindi entrare il contatto con il mondo del vetro attraverso i vari musei cittadini e non solo, facendo esperienza manuale e personale di questa affascinante tecnica nelle botteghe artigiane che propongono corsi di lavorazione a lume delle perle di vetro, proprio vicino al Museo Archeologico.
“A far durare un vetro è il caso, ma a farlo nascere è l’arte”. Con queste parole, con una citazione di inizio novecento dello scrittore Ugo Ojetti, inizia la visita alla mostra di Carlo Scarpa; e sono queste le parole che salgono alla mente esaminando le vetrine del Museo Archeologico, dove gli oggetti in vetro esposti sembrano eterni, sopravvissuti a più di duemila anni di storia. Poterli ammirare è già un privilegio: la loro fragilità li rende estremamente preziosi. Essendo praticamente impossibile il ritrovamento di esemplari vitrei più o meno integri in uno scavo, li conosciamo attraverso ritrovamenti in contesti funerari nei quali il vetro figura come elemento del corredo funebre.
Non si può non ammirare l’arte degli artigiani che li hanno fatti nascere, ed è sorprendente scoprire come gli oggetti in mostra abbiano forme, dimensioni e colori così simili a quelle che sono oggi di uso comune nelle nostre case: a stento si potrebbero trovare le differenze tra il design delle bottiglie di uso quotidiano in epoca romana e quelle che usiamo noi oggi.

Collezione di vetri presso il Museo Archeologico al Teatro Romano
La tecnica del vetro era conosciuta sin dal III millennio a.C., nella zona della Mesopotamia, in quella terra in mezzo ai due fiumi (Tigri ed Eufrate) che corrisponde all’attuale Iraq, ma l’arte soffiatura venne probabilmente scoperta in area siro-palestinese dove esistevano numerose fabbriche di vetro e dove gli artigiani potevano marchiare i prodotti a garanzia di qualità, imprimendo il loro nome sugli oggetti prodotti.
In epoca romana la tecnica della soffiatura raggiunse altissimi livelli, permettendo un’amplissima diffusione degli oggetti in vetro; si potevano ottenere forme di varie dimensioni e si potevano conservare e trasportare in maniera nuova vari materiali e cibi, soprattutto i liquidi, come si può notare dalla ricca collezione di bottiglie per l’acqua e il vino o di contenitori per oli e profumi.
Molti sono i balsamari di piccole dimensioni per i profumi e gli unguenti esposti nel museo, esteticamente molto raffinati e colorati. I colori erano ottenuti aggiungendo vari ossidi metallici all’impasto di base, costituito prevalentemente in silice. È interessante notare alcuni oggetti eseguiti con la tecnica delle murrine, utilizzando cilindri composti da canne di diversi colori, che davano un effetto di grande cromatismo, e che a noi ricordano la bellezza delle vetrerie di Venezia.

Vaso in vetro presso la Mostra del Museo di Castelvecchio: Carlo Scarpa. Vetri e disegni. 1925-1931
I Romani avevano preso spunto dalle tecniche fenicie per alcune decorazioni, proprio come farà in seguito anche Carlo Scarpa, rivisitando elementi antichi, fenici e romani, nella produzione dei suoi vasi, come nel bellissimo vaso rosso e bianco con decorazione a foglia d’oro che è presente in tutti i manifesti della mostra. Anche i Romani facevano uso dell’oro e nelle vetrine del museo troviamo esposti alcuni piatti con un fondo oro che li rende assolutamente unici. Accanto ad essi ci sono oggetti di uso quotidiano, tra cui coppe, bicchieri, piatti e rocche per filare la lana che però probabilmente avevano più una funzione simbolica che un reale utilizzo, accompagnando il defunto nel mondo dell’aldilà. Le donne romane usavano gioielli in pasta vitrea, come i colorati ciondoli, pendenti e collane esposti nel museo, che sostituivano in modo più economico i metalli preziosi.
Attraverso gli oggetti in mostra, scopriamo quindi non solo il mondo maschile degli artigiani che hanno prodotto questi oggetti, ma anche un mondo femminile, fatto di contenitori colorati per balsami e profumi, rocche e gioielli. Un’occasione unica per innamorarsi di questo magico materiale e per restare affascinati da un mondo antico che ci propone oggetti dal design estremamente attuale e imperituro.
Silvia Baschirotto
Assoguide Verona
Redazione2
04/03/2020 at 13:19
Emergenza coronavirus. Ricordiamo che lunedì 2 marzo 2020 sono stati riaperti i musei e i monumenti civici, seguendo le prescrizioni del Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 1° marzo 2020. Fino all’8 marzo l’affluenza verrà regolata seguendo le indicazioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri per evitare una eccessiva compresenza di persone negli spazi museali e in modo che i visitatori possano rispettare la distanza tra loro di almeno un metro.