Secondo Arpav rispetto ai primi anni del 2000, le concentrazioni di Pm10, Pm2.5 e biossido di azoto si sono ridotte. L’inizio del 2020, però, in tutta la regione molti capoluoghi hanno oltrepassato i 35 giorni di superamento.
«La qualità dell’aria in Veneto mostra un trend di lungo periodo in miglioramento per PM10, PM2.5 e biossido di azoto, con significative riduzioni delle concentrazioni di questi inquinanti rispetto ai primi anni 2000. Altri inquinanti, come il benzene, il monossido di carbonio e il biossido di zolfo, le concentrazioni rispettano i limiti oramai da molti anni, non rappresentando una criticità per la qualità dell’aria. Una buona notizia in un contesto che per la posizione orografica, con Alpi e Appennini a sbarrare l’ingresso di aria in tutta la pianura padana, richiede ancora molta attenzione».
Questa la dichiarazione nella conferenza stampa di venerdì 14 febbraio dell’Arpav tenutasi a Mestre, durante la quale il direttore generale Luca Marchesi assieme allo staff dell’Osservatorio Aria, ha illustrato i trend degli inquinanti sul lungo periodo.
Per quanto riguarda il 2019 i dati misurati dalle 43 centraline della rete aria di Arpav, hanno mostrato che il valore limite annuale del PM10 è stato rispettato in tutti i siti, mentre 29 stazioni su 36 superano ancora il valore limite giornaliero.
Per il PM2.5, cioè le polveri più sottili, 19 centraline su 21 rispettano il valore limite annuale. Il biossido di azoto resta sotto il valore limite annuale in 40 centraline su 41, mentre nella metà dei punti di campionamento viene rispettato il valore obiettivo per il Benzo(a)pirene.
L’inizio del 2020 a causa della stabilità atmosferica e delle scarse precipitazioni, registra per il PM10 superamenti del limite giornaliero (50 microgrammi/metro cubo) in gran parte della pianura veneta. Alcuni capoluoghi di provincia hanno oltrepassato i 35 giorni di superamento: Treviso (38), Padova e Venezia (37) seguono Rovigo e Vicenza (34), Verona (30), Belluno (2).
Le sorgenti emissive più rilevanti per il PM10, secondo le dichiarazioni di Arpav, sono il riscaldamento (32%), il traffico (24%), l’agricoltura/allevamento (20%) e l’industria (9%). Il riscaldamento domestico, in particolare l’uso di biomasse, incide inoltre significativamente sulla componente primaria del particolato, ossia quella emessa direttamente dalle sorgenti, mentre il traffico e l’agrozootecnia impattano sul particolato secondario, cioè quello che si forma in atmosfera a seguito di reazioni di altre specie chimiche.
Nel corso della conferenza stampa è stato anche mostrato in laboratorio il robot per la pesatura dei filtri dell’aria ingegnerizzato da un’azienda veneta.