Quando iniziamo la campagna abbonamenti di Verona In il mio pensiero corre sempre alle zelatrici di Verona Fedele, il settimanale per cui ho lavorato come redattore dal 1986 al 1997. Zelatore, secondo la Treccani, è chi si adopera con zelo per uno scopo. Nella Chiesa cattolica si chiamano zelatori e zelatrici quei fedeli che procurano di diffondere particolari forme di devozione e di culto. In quel caso si trattava di diffondere “la buona stampa”.
Le zelatrici, di cui ho fatto tempo a conoscere l’impegno e l’efficacia del metodo, non mandavano email e neppure facevano marketing telefonico ma utilizzavano il porta a porta rivolgendosi spesso a conoscenti, che di fronte al gentile invito «Fai l’abbonamento a Verona Fedele?!», non si tiravano indietro, vuoi per convincimento vuoi perché c’era la possibilità di scontentare il parroco. Per tener vivo il gruppo, che a metà degli anni Ottanta era di un centinaio di persone, il giornale organizzava delle cene dove il direttore valorizzava con enfasi il lavoro svolto gratis et amore dei.
Il successo delle propagandiste (erano quasi sempre donne e così venivano anche chiamate) lo possiamo spiegare bene. Nei quartieri e nei paesi le zelatrici che bussavano alle porte non si sentivano venditrici di un prodotto, ma testimoni di un’idea di speranza. Inoltre, la società era intrisa di cultura cattolica e quelle donne svolgevano una missione che le nobilitava perché il loro lavoro era riconosciuto come un valore. Infine, rifiutare di abbonarsi significava porsi nel cono d’ombra di una minoranza.
Per questi motivi Verona Fedele negli anni Settanta contava ancora decine di migliaia di abbonati, tanto da fare concorrenza al quotidiano l’Arena. Le cose sono poi cambiate per l’incapacità di valorizzare quell’enorme risorsa attraverso un rinnovamento, non tanto del settimanale cattolico diocesano, ma dell’intera Chiesa. Il prodotto da vendere era diventato vecchio, non rispondeva alle esigenze dei tempi che mutavano e le zelatrici insieme agli abbonamenti persero anche il riconoscimento sociale e l’entusiasmo.
Non so se sarà possibile ricostituire un gruppo di zelatrici e zelatori. Se non c’è un’idea forte, motivante, coinvolgente, difficilmente ci si metterà al lavoro per contribuire senza secondi fini ad una causa di tipo culturale. L’attuale contesto di forte individualismo, diffidenza e poco incline alla riconoscenza non invita a prendersi oneri di questo tipo. Continua invece la testimonianza nelle attività assistenziali, nella convinzione che è meglio concentrarsi sulla propria importante missione senza mettere in discussione l’idea di società che abbiamo assimilato nel tempo.
Giorgio Montolli
Direttore Verona In

È diventato giornalista nel 1988 dopo aver lavorato come operatore in una comunità terapeutica del CeIS (Centro Italiano di Solidarietà). Corrispondente da Negrar del giornale l'Arena, nel 1984 viene assunto a Verona Fedele come redattore. Nel 1997, dopo un periodo di formazione in editoria elettronica alla Scuola grafica salesiana, inizia l'attività in proprio con uno Studio editoriale. Nel 2003 dà vita al giornale Verona In e nel 2017 al magazine Opera Arena Magazine. Dal 2008 conduce il corso "Come si fa un giornale" in alcuni istituti della Scuola media superiore di Verona. giorgio.montolli@inwind.it
