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Controllo di vicinato, osservazioni su un fenomeno in espansione

Se ne è parlato in Lombardia nel 2009 e nel 2019 in Veneto. A Verona, il 27 dicembre scorso, Sindaco e Prefetto hanno firmato un protocollo chiamato “Quartiere sicuro”.

Controllo del vicinato
Controllo del vicinato

In Italia, nel 2009, se ne è parlato in Lombardia e dal 2019 anche in Veneto. A Verona, il 27 dicembre scorso, Sindaco e Prefetto hanno firmato un protocollo d’intesa chiamato “Quartiere sicuro”.

«Io sono me più il mio ambiente e se non preservo quest’ultimo non preservo me stesso», dichiarava il filosofo ‎madrileno Josè Ortega y Gasset. Su tale affermazione pare reggersi gran parte della filosofia del controllo di vicinato, sottoscritto anche dal comune di Verona il 27 dicembre dello scorso anno.

Denominato Quartiere sicuro, e firmato dal prefetto Donato Cafagna e dal sindaco Federico Sboarina, il protocollo “veronese” prevede in 6 articoli, attività svolte da gruppi di cittadini che osserveranno quanto accade nella propria zona di residenza, senza svolgere «qualunque forma, individuale o collettiva, di pattugliamento del territorio» e con l’assoluto divieto di utilizzare divise e simboli delle forze armate e di polizia.

Le comunicazioni riguardanti quanto visto dovranno essere comunicate dai cittadini attraverso una app sulla quale i post pubblicati resteranno per sette giorni e saranno visibili alle forze di polizia ed alla polizia locale. Reati o fatti pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica dovranno comunque esser sempre tempestivamente segnalati al numero unico europeo 112 oppure ai numeri di emergenza della Polizia di Stato e dell’Arma dei carabinieri.

Un protocollo d’intesa con contenuti analoghi ha avuto pure l’adesione – approvata con delibera di giunta lo scorso 14 gennaio – del comune di Valeggio sul Mincio.

In Italia si è iniziato a parlare di controllo di vicinato solo in questo secolo e quasi limitatamente alla Lombardia, tanto è vero che la prima realizzazione pare essere avvenuta nel 2009 a Caronno Pertusella, comune di quasi 18.000 abitanti della provincia di Varese.

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Al 31 agosto 2019, cioè a pochi giorni dall’iniziativa Citizen Participation in the security of  European Cities. Development of European Network of  Neighbouhoord Watch svoltasi il 2 e 3 settembre a Venezia, si registravano 396 comuni aderenti al progetto, con 1.925 gruppi di controllo ed il coinvolgimento di 67.279 famiglie.

Nella due giorni di settembre è stata approvata anche la Carta di Venezia, il primo documento a contenere delle linee guida in grado di fungere come riferimento per tutti gli enti locali nell’attività del controllo di vicinato.

Ma se è vero che pure il Capo della Polizia Franco Gabrielli, in occasione della cittadinanza onoraria conferitagli dal sindaco di Torri del Benaco lo scorso 14 gennaio, si è detto un sostenitore del controllo di vicinato, cioè «di quelle modalità – ha specificato Gabrielli – con le quali i cittadini non si fanno polizia privata ma concorrono con il loro presidio e controllo del territorio», non mancano però i dubbi e le perplessità.

Nell’ottobre dello scorso anno l’Esecutivo ha impugnato davanti alla Consulta, la legge 34 dell’8 agosto 2019 con la quale il Veneto aveva normato il controllo di vicinato. «La legge – ha spiegato il Consiglio dei Ministri – invade la competenza esclusiva riservata alla legislazione statale in materia di ordine pubblico e sicurezza».

E mentre il Governo di Giuseppe Conte sollevava tali eccezioni di rilievo costituzionale sulla legge regionale, Arturo Lorenzoni, vicesindaco di Padova, sviluppava una riflessione sociologica sul controllo di vicinato, accusato di alimentare la cultura del sospetto e di distruggere le relazioni personali.

«Sono preoccupato – affermava l’8 ottobre 2019 a Il mattino di Padova Lorenzoni –. Ci sono meccanismi cooperativi che creano coesione e benessere. E poi meccanismi di diffidenza che possono portare tensione sociale. Il controllo di vicinato in sé non è negativo, ma va nella seconda direzione. La distanza che crea una chat sul cellulare non permette l’incontro tra persone. Meglio organizzare delle assemblee di rione, degli incontri tra vicini. Più complicati, certo. Ma più produttivi».

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Antonio Mazzei

Written By

Antonio Mazzei è nato a Taranto il 27 marzo 1961. Laureato in Storia e in Scienze Politiche, giornalista pubblicista è autore di numerose pubblicazioni sul tema della sicurezza. antonio.mazzei@interno.it

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