INTERVISTA – Dopo l’inchiesta di Verona In Mafia a Verona, gli imprenditori sono soli e hanno paura, pubblichiamo la nostra intervista a Nando Dalla Chiesa, presidente onorario di Libera, professore di Scienze politiche, editore e figlio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa ucciso da Cosa Nostra nel 1982. Lo abbiamo incontrato a Berlino durante il tour internazionale per la presentazione del suo ultimo libro, scritto con Federica Cabras, Rosso Mafia: storia, problemi e paradossi di una ricerca sulla ‘ndrangheta nel Nord Italia.
– Da un’inchiesta di Verona-In emergono elementi ambigui che mettono in relazione l’economia lecita con quella illecita gestita dalle organizzazioni criminali. Come sta Verona secondo lei?
Dalla Chiesa. «Verona è a rischio. Stiamo proprio facendo una ricerca sul cosiddetto quadrilatero Mantova-Cremona-Piacenza-Reggio Emilia e quello che abbiamo notato è una risalita verso Nord delle mafie, soprattutto del clan ‘ndranghetista Grande Aracri, con un’area di attrazione particolare intorno al lago di Garda e con tendenza a sfondare nella città scaligera».
– Qual è stata l’evoluzione del fenomeno a Verona?«
Dalla Chiesa. «Lo studioso Federico Varese nel 2011 aveva teorizzato che a Verona la ‘ndrangheta non era riuscita a sfondare perché il narcotraffico continuava a essere gestito dai criminali locali. Nel 2014 al Veneto il nostro osservatorio aveva attribuito degli indici di cosiddetta “densità mafiosa” piuttosto alti e a Verona era stato assegnato indice 3 (in una scala da 1 a 5, dove 1 è il valore più alto). Sei anni dopo possiamo dire che la presenza mafiosa sta aumentando e Verona è diventata il centro di smistamento del traffico di stupefacenti più grande dopo Milano».
– La presenza mafiosa a Verona ha a che fare solo con il narcotraffico?
Dalla Chiesa. «No, lo sfondare a Nord verso Verona riguarda le imprese e tutti i settori dell’economia lecita, come l’edilizia, la logistica, i trasporti, la ristorazione e i locali notturni. È un fenomeno che abbiamo osservato per primo a Mantova, dove tra il 2002 e il 2017 alcune imprese mantovane sono state sostituite da imprese di Cutro (Calabria). È un’avanzata evidente».
– Il presidente di APIndustria Verona Renato Della Bella difende gli imprenditori che, anche a causa di una scarsa formazione, non saprebbero sempre riconoscere situazioni ambigue…
Dalla Chiesa. «Nella nostra esperienza di Reggio Emilia gli imprenditori ci hanno detto che si accorgevano immediatamente delle offerte mafiose. Questo dato è generalizzabile perché una persona esperta non può non riconoscere una contaminazione, anche se non è in grado di definirla».
– Della Bella dice che gli imprenditori veronesi sono soli e non sanno a chi rivolgersi…
Dalla Chiesa. «A Reggio Emilia c’è stata una brava Prefetta siciliana che ha dato battaglia. Il punto di svolta sta nella sensibilità delle persone con compiti istituzionali: Prefettura, Procura, Carabinieri e Guardia di finanza, che spesso formano combinazioni bellissime di professionisti che condividono anche lo stesso atteggiamento culturale. Una provincia che voglia difendersi dalla mafia, con una buona Prefettura e una buona Procura, ce la fa. È importante che il Prefetto non sia solo».
– C’è un problema di mancanza di comunicazione tra Prefetture? Lo sostiene la deputata M5S Francesca Businarolo.
Dalla Chiesa. «Purtroppo è possibile, perché quando un’azienda è colpita da interdittiva in una provincia può comunque operare in altre province. È vero, però, che per poter rientrare in white list e partecipare ad appalti pubblici l’azienda deve essere oggetto di indagini».
– Il caso del mafioso Domenico Multari, a cui le famiglie di Zimella chiedevano aiuto, ha illuminato una parte di società veronese permeabile alle infiltrazioni mafiose…
Dalla Chiesa. «Le società sono permeabili in tutte le città in cui si è convinti che la mafia non ci sia. Un esercito passa dove le frontiere non sono difese, dove non ci sono carri armati. I mafiosi pensano, non sono scemi. È evidente anche dalle intercettazioni telefoniche la preoccupazione dei mafiosi che si dicono “qua non ci fanno più vivere, ci confischeranno tutto!”, e dove vanno? Vanno dove non confiscano i beni, in Germania per esempio».
– La ‘ndrangheta si sta spostando facilmente verso Verona e il lago di Garda per una scarsa consapevolezza del problema?
Dalla Chiesa. «Il lago di Garda è un’anomalia perché insieme ai clan storici di ‘ndrangheta, camorra, Cosa Nostra ci sono anche i clan stranieri. C’è un pluralismo criminale dovuto alla presenza di beni e servizi appetibili, come il turismo e i locali notturni.
C’è una domanda mobile e stagionale che presenta caratteristiche particolari cariche di una pericolosità che non viene contrastata perché si mimetizza fra milioni di turisti. Su Verona invece c’è la ‘ndrangheta, che sta migrando dal Nord-Est emiliano al Sud-Est lombardo, passando dal Veneto. In questo spostamento Verona è la più esposta delle province venete».
– Perché Verona è la più esposta?«
Dalla Chiesa. «Per questioni geografiche innanzitutto: è un grande centro, ricco, fondamentale per il traffico di droga, logisticamente perfetto».
– In occasione dell’inchiesta di Verona-In sulla mafia a Verona e dei fatti di Zimella, l’assessore all’Anticorruzione Edi Maria Neri ha dichiarato che le organizzazioni criminali si possano insinuare più facilmente tra le fasce della società meno scolarizzate, che di fronte a situazioni ambigue non riconoscono la necessità di denunciare.
Dalla Chiesa. «No, non è così. La laurea non dà la patente di onestà. Abbiamo visto persone laureate che guardano al mafioso come a un idolo. Abbiamo visto una commercialista, laureata dunque, fare salti di gioia perché un membro del clan Grande Aracri si era presentato nel suo ufficio. Non vedo questa correlazione».
– L’ordine dei commercialisti di Verona replica alle dichiarazioni dell’onorevole Businarolo, che sollecita gli ordini professionali a prestare maggiore attenzione alle infiltrazioni mafiose…
Dalla Chiesa. «Al nord senza i professionisti i mafiosi non fanno nulla: l’idea che i mafiosi siano esperti di finanza, commercio e fisco è pura immaginazione. I mafiosi non sanno nulla di finanza, sono degli ignoranti: da una ricerca del professor Maurizio Catino risulta che la stragrande maggioranza dei condannati per associazione mafiosa ha conseguito la quinta elementare, al massimo la licenza media. I mafiosi sono sapienti nel tessere relazioni e nel cogliere le debolezze dell’animo umano ma non hanno capacità di fare finanza».
– L’onorevole Businarolo individua tra le priorità anche una riforma dei codici etici degli ordini professionali. Sarebbe un provvedimento utile?
Dalla Chiesa. «Basterebbe che a certi livelli i professionisti venissero radiati dall’ordine ma questo non succede mai. Ordini professionali di 800 o 1.000 associati si squalificano per difenderne 5! C’è un medico con condanne definitive per false dichiarazioni fatte a favore di mafiosi che tuttora lavora in ospedale.
A Milano l’unico architetto che è stato punito in seguito a Tangentopoli è stato quello che ha denunciato ciò che facevano i suoi colleghi! Il mafioso può sapere che è meglio portare i soldi in un paradiso fiscale ma non è in grado di farlo, lo farà qualcuno al posto suo, più esperto di lui, qualcuno che conosce bene le leggi. Poi, abbiamo anche visto che se il commercialista non riesce a fare ciò che gli è stato chiesto viene punito».
– È utile l’idea di sanare la mancanza di comunicazione tra prefetture, come dichiarato dall’onorevole Businarolo?
Dalla Chiesa. «È necessario un sistema di informatizzazione che permetta alle prefetture di condividere le banche dati; magari si può limitare l’accesso al Prefetto o al capo di Gabinetto ma comunque sì, è necessario».
Annalisa Mancini

Annalisa Mancini è nata il 25 dicembre 1979, frequenta l’istituto tecnico per corrispondenti in lingue estere. Dal lago di Garda, dove vive fino al 1998, si trasferisce prima a Trieste per gli studi in Scienze Politiche e poi a Berlino. Completa il suo sguardo sul mondo viaggiando, leggendo e scrivendo, è interessata soprattutto al giornalismo d’inchiesta, alla politica nazionale e internazionale e alle questioni ambientali. Tornata a Verona, fonda una sezione di Legambiente e lavora anche come editor e correttrice di bozze. Ha collaborato con Il Piccolo di Trieste, ilveronese.it, ilgardesano.it, Il Corriere del Garda, Radio Garda FM, RuotaLibera di FIAB, corriereditalia.de. mancini.press@gmail.com

Giorgio Massignan
24/01/2020 at 11:46
Le mani sulla città
Verona, grazie alla sua posizione geografica quale incrocio strategico e ingresso da e verso il nord, ha goduto di grande importanza quale centro logistico, commerciale e militare. Negli ultimi tempi, oltre a queste caratteristiche, si è aggiunta quella di grande e fondamentale centro per il traffico di droga. A questo si sono aggiunte una serie di altre funzioni controllate dalla malavita organizzata: dalla gestione di parecchie attività nei luoghi turistici del lago di Garda, allo strozzinaggio finanziario, sino alle scelte sull’uso del territorio.
Tutto questo è, e sta accadendo, perché esistono i vuoti di potere. Quando questo avviene, il vuoto è immediatamente riempito da qualche altra componente.
Anche in questo modo si può spiegare la lenta, ma costante, salita al nord della malavita organizzata e la ramificazione del proprio controllo su molte attività redditizie.
Operazione resa possibile per il vuoto di potere che lo Stato non è stato in grado di riempire.
Forse si pensava che la malavita organizzata non potesse arrivare sino a noi, convinti di possedere gli anticorpi necessari per impedirlo. Nulla di più errato, la “mafia” va dove c’è il denaro e/o le opportunità di appropriarsene.
Ma per farlo ha bisogno di complici che le permettano di inserirsi nei meccanismi di gestione delle attività più redditizie e di uso del territorio. In tutto questo risulta determinante il ruolo di alcuni professionisti, così come quello dei politici compiacenti.
Da sempre, uno dei compiti dei professionisti è stato anche quello di rappresentare l’elemento di contatto tra la classe politico-amministrativa e gli operatori economici e finanziari. Tutto normale se i due settori lavorano nel rispetto delle leggi, ma se in uno, o in entrambi, si infila la malavita organizzata, la città cade nelle mani della mafia, con tutte le relative e sventurate conseguenze.