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Mobilità

Morti sulle strade, la soluzione è una mobilità sostenibile

Per parlare seriamente di sicurezza stradale ci sarebbe bisogno di un cambio radicale di mentalità che metta in discussione le modalità con cui ci muoviamo.

Traffico

Per parlare seriamente di sicurezza stradale ci sarebbe bisogno di un cambio radicale di mentalità mettendo in discussione le modalità con cui ci muoviamo.

Il governatore del Veneto Luca Zaia nella conferenza stampa di fine anno ha detto: «Troppi morti in strada, al via campagne choc. Quello della sicurezza stradale è un tema che ci preoccupa tutti, i morti sulle strade sono ancora tanti e tutto questo non deve accadere». Come non essere d’accordo! Ma quando il governatore del Veneto parla di sicurezza stradale si riferisce agli errori delle persone, che sono senz’altro da perseguire, ma non dice che abbiamo consegnato le nostre città all’automobile.

Come parlare di educazione stradale, correggere le abitudini errate, disincentivare l’uso dei mezzi privati, favorire il trasporto pubblico e le ciclabili quando le politiche di gestione della mobilità privilegiano l’automobile? “Fluidificare” il traffico, come si dice in linguaggio tecnico, è uno degli obiettivi delle amministrazioni comunali, in sostanza far andare le auto più veloci. E ciò si ottiene costruendo e allargando strade, togliendo impedimenti, alberi, addirittura togliendo le strisce pedonali. La creazione dei parcheggi all’interno della cinta urbana fa passare l’idea che con l’auto si può andare ovunque, anche nei centri storici, i quali, fragili e nati in ben altri contesti, non sono in grado di sopportare questa invasione. Si mette in atto esattamente il contrario di quello che una sana politica della mobilità dovrebbe fare. Basta vedere cosa succede durante le festività, gli spettacoli in Arena, ma anche nei pressi delle scuole all’inizio e alla fine delle lezioni, quando le strade sono ostaggio delle automobili. Perfino le maratone, che dovrebbero rappresentare l’emblema della mobilità sana e non motorizzata, attraggono invece migliaia di automobili che paralizzano e inquinano il centro della città.

Il paesaggio urbano oggi è il paesaggio delle automobili, parcheggiate o in movimento. E come si può pensare che la gente scelga di spostarsi, ad esempio, in bicicletta quando i percorsi per questo mezzo sono discontinui, mal progettati e insicuri? Per non parlare di quei potenti attrattori di traffico che sono i centri commerciali realizzati nelle periferie dove gli abitanti sono perennemente circondati dalle automobili. Ed è vano pensare che con i mobility day si possa cambiare questa situazione.

“Centro assediato dalle auto, ma il piano ha funzionato” titolava l’Arena del 27 dicembre scorso per commentare uno degli assalti al centro storico. Come dire “il paziente sta per morire, ma l’operazione è riuscita”.

E così gli italiani approfittano di questi incentivi offerti alla motorizzazione privata e si muovono soprattutto in auto, tanto che in Europa sono quelli che a parità di popolazione ne hanno il più alto numero. Secondo il rapporto di Legambiente 2019 l’Italia ha una media di circa 65 auto ogni 100 abitanti mentre a Parigi ci sono 36 auto per 100 abitanti e a Londra, Berlino, Barcellona 41, a Stoccolma e Vienna 38. È quindi inevitabile che questa presenza abnorme di automobili abbia un costo. Secondo l’ultimo rapporto Istat, in Veneto nel 2018 i morti sulle strade sono stati 311 e gli incidenti con almeno una persona ferita sono stati più di 14mila. Ma il dato che impressiona maggiormente è che di questi morti 40 erano semplici pedoni. Ma anche i ciclisti non se la passano bene visto che in Italia muore in sella ad una bici mediamente una persona ogni 35 ore. Ed è la città il luogo più pericoloso .

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Si dirà che questo è il prezzo del progresso e che le persone devono muoversi in fretta. In realtà non è così. La multinazionale Tom Tom specializzata in servizi per la navigazione ha rilevato che a Verona (prima nel Veneto per tempo sprecato) in auto si impiega il 20% di tempo in più rispetto a quello previsto per gli spostamenti . E costruire nuove strade non serve più a nulla. Ad esempio la nuova bretella della Valpantena, costata 20 milioni di euro, non è servita granché per eliminare le code da e per la Lessinia, ma a consumare suolo e paesaggio.

Se a tutto questo aggiungiamo i danni alla salute per l’inquinamento dell’aria da polveri, che in Italia causano 60.000 morti premature all’ anno, per parlare seriamente di sicurezza stradale ci sarebbe bisogno di un cambio radicale di mentalità che metta in discussione l’attuale sistema della mobilità. Occorre ridimensionare il primato dell’automobile, troppo spesso usata in modo irrazionale, emotivo e insostenibile, che mentre occupa l’80% dello spazio pubblico non riesce più a soddisfare i bisogni delle persone.

Alberto Ballestriero
VeronaPolis

Alberto Ballestriero. La campagna e il paesaggio sono una presenza costante nella sua vita. Ha lavorato come funzionario nella gestione di canali e opere agrarie presso uno dei più importanti Consorzi di Bonifica del Veneto. Dopo la qualifica nel settore del verde progetta parchi e giardini, alcuni dei quali pubblicati. È socio dell’AIAPP (Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio). Per diversi anni è stato responsabile del settore verde urbano della sezione veronese di Italia Nostra. Ha pubblicato il libro “Confini Connessioni Scenari – divagazioni di un giardiniere sul paesaggio”. È socio fondatore dell’Osservatorio territoriale VeronaPolis. ballestriero@gmail.com

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