La perdita di consenso dei 5 Stelle è dovuta al fatto che parliamo di un partito politico che nel DNA ha prevalente l’idea di movimento. Ma non è possibile per i grillini mantenere l’energia propulsiva di quando basavano la loro forza nel porsi come alternativi al sistema. Infatti, dal 1 giugno 2018 nella stanza dei bottoni ci sono proprio loro, i 5 Stelle, prima con la Lega e dal 5 settembre 2019 in coalizione con il centrosinistra. E allora, alternativi a chi? A se stessi? Il logoramento e la conseguente crisi di identità hanno la loro radice nel conflitto provocato da questi due ruoli esercitati in contemporanea, di opposizione e di governo, difficilmente conciliabili tra loro, e quindi da un errore strategico di Grillo e Casaleggio.
Un po’ di storia per capire meglio questo errore. Il primo Vaffa Day si svolge a Bologna nel 2007, dal 2008 il blog delle Stelle inizia a fare politica attiva mentre vengono presentate le prime liste civiche a livello locale. Nel 2012 vengono eletti i primi quattro sindaci pentastellati. Nel 2013 il Movimento entra in Parlamento, nel 2014 ottiene il 21,6% alle Europee e nelle politiche del 2018 vola al 32% dei consensi. Al successo fanno seguito le prime epurazioni (epocale quella del sindaco di Parma Federico Pizzarotti), nascono il Codice Etico del Movimento e il Direttorio. Manovre sempre più difficili da far digerire alla base, che oggi è fortemente critica sul ruolo di Luigi Di Maio, come capo politico e come ministro, che però rimane al suo posto.
Il nostro ragionamento si sviluppa in una domanda: perché Grillo e Casaleggio non hanno separato il Movimento dalla nuova creatura politica, in modo da ripararlo dalle burrasche (ma ormai è uno tzunami) connesse alle responsabilità di governo? Questo avrebbe permesso, in caso di fallimento, di tenere integro il Movimento, preservarne l’identità e quindi di continuare a disporre della forza propulsiva per tentare nuove strade. La suddivisione dei ruoli in due diverse entità sarebbe stata risolutoria per altre questioni che logorano i 5 Stelle, a partire dalle connessioni con la Casaleggio Associati e la collegata gestione della Piattaforma Roussou, che espongono alle critiche sul conflitto di interessi.
È veniamo alle Sardine. Nascono in Emilia Romagna la vigilia delle regionali del 26 gennaio 2020, che vedono in campo i candidati Lucia Borgonzoni della Lega e Stefano Bonaccini del PD. Le Sardine si innestano nell’emergenza (se vince Borgonzoni sono guai per il Conte II) ma approfittano della contingenza per rilanciare una politica diversa: certamente non sovranista, certamente antifascista, ma soprattutto trasparente e al servizio della polis. La protesta esce dagli stereotipi e dalla frustrazione dei social per diventare fisica. Insomma, una ventata di aria fresca per spazzare i miasmi a cui ormai siamo abituati. Con i dovuti distinguo, tornano alla mente Gli indiani metropolitani (1977), Le Pantere (1989), I No Global (2000), Il Popolo dei fax (1993), I Girotondi (2002), Il Popolo Viola (2002), L’Onda anomala (2008), I Forconi (2011) e Gli Indignati (2011).

Sardine a Verona
Tutte forze vitali per il cambiamento che però nel tempo hanno esaurito, in parte o del tutto, il loro slancio iniziale. La storia del Movimento 5 stelle, e di chi l’ha preceduto, dovrebbe essere motivo di riflessione per Mattia Santori e i suoi compagni di viaggio. Al leader delle Sardine vengono rivolte con insistenza la stesse domande di sempre: da che parte state, cosa volete fare, cosa proponete? Ma è evidente che qualsiasi presa di posizione otterrebbe il risultato di spostare il nuovo movimento nel campo più attrezzato per il suo annientamento. E allora occorre fare l’opposto: portare il sistema nella propria area di gioco, con il coraggio di Davide contro Golia e l’astuzia di Ulisse contro Polifemo. Ma come fare, senza rimanere nel limbo di una “non proposta”?
“La sovranità appartiene al popolo”, recita l’articolo 1 della Costituzione, e allora dovrebbe essere questo il ruolo delle Sardine: controllare gli eletti affinché siano effettivamente rappresentativi della volontà popolare e promuovano il bene comune, colmando in questo modo il vuoto dovuto alla disaffezione nei confronti della politica. Un importante ruolo “costituzionale”, super partes e riconosciuto dai media che ripari dalle accuse di partigianeria mettendo in difficoltà i detrattori (difficile attaccare chi difende la Costituzione).
Nel contempo le Sardine potrebbero organizzarsi con laboratori per formulare, aiutate di esperti, proposte da affidare un domani a chi vorrà impegnarsi nelle Amministrazioni locali, anche costituendo un nuovo soggetto politico, in questo caso di diverso nome rispetto a quello del movimento per non ripetere l’errore dei 5 Stelle. Il mondo ittico è pieno di esemplari da cui prendere spunto e qualche pesciolino pacifico, geniale, laborioso e longevo ci sarà pure per questo nuovo e difficile compito.
Giorgio Montolli

È diventato giornalista nel 1988 dopo aver lavorato come operatore in una comunità terapeutica del CeIS (Centro Italiano di Solidarietà). Corrispondente da Negrar del giornale l'Arena, nel 1984 viene assunto a Verona Fedele come redattore. Nel 1997, dopo un periodo di formazione in editoria elettronica alla Scuola grafica salesiana, inizia l'attività in proprio con uno Studio editoriale. Nel 2003 dà vita al giornale Verona In e nel 2017 al magazine Opera Arena Magazine. Dal 2008 conduce il corso "Come si fa un giornale" in alcuni istituti della Scuola media superiore di Verona. giorgio.montolli@inwind.it

Marcello
10/12/2019 at 13:08
Lo avevo ben compreso il tuo punto di vista, ma prima di risponderti ho atteso qualche altro commento. Quello di “contribuire alla nascita di un loro partito” non penso sia la soluzione migliore: perché non può essere una questione di nome, e perché non mi risulta che alle Sardine interessi proporre un programma di governo). Ne abbiamo abbastanza di Partiti e Movimenti che quando arrivano al potere si dimenticano delle promesse espresse agli elettori e non li consultano più. Ti pare?
Maurizio Danzi
10/12/2019 at 11:32
Io penso, Giorgio , che la tua analisi sia condizionata da un desiderio: quello di un rinnovamento pieno che ponga fine a questa mediocre stagione di mezzo.
Speranza giusta .
Fissiamo solo un paio di punti : le sardine sono un movimento della società civile. Nate come protesta silenziosa e civile .
E se la sinistra perdesse in Emilia ? E se cadesse il governo?
Come vedi ci sono variabili infinite. A me basterebbe che questo stimolo critico che stanno portando fosse recepito dalle nuove generazioni.
Sarebbe già un sasso in uno stagno immobile popolato da rane dalla bocca larga
Marcello
09/12/2019 at 18:19
Mi piace questo compito che affidi alle Sardine: formulare, sotto la guida di esperti, “proposte da affidare al ramo politico”, che però non dovrà essere una loro espressione ma sarà costituito dai partiti e dai movimenti storici nonché da eventuali nuovi gruppi. Questi potranno inserire quelle proposte nei loro programmi ed aspettare il giusto consenso nelle urne, quando ci saranno le elezioni regionali o politiche. Dunque: mantenere il ruolo di “cani da guardia” del sistema politico e difendere la Costituzione qualunque partito sia al potere.
Redazione2
09/12/2019 at 18:28
Forse non mi sono spiegato bene, caro Marcello. Le Sardine, come Movimento, oltre ad essere di stimolo per i partiti potrebbero anche contribuire alla nascita di un loro partito, ma ben distinto dal Movimento, per non cadere nell’errore dei 5Stelle (così io la vedo). Sempre che lo vogliano fare, e comunque senza ansie da prestazione. g.m.