Sul caso Giovannino, nato a Torino con la Ittiosi Arlecchino, una rara malattia che rende la pelle squamosa e vulnerabile, sono state spese parole a vanvera che mettono in luce i limiti culturali con cui il bambino si è trovato a fare i conti. Giovanni (perché un diminutivo?), a causa della sua patologia non è stato riconosciuto e sono state avviate le pratiche per l’adozione. Per questa loro decisione i genitori sono stati giudicati degli “infami” dal direttore di Radio Capital Massimo Giannini.
L’episodio va visto con occhi diversi. I genitori, con la loro sofferta decisione, hanno solo espresso una naturale inadeguatezza, che si sarebbe riversata sulla vita del bambino aggiungendo alle difficoltà fisiche anche quelle psicologiche derivate da un amore difficile.
E allora perché non cercare un’altra famiglia in grado di garantire un affetto incondizionato? Giovanni, se per lui sarà scelta l’opportunità migliore (e in tanti si sono fatti avanti), potrà crescere in una famiglia davvero speciale, che lo avrà accettato e amato nella consapevolezza delle difficoltà che tale scelta porta con sé. Senza condanne per nessuno. Dove sta il problema?
Giorgio Montolli

È diventato giornalista nel 1988 dopo aver lavorato come operatore in una comunità terapeutica del CeIS (Centro Italiano di Solidarietà). Corrispondente da Negrar del giornale l'Arena, nel 1984 viene assunto a Verona Fedele come redattore. Nel 1997, dopo un periodo di formazione in editoria elettronica alla Scuola grafica salesiana, inizia l'attività in proprio con uno Studio editoriale. Nel 2003 dà vita al giornale Verona In e nel 2017 al magazine Opera Arena Magazine (chiuso nel 2020). Dal 2008 conduce il corso "Come si fa un giornale" in alcuni istituti della Scuola media superiore di Verona. giorgio.montolli@inwind.it

Marcello
08/11/2019 at 09:27
Al solito: genitori non si è per aver permesso una vita ma si diventa, e si diventa piano piano nella misura in cui sappiamo prenderci, con amore, qualche responsabilità, anche con l’aiuto della scienza e della Comunità circostante, che potrà integrare manchevolezze ed assenze. Nessuna condanna, dunque, se non se la sentono di riconoscerlo, ma nessun abbandono della coppia, che avrà certamente motivo di riflettere e crescere nell’assumersi responsabilità: la fragilità umana è nelle cose, il bimbo potrà essere accolto da altri e la solidarietà umana e civile farà il resto.