L’organo di garanzia costituzionale interviene sul diritto di morire. Ma soprattutto ci interroga sul dovere che abbiamo di scegliere un’idea di dignità per la nostra vita.
Che cosa ha deciso la Corte costituzionale il 26 settembre? È stato nella sostanza depenalizzato l’aiuto al suicidio verso chi – colpito da una malattia irreversibile e da sofferenze intollerabili – si sia liberamente e autonomamente orientato a togliersi la vita. Le condizioni poste dalla Corte appaiono molto precise e la decisione è stata adottata all’unanimità. L’istigazione al suicidio rimane penalmente sanzionata. Quando leggeremo le motivazioni complete, capiremo meglio. Si può tuttavia prevedere che la Corte abbia valorizzato un aspetto fondamentale.
Si tratta dell’importanza decisiva che la nostra Costituzione attribuisce alla “dignità della persona”. Va ricordata, a questo riguardo, una circostanza singolare. Secondo la Costituzione, (quasi) tutti i diritti fondamentali soffrono qualche limite. Ciò vale per la libertà di espressione del pensiero, per la libertà di iniziativa economica e di riunione, persino per il diritto alla salute e ad un ambiente salubre. Tutti i diritti costituzionali hanno dei limiti perché tutti devono ‘bilanciarsi’ con altri diritti costituzionali. Tutti, meno uno: proprio la “dignità della persona”, che “in nessun caso’” – dice la Costituzione – può essere limitata dalla legge.
La Corte ha poi sempre valorizzato, anche in passato, la circostanza che, della dignità della persona, si possano legittimamente avere concezioni in parte diverse. La visione che ciascuno di noi ha di se stesso, la nostra immagine di “vita buona”, le nostre relazioni con gli altri e con il mondo – insomma, la nostra personale idea di dignità – assumono perciò importanza fondamentale. Se abbiamo stretto delle mani a lungo, a me pare ragionevole, rassicurante, umano pensare di volerle stringere anche nell’ultimo momento: un momento non subito, ma accolto.
La Corte non è un giudice etico, è giudice dei diritti e dei doveri. La decisione sul suicidio assistito ci riguarda per entrambi gli aspetti, diritti e doveri. Certo, interviene sul diritto di morire. Ma vuole soprattutto interrogarci – io ritengo – sul dovere che abbiamo di scegliere consapevolmente un’idea di “dignità” per la nostra vita.
La Conferenza episcopale italiana ha espresso una posizione molto critica sulla sentenza, una posizione certo molto lontana dalla mia. Lo ha fatto in termini fermi, ma sostanzialmente rispettosi dei ruoli istituzionali, in particolare di quello del Parlamento (che è invece in grave ritardo). Non parteciperò perciò alle prevedibili polemiche contro la Chiesa su questo aspetto. Il tema della vita e della morte è infatti tanto fondamentale che ascoltare punti di vista diversi dal proprio può soltanto arricchire. Della morte sappiamo infatti tutti molto poco, ma anche la meraviglia di cui la vita è piena è tale da farci sentire, a volte, smarriti.
Luciano Butti

Luciano si è sempre occupato, per lavoro, dei rapporti fra leggi, scienza e ambiente. Insegna diritto internazionale dell'ambiente all'Università di Padova. Recentemente, ha svolto un lungo periodo di ricerca presso l'Università di Cambridge, dove ha studiato i problemi che avremo nel disciplinare per legge le applicazioni dell'intelligenza artificiale (in particolare, le auto elettriche a guida autonoma). Ama la bicicletta, le attività all'aria aperta e la meditazione. luciano.butti1@gmail.com

Maurizio Danzi
05/10/2019 at 12:06
Grazie Luciano per come hai saputo parlare di un argomento così delicato usando con misura e rispetto scienza e coscienza.