In questa serie ho seguito uno dei temi da me preferiti anche quando lavoro su tela: iniziare con colore diluito e poi rispondere a questo primo evento, con improvvisazioni non pianificate e senza tentare di conseguire risultati programmati. Per fare “a painting a day” devo lavorare in modestia, accettando che il flusso delle idee e della mano quasi si guidino da sè; è una routine che porta a tagliare i ponti e immergersi nel fare senza rinvii.
STUDIO LA CITTÀ. Sabato 21 settembre Studio la Città, apre la nuova stagione espositiva 2019-20 con due personali: una dedicata all’artista Lucio Pozzi, dal titolo Scatter Painting a cura di Marco Meneguzzo in collaborazione con Rizzuto Gallery; l’altra a Jacob Hashimoto dal titolo The Heartbeat of Irreducible Curves: Part II, il quale prosegue la sua ricerca artistica arricchendo l’esposizione inaugurata a Verona lo scorso maggio di nuovi lavori.

Lucio Pozzi, The Marriage of Order and Chaos, 2013, foto Michele Alberto Sereni
Pozzi, nato nel 1935 a Milano, dopo aver vissuto alcuni anni a Roma, si trasferì negli Stati Uniti nel 1962 prendendo la cittadinanza Americana: forte è infatti l’impatto che ebbe su di lui la Pop Art e l’influenza di Mark Rothko, tutt’oggi molto presente nei suoi lavori. Ora l’artista divide il suo tempo fra Hudson, cittadina a nord di New York, e Valeggio sul Mincio, piccolo borgo tra Verona e Mantova da cui provengono la maggior parte delle opere proposte per questa mostra.
Tra i lavori presenti a Studio la Città, un ciclo in particolare occupa la maggior parte dell’allestimento: gli Scatter Group Paintings, da cui trae ispirazione il titolo dell’intera mostra. Acrilici su tela di grandi dimensioni, realizzati tra il 2013 e oggi, in cui Pozzi si concentra molto sulla texture e trasforma il suo pensiero in azione sulla tela dove, la stratificazione dei vari livelli di colore, può essere letta come una sorta di scansione archeologica da parte dello spettatore. «Il fatto che l’acrilico asciuga presto mi permette di aggiungere strati di colore senza limitazioni di sorta e in poco tempo, appena più rapidamente della velocità del pensiero – sostiene l’artista e prosegue – In questi quadri le tracce degli strati sottostanti sono distinguibili sotto la superficie finale. Ci tengo a non sapere mai se e quando e come un quadro è finito. Come borbottò Picasso a un amico dopo aver visitato la retrospettiva di Cézanne subito dopo la morte di questi: “da adesso un quadro è finito dalla prima pennellata in poi”. Gli Scatter Paintings riguardano la distribuzione di forme e colori contenuti in aree geometriche formate da nastro adesivo per mascheratura e applicate prima su campi di colore diluito e dopo una sull’altra. In essi io procedo nel divertimento e nell’eccitazione che sento essere il carattere esimio della mia pittura. Ogni giorno devo avere anche il coraggio di distruggere quello che ho fatto se mi sembra troppo prevedibile. In acrilico non posso togliere, quindi non posso che aggiungere strati su strati fino a quando smetto. Gioco su infinti echi, imitazioni, contraddizioni»
Oltre a questo gruppo di acrilici su tela, sono presenti alcune opere su carta di minori dimesioni dove l’elemento geometrico è sempre presente, come anche il rimando all’arte concettuale, a quella suprematista e all’approccio del movimento Fluxus, che si riflettono a volte in modo molto leggero e delicato, altre volte in maggiore contrasto.
L’altra mostra, dedicata a Jacob Hashimoto, presenta inediti lavori su carta, oltre alle ormai note opere a parete composte da coloratissimi aquiloni nonchè un’installazione sospesa riadattata allo spazio della galleria, con una forma e una combinazione di elementi in resina assolutamente nuovi.

Jacob Hashimoto, The Lightning Maze, 2019, foto Michele Alberto Sereni
Quest’ultima, proposta a Venezia in una dimensione più monumentale, é così descritta dallo stesso Hashimoto nell’introduzione al catalogo che accompagna la mostra: The Dark Isn’t the Thing to Worry About «la grande installazione sospesa a cui ho lavorato e che è cresciuta negli ultimi due anni – racconta l’artista – ha vissuto le proprie mutazioni naturali mentre la esponevo in vari luoghi. Nel momento in cui Hélène mi ha chiesto se fosse possibile portarla a Venezia, era al SITE Santa Fe. Le avevo spiegato che, come era già accaduto in passate reiterazioni della scultura, avrei creato una serie di elementi addizionali appositamente per questa versione». In questo modo l’artista continua a Verona il suo lavoro sull’intersezione tra paesaggio e astrazione, diversificando molto misure e colori, proponendo anche lavori piccoli, composti da moduli geometrici in carta giapponese con minuziosi collages variopinti. Tutte queste sovrapposizioni stratificate e leggerissime però, sono accomunate dalla continua ricerca sulla modularità: nelle opere di Jacob Hashimoto, i singoli componenti agiscono come delle molecole che, unendosi secondo modelli ben studiati, danno vita a veri e propri ecosistemi, siano essi naturali, vegetali o artificiali.
Daniele Capra analizza in questo modo le ultime opere realizzate da Hashimoto: «il suo è un lavoro pittorico processuale ed ibrido, in cui egli smembra e poi ricompone in forma tridimensionale l’immagine, grazie all’impiego di più piani visivi collocati parallelamente. Tale approccio rompe l’assunto della planarità della pittura e della prospettiva come modalità di rappresentazione della profondità dello spazio, spingendo l’osservatore a praticare una lettura dell’opera in una condizione di dinamismo del corpo».
Zeno Massignan

Zeno Massignan è nato a Verona nel 1988, laureato in Lettere con un percorso in Storia dell’Arte, laureato in Gestione ed Economia dell’Arte. Ha lavorato nel settore marketing e comunicazione per alcune istituzioni museali. Pratica e insegna judo, appassionato di arte, apprezza la convivialità e la vita all’aria aperta. zeno.massignan@hotmail.it
