Non è accettabile, come prevede il Progetto di legge sull’autonomia, il trasferimento alle Regioni delle funzioni delle Soprintendenze archeologiche, delle belle arti e paesaggio.
Se dopo l’Unità lo Stato italiano avesse assunto una forma federale, come sosteneva Carlo Cattaneo, forse non ci sarebbero stati i fatti tragici e sanguinosi, sfociati in una sorta di guerra civile tra i “briganti” del sud ed i bersaglieri del nord; e l’irrisolta questione meridionale non si sarebbe trascinata sino ai giorni nostri. Cattaneo sosteneva, oltre che la Repubblica, il concetto che sia il governo centrale sia i singoli Stati federati dovessero avere la sovranità nelle rispettive competenze e tra queste il decentramento della gestione pubblica e la conseguente maggiore autonomia nella raccolta delle imposte e nell’amministrazione delle proprie entrate e delle spese.
Ovviamente, Cattaneo prevedeva un serio controllo esercitato da un potere giudiziario indipendente. Sosteneva inoltre, che “il popolo deve tenere le mani sulla propria libertà”, cioè, non deve delegare la propria libertà ad un altro popolo, lontano dalle proprie esigenze. Ma, precisava, che la libertà economica ha bisogno del concetto della “parità di condizioni di partenza” tra i vari Stati. Solo così, diceva, si favorisce il processo di unione. Sosteneva che “…un patto fra popoli liberi è la sola via che può avviarli alla concordia e alla unità: ma ogni fusione conduce al divorzio, all’odio…,” e che “ …ogni famiglia politica deve avere il separato suo patrimonio, i suoi magistrati, le sue armi. Ma deve conferire alle comuni necessità e alle comuni grandezze la debita parte; deve sedere con sovrana e libera rappresentanza nel congresso fraterno di tutta la nazione; e deliberare in comune le leggi che preparano, nell’intima coordinazione e uniformità delle parti, la indistruttibile unità e coesione del tutto…”. E non solo. I più deboli, all’interno del congresso nazionale, “…vi costituiranno sempre la maggioranza; e perciò il voto uscirà sempre propizio all’equità e avverso alla prepotenza…”. Cioè, un sistema federale solidale, che non divida la nazione, ma che ne consolidi l’unità; che ogni Stato, pur mantenendo la propria cultura e storia, sia parte organica di un’unitarietà.
Mi pare che la richiesta di autonomia di alcune Regioni del nord, potrebbe, se allargata a tutte le altre Regioni d’Italia, formare, dopo quasi 200 anni, l’Italia federalista che ipotizzava Cattaneo. Ma, a mio parere, su alcuni punti la riforma devia su parte dei principi base del pensatore milanese; in particolare non mi sembra stia seguendo il concetto di creare un sistema federale solidale, che permetta a tutte le Regioni di iniziare a “parità di condizioni di partenza”. Questo è un punto basilare che, se non risolto in termini di solidarietà, anziché consolidare la nazione, la dividerà.
Nell’ipotesi della richiesta di autonomia regionale, la mia opinione è che andrebbe rivisto il principio di solidarietà, proprio per permettere a tutte le Regioni la “parità di condizioni di partenza”. Un secondo, tra i tanti concetti espressi da Cattaneo, è quello relativo a un “serio controllo esercitato da un potere giudiziario indipendente”. Mi permetto di allargare il suo principio, ad un serio controllo sulla tutela del nostro patrimonio storico, culturale, artistico ed ambientale. Con questo, intendo sostenere che lo Stato dovrebbe mantenere, o addirittura aumentare, il controllo su alcune attività, in particolare su quelle relative all’articolo 9 della nostra Costituzione, che dice: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.”
Di conseguenza non mi pare saggio, permettere la possibile diversificazione dei percorsi scolastici tra le diverse Regioni ed il relativo diverso sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica. Così come ritengo sia rischioso lasciare ai singoli enti regionali il controllo sulla conservazione sulle opere artistiche, su quelle delle antichità, dei musei, dei lavori pubblici, sulla tutela del paesaggio e sulle scelte urbanistiche. La vicinanza degli eletti alle Regioni con coloro che finanziano le campagne elettorali, gli interessi locali, l’irresponsabilità ed a volte l’ignoranza di qualche amministratore, possono minacciare il nostro più importante patrimonio nazionale, che non appartiene ad una singola Regione, ma all’Italia.
Non è quindi accettabile, come chiede il progetto di legge sull’autonomia: il trasferimento alle Regioni “delle funzioni delle Soprintendenze archeologiche, delle belle arti e paesaggio,” oltre “la funzione autorizzatoria senza il parere della Soprintendenza.” Se questo articolo di legge fosse approvato, significherebbe che l’autonomia regionale permetterebbe alle amministrazioni di avere mano libera sulle aree sotto tutela, sui beni paesaggistici, archeologici ed artistici.
Di esempi negativi di come le Regioni, autonome e non, abbiano creato mostri e siano intervenute con opere assurde ed inutili sul territorio che avrebbero dovuto tutelare, purtroppo, c’è ne sono troppi. Va sottolineato che neppure lo Stato si è rivelato un attento conservatore del proprio patrimonio artistico, ambientale e paesaggistico. Ma per tutte queste ragioni, andrebbero potenziati i mezzi ed i finanziamenti a quegli enti di tutela, come le Soprintendenze, che non devono rispondere a nessun bacino elettorale e che dovrebbero essere sufficientemente protette da leggi ad hoc, per respingere intimidazioni e solleciti da parte di amministratori e politici o da gruppi di operatori economici.
Giorgio Massignan
VeronaPolis
Foto in alto: Festa della Repubblica, Piazza dei Signori, Verona.

Giorgio Massignan è nato a Verona nel 1952. Nel 1977 si è laureato in Architettura e Urbanistica allo IUAV. È stato segretario del Consiglio regionale di Italia Nostra e per molti anni presidente della sezione veronese. A Verona ha svolto gli incarichi di assessore alla Pianificazione e di presidente dell’Ordine degli Architetti. È il responsabile dell’Osservatorio VeronaPolis e autore di studi sulla pianificazione territoriale in Italia e in altri paesi europei ed extraeuropei. Ha scritto quattro romanzi a tema ambientale: "Il Respiro del bosco", "La luna e la memoria", "Anche stanotte torneranno le stelle" e "I fantasmi della memoria". Altri volumi pubblicati: "La gestione del territorio e dell’ambiente a Verona", "La Verona che vorrei", "Verona, il sogno di una città" e "L’Adige racconta Verona". giorgio.massignan@massignan.com

Maurizio Danzi
14/07/2019 at 15:30
Molti anni fa sulla scia di qualche politilogo fancese ritornato in auge di questi tempi ( J. Attalì) , di fronte a un potere centrale quasi monolitico , avevo sposato la teoria dei contropoteri delle autonomie.
Al Referendum non ho votato perchè dare ulteriore rappresentanza a Zaia , pagando, mi sembrava una sciocchezza.
Qui per citare Mario ma anche per sollecitare la tua passione , Cattaneo è nel ricordo di molti il legnoso stopper partito da Milano e approdato pure a Verona.
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marioallegri
12/07/2019 at 23:31
Sei eroico, caro Giorgio, nel proporre le tue obiezioni, scomodando Cattaneo. Ma pensi che ne abbiano letto una sola riga? Che si siano procurati una bibliografia sul dibattito federalista, che vide tra i suoi sostenitori primi anche Tommaseo? Che conoscano gli ordinamenti federali svizzeri, tedeschi, americanI? Non ne hanno mai saputo nulla e nemmeno vogliono saperne, tantomeno discuterne. Hanno imparato la parola che sfruttano grattando le pance più meschine, cercando con ciò di gestire potere e benefit conseguenti. Siamo un paese di ex (ma da troppo poco tempo ex) morti di fame, che si industriano in qualche modo per arrivare a sedersi a tavola. Tutto qua.
Marcello
12/07/2019 at 16:39
Portare tutte le Regioni alla parità delle condizioni di partenza? La vedo dura con i pretendenti e i contendenti di oggi. Mi accontenterei di un’autonomia un po’ differenziata, tenendo duro sulla Scuola (non regionalizzata) e sugli Enti di tutela del patrimonio artistico, ambientale e paesaggistico. Temo che, senza una potente rieducazione in campo scolastico e sui beni comuni (di tutti, al nord come al sud), quel divario sulle condizioni di partenza possa aumentare.