TEATRO ROMANO. Per il secondo appuntamento con la prosa dell’Estate Teatrale Veronese, dal capolavoro di Melville, lo spettacolo firmato da Branciaroli in prima nazionale assoluta.
L’adattamento di Franco Branciaroli del Moby Dick di Herman Melville, con regia di Luca Lazzareschi, è la seconda proposta di prosa dell’Estate Teatrale Veronese (4,5 e 6 luglio 2019 alle 21:15). Una prima nazionale assoluta con la Compagnia del Teatro de Gli Incamminati e Franco Branciaroli nel ruolo del capitano Achab. Numerosi sono i riferimenti, le ispirazioni e i richiami letterari che è possibile ritrovare nel romanzo di Melville: dalla Bibbia a Dante, fino a Shakespeare per quanto riguarda i monologhi, le riflessioni morali, le caratterizzazioni, la costruzione drammatica di scene e dialoghi.
«Racconto della spasmodica caccia alla balena bianca, creatura delle profondità marine, simbolo polisemico e ineffabile, incarnazione del male, caos a cui dare un ordine, proiezione esterna dell’Io del capitano Achab, la cui lotta contro Moby Dick è sete di vendetta e allo stesso tempo volontà di annientamento di se stesso e ribellione contro Dio – spiega il regista Lazzareschi – Achab, figlio degenere di Prometeo, di Faust e di Edipo, eroe tragico plasmato dalla follia, dal dolore e da incontenibile hybris, assume in sé molte delle caratteristiche di alcuni dei più grandi personaggi shakespeariani: Prospero, Macbeth, Riccardo III, Amleto, Lear».«Branciaroli nel suo adattamento teatrale – continua Lazzareschi – estrae dal Moby Dick un nesso drammaturgico tra Melville e Shakespeare, restituendo appieno la potenza simbolica, evocativa ed insieme realistica del romanzo. Con lui dieci attori interpretano i tanti personaggi del dramma, affidandosi alla forza della parola di Melville e, attraverso l’epico racconto di Ismaele – unico superstite del naufragio – rivivono il viaggio iniziatico dell’equipaggio del Pequod il cui destino è segnato dall’ossessiva lotta di un uomo contro l’incarnazione di tutte quelle forze malvagie da cui alcuni uomini profondi si sentono divorati».