Dal Vangelo di Giovanni
Dio come relazione, il mistero della Trinità spiegato da GesùIn quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà». Giovanni 16, 12-15.
Festa delle Trinità. Per i cristiani credere in Dio, vuol dire credere nel Dio di Gesù di Nazareth. Gesù non ha mai cercato di spiegarci chi è Dio con un concetto. Per “dire” Dio ha usato due nomi molto famigliari: “Padre e figlio”. E di loro ci racconta che vivono uno per l’altro: “Io e il Padre siamo una cosa sola”. E ai suoi discepoli ha detto: “ vi manderò lo Spirito Santo”. E lo rappresenta con le immagini del vento, del fuoco, della colomba.
Per Gesù la Trinità non è un concetto da capire, ma un dono da accogliere, un mistero da contemplare. Che cosa vuol dire allora oggi credere in un Dio che è Trinità? Un grande filosofo contemporaneo, Martin Buber, inizia la sua opera più importante Il principio dialogico con le parole: “All’inizio è la relazione…”. Credo che sia una delle più belle definizioni della Trinità. Gesù con la sua vita e con il suo insegnamento, ci ha raccontato un Dio che è relazione, comunione, abbraccio. Un Dio plurale. Un Dio che è nello stesso tempo identità e alterità.
Il Dio di Gesù non è il “motore immobile” di Aristotele, non è nemmeno l’essere perfettissimo del catechismo. È invece un Dio-Abbà-papà. Un Dio che ama, che perdona, che accoglie. È un Dio che percepisco come energia, come forza nel momento in cui anch’io cerco di vivere come relazione, come amore, come dono, come accoglienza. È un Dio che mi vuole felice, che mi vuole libero, pienamente umano.
La Genesi infatti ci dice che l’uomo è stato creato a immagine di Dio. Quindi se Dio è relazione, anch’io sono relazione. Io sono il frutto di un atto d’amore. Ognuno di noi è un “incrocio” di relazioni: con se stessi, con gli altri, con il creato, con l’Assoluto. Se voglio essere veramente me stesso devo cercare di vivere in modo profondo le mie relazioni. E se voglio vivere pienamente la mia umanità devo cercare di essere comunione, dialogo, incontro.
Perché la solitudine ci fa paura? Perché è contro natura. Non siamo fatti per essere soli. Abbiamo bisogno dell’altro. Siamo tutti mendicanti di affetto, perché stiamo bene, solo quando abbiamo accanto qualcuno che ci vuole bene. Siamo stati abituati fin da bambini a fare spesso il segno della croce. Non è un segno magico scacciamalanni e nemmeno un portafortuna. Non sono cristiano perché mi faccio il segno della croce e nemmeno perché dico di credere nel dogma della Trinità. Invece vivo la mia fede nella Trinità anche quando non penso a Dio.
Infatti, ogni volta che guardo un fiore e contemplo la bellezza della natura, percepisco il Dio che è “Padre”. Ogni volta che mi fermo per dare una mano all’altro, per regalargli un abbraccio, incontro il Dio che è “Figlio”. Quando cerco di volermi bene e scopro che il divino è dentro di me, faccio esperienza dello “Spirito”, come vento leggero che mi avvolge. “Parlami di Dio tacendo” dice la filosofa Simone Weil. Forse è importante che impariamo a parlare di Dio non con le parole, ma con il linguaggio della vita.
don Roberto Vinco
Domenica 16 giugno 2019

Don Roberto Vinco, docente di filosofia allo Studio Teologico San Zeno e all'Istituto Superiore di Scienze Religiose San Pietro Martire di Verona, è collaboratore nella parrocchia di Novaglie. roberto.vinco@tin.it

Maurizio Danzi
19/06/2019 at 11:00
Ho sempre considerato arduo affrontare l’argomento della Trinità. Se poi aggiungiamo che Giovanni Paolo I aveva parlato di Dio che è anche Madre rischio di disarticolarmi. Se confesso di essere particolarmente legato al culto mariano, anche perché condivido il giorno della nascita della madre di Gesù, arrivo a troppo arditi pensieri teologici. Un filosofo laico legava la frase evangelica “Chi vede me vede il Padre” a una forma di” Ateismo nel Cristianesimo”. L’idea che Dio sia relazione ricorda le mille sfaccettature di un rapporto così profondo e mi affascina e mi stimola. Grazie Roberto.