Saranno le Partite IVA a decidere come muoversi a Verona? Una coscienza civica sconcertante che dovrebbe essere stigmatizzata severamente, invece di venir addirittura coccolata dalle istituzioni locali.
Il vicesindaco, nonché assessore alla Viabilità e traffico Luca Zanotto, ha recentemente trasmesso ai cosiddetti “portatori di interesse” l’invito ad intervenire al “Laboratorio partecipato” organizzato dalla società Sintagma di Perugia, incaricata dal Comune di Verona di una consulenza per la redazione del Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS).
Una iniziativa partita già con il piede sbagliato. Infatti, per rilevare il punto di vista dei comuni cittadini non si è proceduto in via preliminare a costruire un campione statistico, cioè rappresentativo della totalità sotto i diversi profili, come avviene quando in politica si commissionano i sondaggi che consentono appunto di ottenere con pochi dati stime orientative delle opinioni dell’intero corpo elettorale. Si sono invece raccolti questionari compilati e trasmessi su base volontaria, quindi senza introdurre alcun criterio statistico. Nulla di più ridicolo e inutile, sperpero di danaro pubblico a parte. Ma questo non è bastato.
Infatti, l’invito al richiamato Laboratorio è stato esteso a 61 soggetti, la cui platea, se si esclude un appartenente ad Italia Nostra e vari enti istituzionali, era composta in gran parte non solo da rappresentanze di commerciati, ristoratori in particolare, e altre categorie economiche, ma addirittura da aziende private. Nessuna presenza dei Comitati del Centro, nonostante la loro espressa volontà di aderire. In aggiunta, la beffa di attribuire ad un noto rappresentante dei commerciati l’affiliazione di un’associazione cittadina (VeroCentro). Diciamo che, più di errore, si è trattato di un lapsus freudiano.
A volte sembra proprio che il fondo non si raggiunga mai. Infatti, la posizione polemica dei commercianti è stata quella di rivendicare per sé addirittura lo “status di residente”, alla faccia di un consolidato amministrativo che, dai tempi di Napoleone, vige ovunque ancor oggi. La motivazione, in una escalation kafkiana di paradossi, è stata quella di sostenere che i cittadini sono già ampiamente rappresentati dalle Circoscrizioni, quasi che queste, istituite su base elettiva, escludessero a priori qualche loro o altrui interesse. Ma qual è stata la loro istanza? Non quella di allentare le maglie della ZTL, posizione legittima benché opinabile, visto il numero di deroghe e permessi a favore dei commerciati, ma di sospendere i controlli in uscita dalla ZTL, per cui una volta dentro il gioco è fatto per parcheggi e altro. Questo equivarrebbe a chiedere non una riduzione progressiva della pressione fiscale, su cui si può convenire, ma un ammorbidimento ulteriore delle verifiche contro gli evasori.
Una coscienza civica sconcertante che dovrebbe essere stigmatizzata severamente, invece di venir addirittura coccolata dalle istituzioni locali, in spregio al pubblico interesse e quindi alla democrazia. Quando a questi rappresentati del commercio si chiede quale città europea costituisca per loro un accettabile punto di riferimento per la mobilità sostenibile, la risposta si traduce in un balbettio di nonsense. È evidente che per loro il concetto di sostenibilità non si applica all’ambiente, ma al loro interesse economico. Ne consegue che per costoro “sostenibilità” è soltanto ciò che non può mettere in discussione il proprio profitto.
È inevitabile che in una comunità ci siano interessi contrapposti ed anche conflittuali. Ma da sempre è scopo e ambizione della politica, non a caso definita dalla Grecia di Pericle come “arte regia”, il ricercare una mediazione possibile, un punto di sintesi superiore che possa rappresentare il bene comune della polis. Certo, facile a dirsi e difficile da praticarsi, ma è proprio in questa tensione ideale che si misura la democrazia e si realizza la civiltà di una nazione, con cui ci sciacquiamo la bocca quando, dall’alto della nostra cultura occidentale, guardiamo con sufficienza alle società tribali, senza scorgere che noi è proprio lì che stiamo ritornando. E di corsa.
Paolo Ricci

Paolo Ricci, nato e residente a Verona, è un medico epidemiologo già direttore dell’Osservatorio Epidemiologico dell’Agenzia di Tutela della Salute delle province di Mantova e Cremona e già professore a contratto presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia in materie di sanità pubblica. Suo interesse particolare lo studio dei rischi ambientali per la salute negli ambienti di vita e di lavoro, con specifico riferimento alle patologie oncologiche, croniche ed agli eventi avversi della riproduzione. E’ autore/coautore di numerose pubblicazioni scientifiche anche su autorevoli riviste internazionali. Attualmente continua a collaborare con l’Istituto Superiore di Sanità per il Progetto pluriennale Sentieri che monitora lo stato di salute dei siti contaminati d’interesse nazionale (SIN) e, in qualità di consulente tecnico, con alcune Procure Generali della Repubblica in tema di amianto e tumori. corinna.paolo@gmail.com
