La nuova pianificazione dovrebbe basarsi sui progetti di recupero edilizio, di riqualificazione urbanistica e paesaggista, su un sistema della mobilità ecocompatibile e, soprattutto, sul sistema del verde.
Verona ha subito uno sviluppo urbanistico ed edilizio equivalente ad una città di oltre 400 mila abitanti, previsione della Variante Generale al PRG (Piano Regolatore Generale) del 1975. Il mancato incremento della popolazione, che è sempre oscillata attorno alle 250.000 unità, ha prodotto oltre 10 mila appartamenti sfitti o sottoutilizzati, oltre a parecchi capannoni e strutture produttive dismesse, con un enorme consumo di suolo. Quindi oggi non si dovrebbe prevedere alcun aumento di cubature residenziali e incentivare invece la riconversione o l’abbattimento di tanti edifici e capannoni incongrui con l’ambiente, realizzati dagli anni ’60 in poi, che danneggiano il territorio e il paesaggio.
La nuova pianificazione dovrebbe basarsi sui progetti di recupero edilizio, di riqualificazione urbanistica e paesaggista, su un sistema della mobilità ecocompatibile e, soprattutto, sul sistema del verde. Il territorio veronese ha una percentuale di verde urbano inferiore al 5% ed una percentuale di zone protette fra le più basse in assoluto. Nonostante ciò, Verona non ha mai predisposto i Piani Ambientali previsti per le singole zone protette SIC (Siti di Importanza Comunitaria) e ZPS (Zone Protezione Speciale). Da considerare che Verona è una delle città più inquinate d’Italia. La posizione geografica, la carenza di venti e le troppe strade e autostrade vicine ai centri abitati hanno contribuito a farle raggiungere questo triste primato. Per ripulire l’aria che respiriamo è necessario ridurre il traffico privato a motore, il riscaldamento a gasolio e aumentare le aree verdi piantumate.
Progetto Preliminare di Piano. Nel lontano 1993, con il Progetto Preliminare di Piano o Piano di Salvaguardia, veniva considerato il sistema del verde che prevedeva: il blocco di ogni nuova lottizzazione; la definizione dei limiti urbani della città da non superare con nuove aree di espansione; la protezione delle aree ambientalmente più fragili e preziose; l’individuazione di nuove centralità; il recupero della qualità dello spazio pubblico: piazze, corsi, viali; il consolidamento del sistema insediativo agricolo, in funzione della sua salvaguardia produttiva e ambientale; la definizione delle aree ARU (Aree di Riqualificazione Urbanistica) con precisi vincoli per l’operatore privato; i criteri per tutelare i centri storici; il parco dell’Adige redatto dal professor Sandro Ruffo con i suoi collaboratori; l’integrazione dei quattro sistemi di programmazione territoriale: quello residenziale, quello produttivo, quello viabilistico e quello ambientale; nel sistema della mobilità era prevista una linea di tramvia elettrica su sede fissa ed esclusiva.
Probabilmente quel piano non sarebbe mai stato approvato in un periodo diverso da quello di Tangentopoli, quando il timore per le inchieste della Procura aveva permesso che l’urbanistica non fosse più il prodotto tra il fattore economico e quello politico e i progettisti solo dei notai. Ma durò poco. Il Piano di Salvaguardia, dopo tre anni fu fatto scadere dalla Giunta guidata dal sindaco Michela Sironi e non più rinnovato. In tal modo si sono potute esaurire e cementificare gran parte delle aree ancora verdi che, nella Variante Generale del 1975, erano previste edificabili per una città di 410.000 abitanti. La speculazione edilizia aveva vinto ancora una volta. Tutto questo a scapito della qualità urbana e del sistema del verde.
Conseguenze. Infatti, in 26 anni: il Parco dell’Adige, rispetto al progetto originale del professor Ruffo, è stato molto ridotto ed è trascurato: a Corte Molon si sono fatte operazioni inopportune; sul letto dell’Adige si è realizzata una struttura ingombrante per lo slalom delle canoe e ora si ipotizza un meccanismo per il surf artificiale; al centro Bottagisio si è costruito un edificio e delle strutture che incombono sul fiume e che hanno bloccato la passeggiata da Ponte Catena alla Diga; il Parco della Collina è stato dimenticato e si sono concessi troppi permessi per costruire grazie alla legge regionale sugli annessi rustici; il Parco delle Mura dovrebbe essere inserito nella Variante 29. Vedremo se finalmente sarà inserito in una variante urbanistica; il Parco della Spianà si è trasformato in un’area su cui realizzare qualunque struttura che possa ospitare attività sportive, con la conseguente aggiunta di negozi, ristoranti, bar ed alberghi. Ora si parla addirittura di un nuovo stadio; il Parco allo Scalo Merci della Ferrovia è stato promesso in campagna elettorale. Vedremo se il Comune troverà un accordo con i proprietari, le Ferrovie dello Stato.
Sistema del verde. Comunque, rimane il fatto che sarebbe necessario considerare il sistema del verde come uno strumento di base per ricucire organicamente il territorio comunale. Sarebbe quindi opportuno realizzare un Anello Verde, lungo oltre una trentina di chilometri, sull’esempio delle Green belt inglesi, ma con un valore aggiunto molto più qualificante, perché unirebbe, tutelandoli, tre sistemi ambientali diversi di grande valore paesaggistico: la collina, l’Adige e la pianura. L’idea riprende una proposta del 2007, del compianto Carlo Furlan di Legambiente.

L’anello verde
Anello verde. A sud verrebbe ritagliato un anello verde, sulle aree agricole rimaste libere dall’edificazione, le quali, con una fascia di larghezza variabile da un centinaio a oltre mille metri, abbraccerebbe, in un continuum verde, i forti, le antiche corti agricole e le cave, sia quelle dismesse, che quelle attive ma destinate alla chiusura. Collegherebbe i forti extra moenia, realizzati dagli austriaci e per gran parte in stato di abbandono: Santa Caterina, Tomba, Azzano, Dossobuono, Lugagnano, San Zeno, Chievo, Parona, San Procolo, sono strutture che si trovano nei quartieri di Borgo Roma, Golosine, Santa Lucia, S. Massimo e Borgo Milano, zone che hanno pagato e stanno pagando il prezzo più alto in termini di cementificazione del territorio, scarsità di verde, inquinamento e terreni agricoli dequalificati.
Raggi verdi. Da questo anello partirebbero dei raggi verdi che, con percorsi ciclo-pedonali, sfruttando anche i sentieri campestri esistenti, si allaccerebbero al sistema radiale dei percorsi per collegarsi e comunicare con le aree a parco e piantumate come il proposto Scalo Merci della Ferrovia, la Spianà, il parco dell’Adige nord e sud, quello delle mura e della collina.
Cave. Inoltre, nella piana alluvionale, in corrispondenza con l’andamento della cerchia dei forti, per reperire materiale per l’edilizia, sono nate numerose cave le cui voragini segnano il territorio in modo impressionante. In alcuni casi, come l’ex cava Speziala a San Massimo, si sono trasformate in ambienti rinaturalizzati con abbondanza di piante e di fauna selvatica. Il sistema delle cave dismesse, può contribuire a dotare le zone periferiche di autentici polmoni verdi.
Corti rurali. Anche le antiche corti rurali, alcune di pregio architettonico, che documentano la destinazione agricola che aveva il territorio di pianura, sono diventate estranee al contesto e potrebbero trasformarsi in opportunità per attrezzare l’intero sistema del verde.
Il secondo anello verde. Un secondo anello verde sarebbe rappresentato dal parco delle mura che comprende: l’intera cinta delle mura magistrali per circa dieci chilometri; le fortificazioni della parte collinare: sarebbero interessate le quattro Torri Massimiliane e i forti Biondella, San Leonardo, San Mattia, Sofia e Preara. Potrebbero rappresentare l’opportunità di organizzare sedi per attività coerenti con la cultura dei parchi, dell’agricoltura biologica etc… A nord, l’anello avrebbe una larghezza di diversi chilometri in quanto definito dalle aree protette (Parco dell’Adige, Parco delle Mura, zone SIC e di tutela Naturalistica e Ambientale). In questo modo si costituirebbe un Sitema del verde che ricucirebbe le diverse zone del territorio comunale, ora separate da barriere viabilistiche e/o ferroviarie, che avrebbe un’importanza fondamentale nel trattenere le polveri sottili, assorbire la CO2, raffrescare l’ambiente e contribuire alla biodiversità. Da evidenziare che le fortificazioni militari, che nei secoli hanno definito la struttura urbanistica della città e che ne hanno determinato il carattere e la conseguente chiusura ai movimenti più innovatori, ora rappresentano un’eccezionale opportunità di dotare il nostro territorio di un sistema del verde a scala comunale.
Giorgio Massignan
VeronaPolis

Giorgio Massignan è nato a Verona nel 1952. Nel 1977 si è laureato in Architettura e Urbanistica allo IUAV. È stato segretario del Consiglio regionale di Italia Nostra e per molti anni presidente della sezione veronese. A Verona ha svolto gli incarichi di assessore alla Pianificazione e di presidente dell’Ordine degli Architetti. È il responsabile dell’Osservatorio VeronaPolis e autore di studi sulla pianificazione territoriale in Italia e in altri paesi europei ed extraeuropei. Ha scritto quattro romanzi a tema ambientale: "Il Respiro del bosco", "La luna e la memoria", "Anche stanotte torneranno le stelle" e "I fantasmi della memoria". Altri volumi pubblicati: "La gestione del territorio e dell’ambiente a Verona", "La Verona che vorrei", "Verona, il sogno di una città" e "L’Adige racconta Verona". giorgio.massignan@massignan.com
