Il problema dell’emissione di inquinanti da traffico, che si innesta con il tema più globale dei cambiamenti climatici, oggi è affrontato come ordinaria amministrazione e non come è realmente: una emergenza, un pericolo che gli scienziati continuano a segnalare nell’indifferenza generale. Anzi, sembra che facilitare la mobilità automobilistica sia diventata una priorità. Basti pensare alle recenti proposte di Legge per alzare il limite di velocità sulle autostrade a 150 Km/ora. Lascia stupefatti anche il criterio di inserire come parametro negativo per la realizzazione della TAV il mancato introito dei pedaggi autostradali e delle accise sulla benzina, quando invece il trasporto su rotaia andrebbe incentivato su tutto il territorio nazionale.
Ma va in questo senso anche la bizzarra proposta di far circolare le biciclette in contromano. Quest’ultima idea sembra favorire i ciclisti in quanto si sostiene che far andare le bici contromano nei sensi unici avrà un effetto deterrente sulla velocità delle auto perché gli automobilisti saranno così costretti ad andare più piano e a stare più attenti. Tuttavia in questo modo si trasforma il ciclista in una sorta di dissuasore alla velocità delle auto, mentre sarebbe sicuramente più efficace vietare il transito ai motoveicoli dei non residenti. Non è mettendo in conflitto automobilisti con ciclisti ma riducendo il numero delle auto che si aumenta la sicurezza e la qualità dell’aria.
Con questi provvedimenti ci stiamo sempre più mettendo in un girone perverso che non vuole affrontare il problema essenziale: la mobilità urbana per come è governata oggi è incompatibile con una gestione sana dell’ambiente. Nei giorni in cui la pessima qualità dell’aria si va configurando non come eccezione ma come norma a Verona si cincischia con soluzioni tampone come la decisione se far circolare o meno le auto Euro4 o il timido tentativo, apprezzabile ma insufficiente, di chiudere per qualche giorno al traffico alcune strade in periferia.

Corso Porta Nuova, Verona
Ma in sostanza quali sono le principali soluzioni strutturali per ridurre la quantità di inquinanti da traffico? Il trasporto pubblico incentrato sul nuovo filobus nasce già vecchio e servirà a poco perché circolerà non in corsia riservata ma sarà ancora condizionato dalla viabilità automobilistica, la quale, pur essendo la maggior imputata dei guai urbanistici, continua a beneficiare dell’attenzione politica come la rinata proposta di un nuovo traforo come mezzo miracoloso per risolvere i problemi viabilistici. Mentre in molte città europee e in città come Ferrara, Bolzano, Belluno, Cesena, Pesaro, Parma, le ciclabili sono competitive con l’automobile, a Verona i percorsi per le biciclette sono scarsi, frammentari e mal progettati.
Come si può pensare di incentivare la gente ad andare in bicicletta quando le ciclabili non arrivano ai luoghi di lavoro e agli uffici pubblici come in ZAI, alle Poste centrali, alle Agenzie delle Entrate, all’ AGSM, alla Questura, all’ Ospedale di Borgo Trento, allo Stadio, etc? È cronaca di questi giorni che in Via Pasteur in Zai anche chi osa attraversare la strada pur con la bici a mano, illuminata e sulle strisce pedonali, rischia la vita per l’eccessiva velocità delle auto. Oppure, quando esistono, le piste ciclabili sono insicure come quella principale in Corso Porta Nuova che è nota come essere un pericoloso slalom tra le auto parcheggiate e i pedoni e di notte completamente al buio.
In Italia c’è il record europeo di auto per abitante e secondo una ricerca dell’International Transport Forum pubblicata sul sito Bikeitalia.it è anche il paese con più morti in bicicletta al mondo in proporzione ai chilometri percorsi. Nonostante ciò comporti ingenti costi economici, sociali e umani, la presenza incombente delle automobili nelle nostre città è diventata ineluttabile, tanto che ha finito con il condizionare gli amministratori pubblici, i quali hanno talmente radicato questo ovvio culturale che faticano pensare a soluzioni strutturali e definitive senza questi mezzi.
Alberto Ballestriero
VeronaPolis

Alberto Ballestriero. La campagna e il paesaggio sono una presenza costante nella sua vita. Ha lavorato come funzionario nella gestione di canali e opere agrarie presso uno dei più importanti Consorzi di Bonifica del Veneto. Dopo la qualifica nel settore del verde progetta parchi e giardini, alcuni dei quali pubblicati. È socio dell’AIAPP (Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio). Per diversi anni è stato responsabile del settore verde urbano della sezione veronese di Italia Nostra. Ha pubblicato il libro “Confini Connessioni Scenari – divagazioni di un giardiniere sul paesaggio”. È socio fondatore dell’Osservatorio territoriale VeronaPolis. ballestriero@gmail.com

Andrea Modenese
11/03/2019 at 13:54
La famosa e tanto attesa analisi costi/benefici avrebbe dovuto essere rispedita al mittente per la scelta assurda di considerare tra i parametri economici, il mancato introito delle accise sui carburanti ! Ma non stupisce: nelle ultime settimane da più parti si ragiona di auto elettrica come sostituzione dell’auto tradizionale. L’industria ha forse capito che i tempi stanno cambiando e si adegua, cercando di mantenere il profitto. La politica si prostra e abbozza. Ma se non si progetta la riduzione del parco circolante in favore del trasporto pubblico, si sposta il problema
Alberto Ballestriero
08/03/2019 at 12:48
Mi fa piacere che l’articolo abbia suscitato interesse ma mi rincresce il fraintendimento di Donatella e Luciano e che Marastoni mi creda “ancora fermo all’idea che il solo modo di rendere sicura la circolazione per le bici nelle città è di fare piste ciclabili dappertutto”. Non ho mai detto questo e non lo penso. Il mio intervento, forse troppo sintetico nel riferimento ai sensi unici, intendeva mettere l’accento sul fatto che in genere nelle città la viabilità riservata a pedoni, biciclette e mezzi pubblici è irrisoria rispetto a quella riservata alle automobili con i noti effetti negativi. Quindi credo che ridurre le auto in circolazione sia uno dei primi obiettivi per ottenere più sicurezza per tutti e aria più pulita. Ciò si può raggiungere non solo con la creazione di nuove piste ciclabili, ma creando nuove ZTL, creando corsie riservate per gli autobus, ma anche chiudendo al traffico di attraversamento molte strade secondarie ad interesse locale. In sostanza disincentivando l’uso dell’auto. Mi rendo conto che non sono decisioni facili ma mi pare che solo raggiunto l’obiettivo di ridurre le automobili, e quindi di ridurre le probabilità di rischio, ha senso ipotizzare soluzioni come quella di far andare le bici in ‘senso opposto a quello di marcia rispetto agli altri veicoli’. Ad esempio mi sembra che in Via Cesiolo andare ‘contro-senso’ sarà certamente più sicuro se le auto saranno solo quelle dei residenti. Non vorrei inoltre che applicare questo provvedimento in una città come Verona, dove si sta facendo poco per migliorare una ciclabilità frammentaria e spesso pericolosa, diventasse un alibi per fare ancora meno.
Luciano Lorini
07/03/2019 at 23:45
Caro Alberto,
mi trovo sostanzialmente d’accordo in merito ai molti contenuti del tuo intervento. Osservazioni limpide e di buonsenso, che sottendono la ricerca di un nuovo equilibrio nella politica della mobilità cittadina, per uscire dal circolo vizioso della schiavitù dell’auto privata, in nome di una maggiore attenzione a pedonalità, ciclabilità e trasporto pubblico. Abbiamo tante cose in comune, lo sappiamo, e su queste ci confrontiamo spesso con buono spirito di collaborazione.
Solo in riferimento al “contromano” dei ciclisti è un vero peccato e mi duole sinceramente constatare che, nonostante il grande impegno di FIAB a veicolare un messaggio corretto e chiaro, ci troviamo ancora ad osservare l’inefficacia del nostro comunicare. Lo abbiamo scritto su tanti supporti, di carta e “di vento” (sui social); abbiamo risposto anche su questo giornale ad analoga osservazione del buon Gianfalco; è stata convocata una conferenza stampa per bene spiegarlo ai media (che hanno poi sbagliato titoli e didascalie); si sono insomma impiegate energie a profusione, sperando che il messaggio potesse raggiungere almeno i più vicini, quelli sensibili, i tanti amici che sappiamo sintonizzati sulla nostra stessa lunghezza d’onda. E invece…
E invece ci rendiamo conto che qualcosa non sta funzionando, che il martellare dell’opinione pubblica mainstream è evidentemente più efficace, se ancora si parla di contromano; se ancora si percepisce pericolo quel che in tutta Europa è sinonimo di maggior sicurezza; se ancora si sorride con un pizzico di ironia di fronte a provvedimenti che appaiono secondari nel pensiero comune, mentre sono considerati imprescindibili dalla comunità dei ciclisti. Dobbiamo evidentemente impegnarci di più, molto di più, per raccontare che i provvedimenti in fase di discussione parlamentare in questi giorni non sono affatto bizzarri, ma fondamentali per l’affermazione della ciclabilità urbana, per la definizione stessa di nuove “regole di ingaggio” dello spazio comune (che non è proprietà esclusiva delle auto) sulle nostre strade, per la costruzione di un paradigma di convivenza che imposti su basi di rispetto e condivisione le nuove regole del Codice della Strada. Non è una guerra, non ci sono contrapposizioni (e siamo tutti sia ciclisti sia altro: pedoni, motociclisti, automobilisti…); è un passo evolutivo, questo, che è urgente compiere.
I testi di comunicazione ci insegnano che quando il messaggio ricevuto differisce (a maggior ragione se in modo tanto macroscopico e unitario) dal messaggio trasmesso, la responsabilità evidentemente non è del ricevente, ma del mittente. O del rumore di fondo, che del messaggio impedisce una corretta trasmissione. Rumore di fondo che mai come in occasione di questo dibattito attorno al “senso unico eccetto bici” mi è parso di percepire assordante, quasi teso consapevolmente a screditare (più che altro per paura della novità) l’affermarsi di una tesi. Ma non sono un complottista e, considerata l’ampiezza e la sicura buona fede di tante fonti (come nel tuo caso), tendo piuttosto ad imputare l’errore a un gigantesco abbaglio collettivo, un misunderstanding di enormi proporzioni, che reca nel suo argomentare un potenziale altamente distruttivo per quello che sarebbe invece un ottimo (ed economico) provvedimento, rivoluzionario e “pronto all’uso” per molte amministrazioni. Mi auguro davvero che i nostri decisori (le audizioni in Commissione delle associazioni e dei tecnici si sono concluse in questi giorni) sapranno guardare avanti con coraggio e determinazione, nonostante il “sentire della gente”, in nome di quelle buone novità che, nel tempo, non potranno che essere apprezzate trasversalmente e unanimemente.
Redazione2
08/03/2019 at 09:03
Per tutte le ragioni che esponi, Luciano, da sempre chiedo la disponibilità da parte di voi esperti per una collaborazione continua con Verona In sul tema della mobilità. Se i media di settore non bastano, perché vengono perlopiù letti dagli addetti ai lavori, e se la stampa “tradizionale” risulta poco adatta per una “formazione permanente” allora qualche riflessione sulla strategia di comunicazione da utilizzare andrebbe proprio fatta. g.m.
Corrado Marastoni - presidente FIAB Verona Amici della Bicicletta Onlus
07/03/2019 at 22:55
Gentile Ballestriero, spiace notare che nemmeno lei, persona particolarmente sensibile alle tematiche della mobilità sostenibile, dia prova di aver compreso il significato del “senso unico eccetto bici”, provvedimento che, necessariamente accompagnato dal limite a 30 km/h, è adottato da anni in tutta Europa (tranne che da noi, in Grecia e alcuni paesi dell’Est) e, dati alla mano, dove applicato ha dato prova della sua grande efficacia rendendo il traffico più calmo e attento, incentivando gli spostamenti in bici ed abbassando l’incidentalità. Qui invece siamo ancora fermi all’idea che il solo modo di rendere sicura la circolazione per le bici nelle città è di fare piste ciclabili dappertutto, non di rendere la città più permeabile e facile da vivere per chi si muove in modo attivo e meno agevole per chi invece insiste a usarvi mezzi privati a motore anche quando non necessario.
Mi permetto di segnalare, a lei e ai lettori, la pagina del nostro sito dove cerchiamo di fare chiarezza su questa questione, purtroppo regolarmente fraintesa: https://www.fiabverona.it/senso-unico-eccetto-bici-facciamo-chiarezza/
Donatella Miotto
07/03/2019 at 21:50
D’accordo su tutto Alberto, ma quanto dici rispetto alla “bizzarra proposta di far circolare le biciclette in contromano” è inesatto e fuorviante. D’altra parte ben pochi hanno capito di che si tratta (anch’io ci ho messo un po’ inizialmente!). Strade a “senso unico accetto bici” o “doppio senso ciclabile” si trovano in molte città europee, in particolare quelle dove si è scelto appunto di favorire la mobilità sostenibile e l’uso della bici in alternativa all’auto. Anche da noi esiste, in via Carducci anche se la segnaletica e i pittogrammi sono assai sbiaditi. La proposta ora in discussione è quella di consentire il doppio senso ciclabile limitatamente ad alcune strade in zone 30, previo valutazione dei tecnici. Pensa a chi da quartiere Pindemonte volesse andare in bici verso il centro. L’alternativa è tra la trafficatissima via Mameli – stretta per 4 corsie – e la tranquilla via Cesiolo da percorerre in controsenso. Ognuno può valutare la scelta più sicura… Riempire tutta la città di piste ciclabili sarebbe bello ma è di fatto impossibile sia per motivi tecnici che economici. Le misure di moderazione del traffico sono più semplici e spesso più efficaci, consentendo ai ciclisti percorsi più diretti veloci e convenienti. Questo aumenta il numero di biciclette e diminuisce quello delle auto. E se aumenta il numero di biciclette i ciclisti sono più sicuri.