Dalla Soprintendenza e dal Genio civile arriva il via libera al progetto del Canoa Club Verona per la creazione di un impianto per onde da surf a valle della diga del Chievo. Il progetto, presentato lo scorso dicembre dai canoisti e sostenuto dal consigliere comunale di Forza Italia Andrea Velardi, verrebbe realizzato sulla sponda destra del fiume, in posizione opposta rispetto al campo slalom antistante il centro sportivo Bottagisio. L’intenzione è quella di creare, nell’alveo del fiume, un piccolo bacino a monte che, unito a uno scivolo, crei un’onda artificiale fissa rispetto alla riva. L’onda sarà navigabile con diversi livelli d’acqua, anche in caso di periodo di magr, e in caso di piena l’impianto verrebbe sommerso.
Secondo la relazione tecnica presentata in Comune dal Canoa Club Verona, l’impianto è “finalizzato alla formazione di un’onda di risalto da surf della larghezza di circa dieci metri per consentire lo svolgimento di allenamenti e gare di Freestyle e Rodeo kayak, che è opportuno non interferiscano con l’attività del campo slalom realizzato e attrezzato secondo le finalità specifiche della disciplina dello slalom”. Il progetto si compone di due elementi: “un elemento di invito e una sponda di confinamento del campo di allenamento”.

Progetto onda da surf sull’Adige
Per quanto riguarda l’elemento di invito, in modo analogo a quanto già fatto sulla riva sinistra per il campo slalom, sarà creata una sorta di “soglia” inclinata permeabile, quasi perpendicolare al corso del fiume, per un tratto lungo circa 20 metri, al fine di convogliare il deflusso nel canale in condizioni di magra. La sistemazione fluviale verrà realizzata con pietrame sciolto di medie dimensioni (“pietrame di cava compatto e non gelivo, con peso specifico = 2300-2800 kg/m3 e pezzature da 200 kg a 500 kg circa”), in opera a secco e senza leganti chimici, con larghezza di circa 1 metro e altezza molto limitata rispetto al fondo attuale, al fine di mantenere il livello della soglia qualche centimetro al di sotto del pelo d’acqua in condizione di magra, e al tempo stesso non creare problemi in condizioni di piena. Per realizzare tale soglia sarà necessario eseguire uno “scavo di sbancamento” profondo circa 40 centimetri, al fine di ospitare il pietrame sciolto e di evitare che le pietre più piccole vengano trasportate via dalla corrente del fiume. Al termine dell’elemento di invito verrà posta una strettoia per lasciare un varco di circa 10 metri, insieme a una soglia di pavimentazione al fine di uniformare l’onda e di impedire l’erosione del fondo.
Per quanto riguarda la sponda di confinamento in scogliera, sarà costruita parallela alla riva sinistra, per una lunghezza complessiva di circa 10 metri, e ad una distanza variabile di circa 15 metri dalla riva destra, una quota di sommità di circa 1 m (rispetto al pelo libero dell’acqua in condizione di magra) e larghezza della sommità stessa di circa 2 metri, per consentire il passaggio agevole del personale. Il pietrame verrà posizionato in modo da poter accedere alla sponda dall’acqua tramite una gradinata. La sponda sarà costituita da pietrame sciolto di cava di grande pezzatura (“verranno impiegati massi ciclopici con peso specifico = 2700-2800 kg/m3 e pezzature da 1,5 t a 7 t circa”), con caratteristiche simili a quello utilizzato per la realizzazione delle scogliere esistenti sulle rive dell’Adige. Verranno inoltre integrate le difese della sponda stessa “con la posa di pietrame di cava compatto e non gelivo con peso specifico = 2300-2800 kg/m3 e pezzature da 200 kg a 500 kg circa”, posato a modo da creare una specie di gradinata di accesso all’onda dall’alzaia.
Nella presentazione del progetto si sottolinea che il già presente impianto sportivo dedicato allo slalom, preso come esempio, “ha bene sopportato la pressione idraulica della piena di novembre 2018 mantenendo integrità e funzionalità pur essendo stato realizzato mediante posa di pietrame privo di leganti”, come accadrà per il nuovo impianto. L’ipotesi progettuale sottolinea inoltre che “l’onda non interrompe la risalita del fiume”, perché “ossigena l’acqua e offre ai pesci rifiuto tra le pietre”. Precisa poi che “la scogliera a sfioro costituisce un filtro naturale con sabbia ed alghe e contribuisce a depurare l’acqua del fiume”.
«L’intervento è stato valutato compatibile con i valori paesaggistici dell’ambito tutelato» spiega la Soprintendenza che abbiamo interpellato, perché «consiste nella realizzazione di un breve tratto di massicciata di pietre posate in opera a secco e senza leganti chimici, che non comporta tra l’altro la modificazione delle sponde fluviali». Per quanto riguarda invece gli aspetti idrogeologici «non sono di competenza della Soprintendenza».
Le prime critiche al progetto sono arrivate da Michele Bertucco, consigliere comunale di Verona e Sinistra In Comune: «I danni causati dall’ultima piena dell’Adige al percorso da slalom del Bottagisio non sono bastati a comprendere che il fiume non è un parco acquatico» afferma Bertucco, che critica anche le modalità di presentazione del progetto, sottoposto al parere della Sovrintendenza prima di passare dal Comune». Nonostante inizialmente si parlasse di lavori che sarebbero partiti entro la fine di febbraio, per sfruttare il periodo di magra del fiume, e che sarebbero stati conclusi in 15 o 20 giorni, Bertucco è convinto che «il progetto non si realizzerà prima dell’estate, se si avranno tutte le autorizzazioni necessarie». Il consigliere di opposizione avanza critiche anche perché «non si è tenuto conto del Parco dell’Adige Nord, che dal 2008 necessita di un piano gestionale» e denota: «In assenza di strumenti di tutela, il fiume viene lasciato a se stesso e sottoposto a iniziative estemporanee e dannose». Bertucco conclude sottolineando che «è sbagliato creare aspetti artificiali sull’Adige e continuare a portare avanti l’idea del fiume come di un luna park».

Chiara Martinelli
Chiara Martinelli, presidente di Legambiente Verona ritiene che «per un’opera di questo tipo, di scarsa utilità pubblica, che influisce significativamente su un elemento naturale importante come l’Adige, sia necessaria perlomeno una riflessione più approfondita» e sottolinea «l’impatto importante che va a sommarsi con quello del vicino campo slalom». Martinelli evidenzia anche «un’eccessiva privatizzazione di quella zona fluviale» e afferma che «la valorizzazione del fiume passa da altri progetti». La Presidente di Legambiente cita l’articolo 32 delle norme tecniche di attuazione del PAT (Piano di Assetto del Territorio), in cui è scritto che: “Nell’ambito dell’area demaniale di sedime del fiume Adige e degli altri corsi d’acqua pubblici, di risorgive, laghetti ed acque pubbliche in genere, sono ammesse esclusivamente opere idrauliche, ed in ogni caso a salvaguardia e valorizzazione della risorsa idrica e dell’ecosistema”. «È vero che la zona non è in area SIC – dichiara Martinelli –, ma essendovi comunque molto vicina merita una valutazione attenta dal punto di vista dell’impatto ambientale».
Giorgio Massignan di VeronaPolis afferma: «Un conto è praticare sull’Adige degli sport che le caratteristiche naturali di un fiume consentono, come la canoa, un altro è cercare di creare artificialmente le condizioni per praticare il surf. Un nuovo incubo per il nostro povero fiume dopo altri progetti analogamente assurdi». Secondo Massignan «tutto questo è illogico e va contro la cultura e la tipicità dell’Adige e del territorio che percorre. Un fiume va conosciuto, amato e tutelato per il suo valore naturalistico, non per svilirlo con strutture artificiali tipiche dei parchi acquatici».
Marisa Velardita, presidente di Italia Nostra Verona, si dichiara «contraria al progetto, in quanto l’area è inserita nel Parco Adige Nord e quindi va tutelata». Velardita definisce «sbagliato intervenire sul fiume, come il Canoa Club già ha fatto con la creazione del percorso per lo slalom. Si tratta di forme di violenza e sfruttamento dell’Adige che non arricchiscono il rapporto fra la città e la natura».

Michele Dall’O
Pure Michele Dall’O, presidente di WWF Verona, critica la realizzazione dell’impianto: «Anche se è vero che la zona tra la diga del Chievo e quella di Santa Caterina non è SIC, la creazione di percorsi artificiali di questo tipo andrebbe evitata in quell’area e in generale». Dall’O afferma che questi progetti, così come «le condizioni in cui si trovano le rive dell’Adige in molti tratti, rappresentano una concezione del nostro fiume distante anni luce da come invece questo andrebbe considerato e di conseguenza trattato».
Allo stesso modo il progetto viene bocciato da Daria Ferrari di Salviamo il Paesaggio Verona: «Sono per la rinaturalizzazione del fiume, perciò mi dichiaro contraria a tutte quelle opere che vanno proprio nella direzione opposta, così come le dighe». Ferrari afferma piuttosto che sarebbe interessante «realizzare progetti per aprire sul centro storico di Verona la possibilità di creare e fortificare il rapporto con l’Adige».
Spiega Bruno Panziera, presidente del Canoa Club Verona, che l’onda da surf che si andrebbe a creare sarebbe analoga a quelle «che si vedono regolarmente sull’Adige, e verrebbe sfruttata dal canoista o da colui che pratica SUP (stand–up paddle) non per cavalcare l’onda, ma per starvi fermo sulla sua cresta». Panziera afferma che «l’allarmismo che si è creato in merito al progetto è probabilmente dovuto anche al fraintendimento di cosa rappresenti l’onda da surf in questione, che non ha nulla a che vedere con la classica onda oceanica a cui si può erroneamente pensare, ma che avrà un’altezza di circa 50 centimetri». Il presidente del Canoa Club sottolinea che «il progetto non va ad intervenire sui flussi dell’Adige né sulla sua portata, ma rappresenta una costruzione accessoria che arricchisce il già presente percorso slalom». Panziera afferma che «non si creano problemi per la creazione di una nuova opera sulla riva opposta» e rassicura sul fatto che «il percorso esistente ha resistito agli ultimi 18 giorni di piena, nonostante sia stato realizzato, come avverrà per il nuovo progetto, senza cemento. L’unica cosa che è stata ricostruita dopo la piena sono stati i pali al centro del fiume, fatti in legno proprio al fine di spezzarsi con l’aumento della pressione dell’acqua, per evitare di creare danni durante un’alluvione». Infine, riguardo alle critiche per il fatto che l’area appartenga al Parco dell’Adige Nord, Panziera precisa che«il fiume Adige è considerato bene demaniale, quindi dello Stato, pertanto non è classificato come parte della zona protetta del Parco, pur dandovi il nome. Proprio per questo motivo si è potuto realizzare il percorso slalom e il nuovo progetto è stato approvato come opera paesaggistica dalla Soprintendenza e come opera idraulica dal Genio Civile».
Carolina Londrillo

Progetto onda da surf sull’Adige

Progetto onda da surf sull’Adige

Marcello
05/04/2019 at 10:02
Non sono uno specialista ma sapere che l’onda da surf che si andrebbe a creare sarebbe analoga a quelle «che si vedono regolarmente sull’Adige, e verrebbe sfruttata dal canoista o da colui che pratica SUP (stand–up paddle) non per cavalcare l’onda, ma per starvi fermo sulla sua cresta» è confortante da una parte ma lascia un po’ increduli sul senso della “performance”. I disegni associati sono troppo piccoli e non aiutano a capire di cosa si tratta, mentre un “video” predisposto sarebbe stato più utile. Ho seri dubbi, comunque, sull’uso estemporaneo dell’acqua dell’Adige: una cosa è fare uno slalom in discesa e su un corso irregolare un’altra cercare di sfruttare situazioni artificialmente prodotte. Mi meraviglia che la cosa sia stata considerata «compatibile con i valori paesaggistici dell’ambito tutelato» da parte della Soprintendenza: a mio parere un fiume andrebbe tutelato meglio, soprattutto «per il suo valore naturalistico, non per svilirlo con strutture artificiali tipiche dei parchi acquatici».
Mario
03/04/2019 at 08:35
Ma cosa vuol dire che l’adige è di tutti… tanto voi non ci andate, anche se fanno una onda da surf che problema c’è?
Giorgio
04/03/2019 at 17:33
Il nostro Adige, nei secoli, ha subito tanti interventi che hanno modificato la sua struttura naturale. Alcuni, come i ponti, hanno permesso di attraversarlo per riunire le due parti di Verona; altri, come i vo’, hanno consentito ai veronesi di accedere alle sue rive; altri ancora hanno sfruttato la sua forza motrice, come i mulini galleggianti; mentre gli ultimi lo hanno allontano e separato dalla sua città, canalizzandolo all’interno dei muraglioni.
La zona cittadina, che da Ponte Catena arriva alla diga del Chievo, aveva mantenuto un certo rapporto con il fiume, che non era stato totalmente separato, come nelle zone più a valle.
Era tutto troppo bello, troppo naturalistico. Qualche anno fa, si è quindi ben pensato di tagliare gli alberi e la vegetazione considerata in eccesso e troppo disordinata e di realizzare delle strade di sicurezza per accedervi, con mezzi a motore, per effettuare il controllo del fiume (sic).
Dopo aver trasformato e rovinato un ambiente ancora integro, hanno interrotto la passeggiata sul lungadige, tra la zona Catena ed il Chievo, costruendo un enorme edificio a pochi metri dalla riva, in fianco ai nuovi campi di calcio del Chievo.
Quindi, sul letto del fiume, si è realizzato un percorso di slalom per le canoe, con pali, cavi, barre e carrucole, che procurano un notevole impatto ambientale.
Ora, sulla riva opposta, si propone di creare una palestra acquatica per freestyle, sup e rodeo kayak; cioè, un impianto che produce onde artificiali per la pratica anche del surf.
Interventi che sarebbero stati compatibili se fatti in un canale artificiale e non in un fiume, che nonostante gli sforzi di questi ultimi 130 anni, non tutto è stato trasformato in un canale.
Non riesco poi a capire come, gli organi competenti alla tutela dell’Adige, abbiano permesso tutte queste operazioni, anzi, qualcuna l’abbiamo proprio realizzata loro, come il taglio della vegetazione e la costruzione di nuove strade.
Se va bene praticare sull’Adige degli sport, che le peculiarità naturali di un fiume lo consentono, come la canoa, non trovo corretto violentare le caratteristiche di un fiume di pianura per trasformarlo in un corso d’acqua adatto ad allenamenti agonistici; o peggio, creare artificialmente le condizioni per praticare il surf.
Un fiume va conosciuto, amato e tutelato per il suo valore naturalistico, non per svilirlo con strutture artificiali tipiche dei parchi acquatici.