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Ambiente,

I tagli indiscriminati della vegetazione lungo le rive dell’Adige

by Alberto Ballestriero01/01/20196 comments
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In questi giorni i tagli a Ponte Catena. Fare tabula rasa di tutta la vegetazione, come viene fatto abitualmente anche con discutibili modalità tecniche, oggi fatica a trovare una giustificazione.

Da qualche giorno a Ponte Catena sono ripresi i lavori di taglio indiscriminato della vegetazione lungo la riva sinistra dell’Adige e si sono subito accese le polemiche tra chi considera il lavoro uno scempio e chi invece plaude alla manutenzione del fiume. Come accade spesso in queste contrapposizioni ognuno resta fermo nelle sue convinzioni con il risultato che non cambia nulla nelle modalità di gestione del corso d’acqua.

Per consentire l’insediamento delle sue attività l’uomo nei secoli ha regolato il libero divagare dei fiumi creando argini, raddrizzando meandri, riducendo le aree di espansione. Confinati in alvei sempre più ristretti, durante le piene il letto dei fiumi doveva essere sgombro da qualsiasi impedimento al libero fluire dell’acqua, perciò togliere la vegetazione che vi cresce spontaneamente è diventata la principale preoccupazione dei curatori dei fiumi.

Decespugliamento totale a Ponte Catena, Verona

Decespugliamento totale a Ponte Catena, Verona

In Italia le norme sulle Opere Idrauliche risalgono ancora al Regio Decreto n° 523 del 1904 e da allora nella gestione poco o nulla è cambiato mentre sono molto cambiate le condizioni ambientali che influenzano i sistemi fluviali. Basti pensare agli stravolgimenti avvenuti in materia urbanistica con l’impermeabilizzazione dei suoli, alla canalizzazione dei corsi d’acqua con la cementificazione delle rive, ai cambiamenti climatici per cui piogge che cadevano in una giornata ora impiegano un’ora. Ma è cambiato anche l’approccio scientifico per cui il fiume non è più visto come un semplice vettore di acqua, ma come un sistema complesso dove convivono elementi minerali, vegetali e animali in continua interazione tra loro, per non parlare dell’importanza che, in ambienti sempre più antropizzati, hanno assunto i fiumi come elementi di difesa ambientale: corridoi ecologici, abbassamento delle bolle di calore, ricreazione, ecc. In sostanza il fiume è uno degli ambienti più ricchi di biodiversità e di valenze paesaggistiche che abbiamo.

Far coesistere questo patrimonio ambientale con la necessità di garantire il passaggio delle portate di piena è oggi il compito che spetta ad una corretta gestione dei fiumi. Ad esempio nei tratti extra-urbani dell’Adige il fiume durante le piene deve avere la possibilità di esondare nelle aree di espansione naturale con una presenza controllata di alberature sulle rive. Al contrario nel tratto urbano del fiume, oramai costretto entro argini in muratura, è evidente che gli alberi d’alto fusto lambiti dalla corrente possono impedire il libero deflusso dell’acqua e costituire un pericolo. Ma in quest’ultimo caso invece la vegetazione erbacea ed arbustiva non rappresenta un pericolo, ma anzi può svolgere un ruolo idraulico, ecologico e paesaggistico importante.

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Canneto in Lungadige Attiraglio, Verona

Ad esempio il canneto di “Phragmites australis” mentre ha la capacità di piegarsi e di non opporre resistenza alle piene, protegge le rive dall’erosione, crea un minimo di scabrezza all’eccessiva velocità dell’acqua, filtra le acque inquinate, scherma i muraglioni di cemento, offre rifugio all’avifauna. Non a caso sia la Regione Emilia Romagna che la Provincia di Trento hanno emanato delle Linee Guida che, mentre escludono il taglio indiscriminato della vegetazione lungo i corsi d’acqua, raccomandano tagli selettivi e diradamenti mirati a mantenere la vegetazione a diretto contatto con la corrente ad uno stadio giovanile e flessibile.

Quindi fare tabula rasa di tutta la vegetazione, come viene fatto abitualmente anche con discutibili modalità tecniche, oggi fatica a trovare una giustificazione. La gestione dei fiumi, oltre all’ingegnere idraulico, oggi richiede anche le competenze del biologo, del forestale, del geologo, del paesaggista È un’operazione sempre più complessa come è complessa e mutevole la natura dei fiumi.

Piena dell’Adige a Ponte Pietra, Verona

Per far fronte a questa complessità oggi c’è anche un nuovo strumento normativo: I “Contratti di Fiume” secondo la deliberazione della Giunta Regionale del Veneto n° 1938 del 23 dicembre 2015. Con i “Contratti di Fiume” i corsi d’acqua possono essere gestiti attraverso decisioni condivise da diversi soggetti interessati come Genio Civile, Comune, Soprintendenza, Scienziati, Associazioni, ecc. che potranno cosi affrontare, una buona volta congiuntamente, problemi come la difesa idraulica, l’inquinamento, la rinaturalizzazione, il miglioramento paesaggistico e molto altro.

Alberto Ballestriero
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Alberto Ballestriero

Alberto Ballestriero

Alberto Ballestriero. La campagna e il paesaggio sono una presenza costante nella sua vita. Ha lavorato come funzionario nella gestione di canali e opere agrarie presso uno dei più importanti Consorzi di Bonifica del Veneto. Dopo la qualifica nel settore del verde progetta parchi e giardini, alcuni dei quali pubblicati. E’ socio dell’AIAPP (Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio). Per diversi anni è stato responsabile del settore verde urbano della sezione veronese di Italia Nostra. Ha pubblicato il libro “Confini Connessioni Scenari - divagazioni di un giardiniere sul paesaggio” E’ socio fondatore dell’Osservatorio territoriale Verona Polis. ballestriero@gmail.com

6 Comments

Veronese de soca

Gennaio 5, 2019

Invece quei tagli andavano fatti, non sono certo quattro orribili canne sbilenche che salvano l’ambiente. Anzi, messe lì com’erano facevano proprio schifo e, trattenendo rifiuti e carogne, attiravano i topi. Chiunque frequenta il lungadige veramente e non solo a parole lo sa. Via le piante e via lo strato di sabbia e fango che rendeva poco accessibile la strada alzaia, cento di questi interventi!

Rispondi
Alberto Ballestriero

Alberto Ballestriero

Gennaio 6, 2019

L’importanza ambientale di quelle “quattro orribili canne sbilenche” è confermata da numerosi trattati alcuni dei quali denunciano preoccupati la loro scomparsa come lo “Studio della regressione di ‘Phragmites australis’ in Italia centrale” dell’ Università degli Studi di Perugia. Basta consultare inoltre i testi di ecologia o di ingegneria naturalistica per rendersi conto di quanto incide la presenza di questa pianta nella difesa ambientale delle coste, per la conservazione della biodiversità , come indicatore dello stato di conservazione degli ecosistemi acquatici, etc. Affermare poi che bisogna tagliare la vegetazione perché ferma i rifiuti è un’interessante soluzione da proporre anche per il verde urbano sul quale spesso si fermano plastiche e sacchetti portati dal vento. Mi sembra che “il veronese de soca” abbia giustamente qualche ritegno a mettere la firma ad affermazioni del genere.

Rispondi

Veronese de soca

Gennaio 6, 2019

Prescindendo dal fatto che potrei firmarmi Paolo Oliboni, Franco Salaorni o Giulio Righetti, tanto per citare qualche nome verosimile ma non per questo vero, che la potrebbe benissimo infinocchiare, caro sig. Ballestriero, non è certo il firmarsi con un nome di fantasia che sminuisce il valore di un intervento. Forse a lei fa comodo pensarlo, data la debolezza e la genericità degli argomenti che sostiene. Nel parlare di vegetazione ripariale fa di tutta l’erba un fascio quando mette sullo stesso piano un torrente alpino o un fosso di campagna con le sponde ampiamente e da decenni artificiali del tratto urbano del fiume Adige, che assolvono per fortuna anche a una funzione di pubblico utilizzo visto che un sacco di gente ci va a correre, passeggiare, pescare, ecc. Ma che la gente comune abbia piacere a passeggiare in scarpe basse sui lungadigi di Verona a lei evidentemente non importa men che meno, anzi probabilmente le dà fastidio che questa gente possa disturbare, al limite, la cova di due anarete. Impari a distinguere le diverse situazioni prima di scrivere il solito pistolotto ambientalista e lasci perdere queste battaglie di retroguardia che fa solo sorridere.

Rispondi
Redazione2

Redazione2

Gennaio 7, 2019

Entriamo nel merito come giornale riguardo la firma nei commenti: si tratta di un’assunzione di responsabilità. Eccedere nei confronti del proprio interlocutore diventa facile dietro anonimato, più difficile se ci si mette la faccia. Diciamo che non è “elegante” lasciarsi andare con le parole senza poi portare il peso di quanto si afferma.

Rispondi
Alberto Ballestriero

Alberto Ballestriero

Gennaio 7, 2019

Sig. “Veronese de soca” credo che lei non abbia letto bene il mio intervento visto che non parlo ne di torrenti alpini ne di fossi. Anzi in relazione all’Adige ho cercato di mettere in evidenza la necessità di azioni di manutenzione diverse per il tratto extraurbano e per quello urbano canalizzato per il quale, basandomi su anni di esperienza professionale nella gestione dei corsi d’acqua e su provvedimenti attuati da altre amministrazioni pubbliche, auspicavo una migliore convivenza degli aspetti idraulici con quelli paesaggistici. Questi ultimi tra l’altro sono il motivo principale per cui lei, il sottoscritto e centinaia di altre persone percorriamo quotidianamente la strada alzaia dell’Adige. Preferiamo l’Adige per vedere un ambiente vicino alla natura, altrimenti non le pare che potremmo andare a passeggiare con le nostre ‘scarpe basse’ su qualsiasi altra strada cittadina? Le ricordo infine che con i suoi nomi fasulli non infinocchia il sottoscritto ma se stesso qualificandosi come colui che non ha il coraggio delle proprie idee.

Rispondi

Giorgio Massignan

Gennaio 8, 2019

Chiedo alla redazione di Verona In di non pubblicare i commenti anonimi. Coloro che hanno argomentazioni valide, espressioni non offensive e soprattutto il coraggio delle loro azioni, non hanno motivo di nascondersi dietro falsi nomi.

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