Nelle città contemporanee, il problema della mobilità risulta essere uno dei più importanti e con le maggiori difficoltà di soluzione. I romani realizzarono la città di Verona all’interno dell’ansa dell’Adige e nei secoli successivi la presenza del fiume e delle colline ne hanno condizionato lo sviluppo urbanistico e la mobilità. Le antiche strutture urbane del passato e lo sviluppo urbanistico della città a cerchi concentrici attorno al centro storico, hanno reso problematici gli spostamenti e la mobilità.
Inoltre, Verona, dopo Roma e Firenze, ha il centro storico più rilevante e intatto d’Italia ma, essendo caratterizzato da una formazione medievale, i relativi spazi e percorsi male si adattano al passaggio delle automobili. Verona, per la sua posizione, per la sua morfologia con la conseguente carenza di ricambio d’aria e per la presenza di un elevato flusso di traffico sulle tratte stradali ed autostradali, la rendono particolarmente soggetta all’inquinamento atmosferico.
Se a queste peculiarità strutturali si aggiunge la difficoltà che hanno avuto le nostre amministrazioni a prendere delle decisioni chiare in tema dei trasporti, cercando la grande infrastruttura viabilistica quale panacea per ogni problema, anziché progettare un sistema strutturale sulla mobilità, organico al tessuto urbanistico del territorio ed a basso impatto ambientale, si può capire perché la situazione della mobilità sia diventata uno dei problemi più urgenti e difficili da risolvere. A Verona, ogni giorno circolano in città oltre 150 mila auto: la metà nelle ore di punta.
È necessario che lo Stato e le Pubbliche Amministrazioni intervengano per passare dall’attuale modello della mobilità, basato sul trasporto privato su gomma, ad uno impostato sul trasporto pubblico su rotaia. Rammento che sono oltre 35.000 gli italiani che ogni anno muoiono a causa dell’inquinamento atmosferico.
L’Amministrazione attuale, in attesa del P.U.M.S. (Piano urbano della mobilità sostenibile), sta per iniziare i lavori di un sistema di filobus, che ritengo non adatto a risolvere i problemi della mobilità a Verona. Innanzitutto la loro portata è limitata a 140 persone per mezzo; complessivamente i 39 filobus previsti, potrebbero servire 5.460 utenti. Ricordo che gli attuali 40 autobus autosnodati, ne portano ciascuno 165, 25 in più dei filobus. Mi chiedo perché, invece di investire nei più ingombranti ed impattanti filobus, non si acquistano gli autobus autosnodati che hanno una portata superiore e che possono essere alimentati da batterie elettriche, quindi senza fili che incombono.
Inoltre, i filobus in programma, considerate le loro dimensioni, causerebbero una serie di pesanti inconvenienti alle strutture urbane esistenti. Il collo di bottiglia di via San Paolo ne è un esempio; ma anche la riduzione in larghezza di alcune vie molto trafficate, come via Mameli, che dovrà cedere, per ogni direzione di marcia, lo spazio necessario per creare un percorso preferenziale ed esclusivo per i filobus. Per ovviare a tale inconveniente si renderebbe necessaria la costruzione, dove possibile, di strade parallele e/o alternative per ospitare il flusso di traffico automobilistico in eccesso. Per questo ritengo più conveniente rinunciare ai finanziamenti già stanziati per il filobus e studiare altre soluzioni che, alla fine, potrebbero risultare complessivamente meno costose e più efficienti.
Comunque, una sola opera non potrà mai risolvere il problema del traffico. Il sistema della mobilità andrebbe progettato organicamente con le scelte urbanistiche sull’uso del territorio. Ritengo che si debba partire da un piano della mobilità che preveda di cambiare il modello dei trasporti urbani, privilegiando quello pubblico e quello ciclabile, oltre che ridurre quello privato a motore. Inoltre, andrebbero analizzati anche i diversi attrattori di traffico e le ore di maggior intensità dei flussi nelle arterie che li servono, per programmare e differenziare le aperture e le chiusure degli stessi.
È ormai accertato che le attuali infrastrutture viabilistiche non sono in grado di rispondere, non solo all’aumento del traffico che produrranno le nuove attività approvate dalle recenti scelte urbanistiche, ma anche a quello attuale. Mantenere lo stesso modello di mobilità significherebbe rendere invivibili e impraticabili ampie zone del territorio veronese. La scelta di puntare sul mezzo di trasporto pubblico dovrebbe essere decisa e radicale e rappresentare una reale alternativa a quello privato a motore, non un suo complemento.
A tale riguardo, torno a proporre un sistema basato sulla tramvia elettrica che, su sede fissa ed esclusiva, possa essere la spina dorsale del piano urbano della mobilità. Una tramvia elettrica che da Verona est, provenendo da San Bonifacio, arrivando in Borgo Venezia, indirizzi un ramo verso Grezzana; continui il percorso costeggiando le mura magistrali, sbocchi in via Pallone, attraversi Piazza Bra e percorra Corso Porta Nuova; poi un ramo si diriga verso Verona sud; uno prosegua verso l’aeroporto Catullo; uno verso la stazione-stadio-Borgo Milano; ed un terzo verso Borgo Trento. Quindi un ramo si diriga verso la Valpolicella per giungere ad Affi ed a Garda, riprendendo, dove possibile, il vecchio tragitto della ferrovia Verona-Caprino. In alcuni tratti, per esempio da San Bonifacio a Verona, sarebbe possibile utilizzare le rotaie ferroviarie.
Alla rete della tramvia, andrebbe collegato un sistema di minibus elettrici, che dai parcheggi scambiatori, localizzati all’esterno del tessuto urbano storico e nei punti strategici di interconnessione tra la linea della tramvia e le infrastrutture viabilistiche su gomma, servirebbero le aree scollegate dal percorso della tramvia oltre che il centro storico. Accanto a tutto questo, si dovrebbe pianificare un organico sistema di percorsi ciclabili. Quindi, realizzate le adeguate infrastrutture, l’intero centro storico (compresa Veronetta) e le aree centrali dei borghi periferici, si potrebbero pedonalizzare; mentre Borgo Trento, Cittadella, Valverde, San Bernardino e San Zeno, potrebbero diventare Zone a Traffico Limitato.
La domanda pertinente è: con quali soldi? Rispondo che andrebbe realizzato per fasi e che sommando il costo di tutte le varie consulenze e quanto si pensava di spendere per il traforo, per la strada di gronda e per il filobus attuale, probabilmente non tutto, ma una parte del piano tramvia si potrebbe realizzare. Anzi, se non si fosse perso tempo con progetti assurdi sarebbe già stata costruita.
Ricordo che alla fine degli anni ’90 stavano iniziando i primi lavori. Infatti, fin dalla metà degli anni ’80, si iniziò a dibattere su delle moderne e tecnologicamente avanzate strutture per il trasporto pubblico, si discusse di metropolitana e di tramvia, infine la scelta cadde sulla metrotramvia di superfice su sede fissa ed esclusiva, tanto da essere inserita, come tracciato, nel Progetto Preliminare di Piano, o Piano di Salvaguardia del 1993.
Dopo diverse fasi di studi tecnici e di dibattiti politico/amministrativi, il Consiglio Comunale, all’inizio degli anni 2000, votò per la progettazione e realizzazione della tramvia. Finalmente Verona poteva superare il sistema di trasporti datato anni ’60. I sedici chilometri di tramvia allora approvati, avrebbero potuto trasportare 7000 passeggeri in un’ora, che avrebbe significato un minimo di 3500 auto in meno in un’ora e 42.000 auto in meno in 12 ore. Automobili che non avrebbero più emesso CO2, benzene e polveri sottili.
Inoltre, il sistema della mobilità andrebbe coordinato con il sistema del verde, realizzando un anello verde di circa trenta chilometri che colleghi le fortificazioni cosiddette extra moenia, come i forti S. Caterina, Tomba, Azzano, Dossobuono, Lugagnano, S. Zeno, Chievo, Parona e S. Procolo, tutti localizzati in aree agricole. Da questo anello partirebbero dei raggi verdi che comunicherebbero con le aree a parco e piantumate come il proposto Scalo Merci della Ferrovia, la Spianà e il parco dell’Adige nord e sud. Un secondo anello verde sarebbe rappresentato dal parco delle mura che comprende, per circa dieci chilometri, l’intera cinta delle mura magistrali.
La possibilità di ricucire strutturalmente il territorio comunale grazie ad un organico sistema del verde, dovrebbe essere considerata un elemento fondamentale della pianificazione urbanistica della nostra città.
Giorgio Massignan
VeronaPolis

Giorgio Massignan è nato a Verona nel 1952. Nel 1977 si è laureato in Architettura e Urbanistica allo IUAV. È stato segretario del Consiglio regionale di Italia Nostra e per molti anni presidente della sezione veronese. A Verona ha svolto gli incarichi di assessore alla Pianificazione e di presidente dell’Ordine degli Architetti. È il responsabile dell’Osservatorio VeronaPolis e autore di studi sulla pianificazione territoriale in Italia e in altri paesi europei ed extraeuropei. Ha scritto quattro romanzi a tema ambientale: "Il Respiro del bosco", "La luna e la memoria", "Anche stanotte torneranno le stelle" e "I fantasmi della memoria". Altri volumi pubblicati: "La gestione del territorio e dell’ambiente a Verona", "La Verona che vorrei", "Verona, il sogno di una città" e "L’Adige racconta Verona". giorgio.massignan@massignan.com

andrea modenese
24/11/2018 at 13:43
Solita analisi lucida e condivisibile.
Da un sondaggio fatto sulla nostra pagina Fb del Comitato di Verona SUD, che nulla ha di scientifico ovviamente e non è un campione rappresentativo, risulta chiaro però che i veronesi giudicano la soluzione FILOBUS anacronistica. E’ possibile secondo lei riaprire il dibattito? fare in modo che dai cittadini si elevi la richiesta di bloccare questa opera? Riuscirebbe lei a coalizzare le tanti anime contrarie a questa spesa assurda e inutile, fatta solo per non perdere i finanziamenti statali, con un evento ad hoc? Noi ci saremo. grazie
andrea modenese
comitato verona sud
Luciano Butti
22/11/2018 at 07:21
Sono d’accordo, Giorgio. Ritengo tuttavia, in aggiunta, che, per avviare il problema della congestione e dell’inquinamento a soluzione, non si possa evitare un sistema di ‘pricing’ (consistente nel far pagare il transito in città con l’auto privata e nel far pagare il parcheggio in superficie in centro una cifra corrispondente al suo costo e comunque maggiore del costo del park sotterraneo). Serve per reperire risorse per il trasoporto pubblico e ciclabile. Serve per aiutarci a migliorare le nostre abitudini. Gli studi scietifici sul tema (v. per es: http://www.epomm.eu/newsletter/v2/content/2015/0415/doc/eupdate_en.pdf ) mostrano che l’accettazione sociale del pricing può essere ottenuta abbinando la sua introduzione (lo stesso giorno!) con un miglioramento consistente e ‘improvviso’ del trasporto pubblico. Una sorta di ‘ora X’ che consenta ai cittadini di percepire la differenza. Fatto in questo modo, il ‘pricing’ sarebbe una misura per nulla ‘classista’.