INTERVISTA – Dopo l’intervista con Michele De Mori, presidente dell’associazione AGILE, attiva nella realtà architettonica, urbanistica e sociale di Verona, che nel 2014 ha realizzato una mappatura dei luoghi abbandonati sul territorio cittadino, abbiamo sentito l’assessora all’Urbanistica Ilaria Segala, che ci ha parlato della volontà di aggiungere un secondo step al lavoro di AGILE.
– Qual è il “piano B” che ha proposto ad AGILE e quali sono i progetti in merito?
Segala. «Ho seguito e apprezzato il lavoro fatto dall’associazione, ma secondo me bisogna aggiungervi una seconda fase. C’è prima di tutto la necessità di far conoscere la reale situazione degli spazi abbandonati: a Verona abbiamo 3 milioni 700 mila metri quadrati di superficie occupata da aree degradate.
Il problema della mappatura fatta da AGILE era che si potevano vedere gli spazi, la loro posizione e una breve descrizione, ma non si avevano informazioni a proposito del proprietario della struttura e se su questa quindi si potesse effettivamente pensare a un lavoro di recupero. L’idea è quella di fare incontrare la domanda e l’offerta, ovvero chi è in cerca di uno spazio e chi ne possiede uno in una situazione di abbandono e disuso e che potrebbe quindi mettere a disposizione.
Mi piacerebbe ispirarmi all’idea pensata dal festival “Le città visibili” di Rimini, ovvero mettere dei cartelli con la scritta “RIUTILIZZASI” davanti a questi edifici, per far incontrare appunto le due parti e per far conoscere più facilmente gli spazi che potrebbero avere una rinascita in questo senso».
– Avete già proposto ad AGILE l’idea di fare andare avanti il progetto?
Segala. «Ho convocato l’associazione insieme ad altre, fra cui “Interzona”, che è in cerca di un luogo in cui essere ospitata, per il 14 ottobre. Sarà presente anche il presidente della commissione urbanistica Matteo De Marzi.
Vorrei che queste realtà lavorassero insieme al di sopra dei partiti, perché credo vi sia un obiettivo comune più importante, ovvero quello della rigenerazione urbana. Penso che sia il giusto momento storico per rilanciare diverse zone della città, in particolare la ZAI storica, che è una delle aree più problematiche sotto questo punto di vista».

Festival Le città visibili, Rimini
– Ci sono degli incentivi per quanto riguarda il recupero degli spazi abbandonati?
Segala. «Sì, importantissima è la legge regionale del Veneto sul consumo di suolo. Nell’art.8 è contenuta una disciplina sugli interventi di riuso temporaneo del patrimonio immobiliare esistente, secondo la quale “al fine di evitare il consumo di suolo e favorire la riqualificazione, il recupero e il riuso dell’edificato esistente, il comune può consentire l’uso temporaneo di volumi dismessi o inutilizzati ubicati in zona diversa da quello agricola, con esclusione di ogni uso ricettivo” e in cui si legge che “I progetti di riuso mirano preferibilmente a sviluppare l’interazione tra la creatività, l’innovazione, la formazione e la produzione culturale in tutte le sue forme, creando opportunità di impresa e di occupazione, start up.
In particolare sono considerate funzioni prioritarie per il riuso: il lavoro di prossimità, la creatività e la cultura, il gioco e il movimento”. La legge parla di riuso temporaneo di 3 anni, prolungabile di altri due, ma io vorrei chiedere un’ulteriore proroga a questo periodo, perché ritengo che in alcune situazioni in cui ci sono anche ingenti lavori da parte di chi recupera la struttura, sia giusto concedere il tempo dovuto».
– Avete già qualche idea o progetto per gli spazi da recuperare?
Segala. «Innanzitutto io dividerei questi luoghi per tipologia, e creerei dei progetti a seconda delle loro caratteristiche. Ad esempio, ex aree industriali particolarmente sviluppate in altezza sarebbero luoghi votati all’arte, mentre negli edifici si potrebbero realizzare uffici, o acceleratori di impresa per i giovani, anche questi importantissimi. Ci sono realtà che hanno bisogno di lavoro per essere realizzate, ad esempio gli spazi di coworking, di cui si parla spesso. Il primo l’ho realizzato otto anni fa, e non è stato semplice. Il 311 su Lungadige Galtarossa funziona bene, ma ha avuto una grande preparazione dietro per farlo partire».
– Cosa ne pensa dell’idea di effettuare degli interventi di recupero dando i luoghi in disuso in concessione, per esempio, ad associazioni e cooperative in cambio di lavori di manutenzione?
Segala. «Penso sarebbe un ottimo metodo su cui si potrebbe lavorare. Già con la sussidiarietà operiamo in questo senso. Sarebbe una strategia che funzionerebbe anche sul privato, che avrebbe il vantaggio di vedersi ristrutturare la struttura; inoltre, si darebbe anche decoro e vitalità alla zona intorno al contenitore vuoto, in cui altrimenti ci sarebbe degrado e criminalità. Si potrebbe puntare anche sul discorso della rigenerazione temporanea previsto dalla legge sul consumo di suolo di cui si è parlato prima».
– Avete degli esempi a cui ispirarvi?
Segala. «Una situazione interessante da osservare è quella di Milano, dove da molto più tempo si sono fatti esperimenti per capire come recuperare le zone abbandonate, alcuni di successo, altri che invece non sono andati a buon fine. Io metto in conto che ci siano anche dei fallimenti, ma se vogliamo iniziare a dare nuova vita a questi spazi bisogna innanzitutto partire a fare qualcosa, anche tenendo in conto che si potrebbero fare degli errori».

Verona, interno ex lanificio Tiberghien
– Per quanto riguarda la situazione dell’ex Tiberghien?
Segala. «Ho in agenda un incontro con il comitato Azione Comunitaria, che ha raccolto le firme per la proposta sulla struttura. Il tavolo di lavoro comunque non è ancora chiuso definitivamente, anche perché dovrà passare per il Consiglio Comunale.
È un’area difficile che ha creato diversi dibattiti. Il progetto precedente non era realizzabile anche per il livello di traffico che avrebbe portato in una zona già critica. Abbiamo deciso di ridurre la metratura dedicata al commerciale per questo motivo. Il progetto chiesto da Azione Comunitaria non è poi così distante dalla nostra proposta, ci sono diversi punti in comune. Il punto è che noi, come amministrazione, dobbiamo tenere in conto anche la parte finanziaria e sappiamo cosa sia effettivamente realizzabile, pensando anche alla necessità di un’entrata economica. Diciamo che siamo rimasti il più possibile con i piedi per terra.
Come ho detto prima, è una zona critica e c’è la preoccupazione di riuscire a fare tutte le scelte giuste, perché sbagliare al Tiberghien vuol dire uccidere un quartiere. Ma è anche un’area con delle fortissime potenzialità, e lavorandovi nel giusto modo diventerebbe davvero un centro importante e capace di rigenerare la zona».
– E il progetto sull’ex manifattura tabacchi?
Segala. «Per adesso abbiamo solo fatto un sopralluogo sul posto e stiamo iniziando ad ideare il progetto, il tavolo di lavoro è in essere. L’ex manifattura è un luogo fondamentale in quanto fa da cerniera tra la fiera e la stazione di Porta Nuova, per cui vogliamo realizzarvi un progetto importante».
Carolina Londrillo