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ATV e pubblicità sessista: quando i corpi diventano oggetti

La pubblicità sessista sugli autubus cittadini, oltre ad essere offensiva nei confronti delle donne è anche dannosa per l’immagine di chi la utilizza. Il Protocollo ANCI/IAP spinge gli inserzionisti ad adottare modelli di comunicazione commerciale che tutelino la dignità della donna nel rispetto del principio di pari opportunità

La pubblicità oggetto di discussione

Da qualche giorno, a Verona, chi si trova in coda dietro un autobus ha la “piacevole” opportunità di osservare la nuova pubblicità di “Sicur Planet – sistemi di allarme e video sorveglianza”. Da uno spazio in prevalenza scuro emerge la figura a mezzobusto di una donna vestita di nero: le mani, coperte con intriganti  guanti neri, stringono un paio di manette; il viso, sul quale spicca una seducente bocca rossa, è in realtà messo in ombra dall’ampia tesa di un cappello pure nero, che lascia intravvedere occhi ben truccati.

Lo slogan, “Chiamami …. Servizio completo…” completa l’idea che ci siamo fatti  di trovarci davanti all’ennesima pubblicità sessista in cui il corpo della donna viene utilizzato per reclamizzare qualsiasi cosa: dalle arance, ai viaggi, ai detersivi, ai servizi (come in questo caso…) e tutto quello che vi può venire in mente.  In questo contesto la donna diventa oggetto, non più persona: i doppi sensi e le allusioni sessuali costituiscono la gran parte del messaggio che si vuole comunicare.

In Italia queste produzioni “artistiche” sono all’ordine del giorno mentre negli altri paesi europei vige molto più rispetto nei confronti della figura femminile. Lo possiamo capire anche guardando gli spot pubblicitari in TV che raffigurano sempre donne sciocchine, superficiali, con la fissa dello shopping e delle scarpe, casalinghe messe in ridicolo, sempre accompagnate dai bambini o al contrario maliarde e fascinose. Gli stereotipi di cento anni fa ci sono ancora tutti. Non si trova quasi mai l’immagine di una donna moderna, lavoratrice, impegnata in attività diverse da quelle di casa, autonoma e sicura.

La pubblicità sessista viene utilizzata di più da aziende piccole, che cercano di attirare l’attenzione, mentre le aziende più grandi stanno  attente a non incorrere in errori che danneggerebbero la loro immagine. Molti grandi marchi adattano la pubblicità alla nazione in base ad attenti studi della mentalità degli utenti. La Muller, ad esempio, in Inghilterra mostra donne e uomini di varia età e corporatura in modo creativo, non sessualizzato. Per l’ Italia hanno adottato il famoso “Fate l’amore con il sapore!” Questo ci dimostra che idea hanno di noi.

Negli ultimi anni le proteste contro immagini e slogan sessisti sono aumentate e hanno portato, in molti casi, a convincere le aziende a ritirarli. Una forte azione del pubblico è importante, anche perché in Italia non c’è una legge contro questo tipo di pubblicità. C’è un Codice di Autoregolamentazione scritto dall’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria che prevede ci sia un Giurì che controlla le pubblicità e può farle ritirare se le ritiene offensive.

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Questo utilizzo del corpo femminile è molto offensivo sia per le donne, che si vedono relegate ad essere semplici oggetti del desiderio maschile, sia per gli uomini, che sembrano essere solo e perennemente alla ricerca di quel tipo di piacere. Inoltre, non sottolineando le potenzialità che le donne hanno verso mille diversi ruoli e lavori emancipati e importanti, contribuiscono ad abbassare le aspettative femminili riguardo al proprio futuro, vista l’importanza della pubblicità nel convincere le persone, soprattutto in contesti sociali poco evoluti.

L’esposizione dei corpi come fossero oggetti sessuali porta in sé anche il grande pericolo, di cui possiamo vedere esempi tutti i giorni, che le donne vengano trattate non più come persone ma come cose di proprietà, quindi picchiate, violentate, private della libertà, addirittura uccise. Quando Laura Boldrini era Presidente della Camera dichiarò che “… serve porre dei limiti all’uso del corpo della donna nella comunicazione…” dimostrando di essere ben consapevole di questa problematica.

Chi comunica, anche e soprattutto con le immagini, che sono più immediate ed efficaci delle parole, deve essere ben cosciente di avere delle responsabilità che riguardano il modo in cui il messaggio verrà recepito. Non si può più giustificarsi dicendo che chi critica l’immagine non ha il senso dell’ironia. Bisogna cercare modi diversi, come si fa negli altri paesi, per colpire la fantasia dei potenziali clienti.

Auguriamoci che gli amministratori di Verona, che in molte occasioni ci hanno fatto capire la loro attenzione verso l’etica, si dimostrino coerenti e intervengano presso ATV Verona per far rimuovere questa immagine lesiva della dignità femminile.

Paola Lorenzetti

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