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Spettacoli

La vena partenopea di Ranieri sposa la colta arte del jazz

Nella cornice del Teatro Romano il cantante e attore di Borgo Santa Lucia porta la tradizione napoletana al Festival jazz di Verona, ed è subito intesa con Enrico Rava, Rita Marcotulli, Stefano Di Battista, Stefano Bagnoli e Riccardo Fioravanti

2018-06-23, Verona, Teatro Romano, Festival jazz (foto Beltrame)
2018-06-23, Verona, Teatro Romano, Festival jazz (foto Beltrame)

Un quintetto jazz di tutto rispetto ha accompagnato, sabato 23 giugno, la passeggiata canora di Massimo Ranieri nella “malia” (bellissimo termine, recuperato dal cantante per il suo ultimo doppio album e per lo spettacolo con cui gierà per l’Italia durante l’estate) della canzone napoletana degli anni Cinquanta. Di quegli anni lontani in cui Giovanni Calone, vero nome di Ranieri, detto Gianni, era uno scugnizzo del rione Pallonetto a Santa Lucia e cantava aggrappato a uno scoglio o nei bar per turisti di passaggio e clienti.

2018-06-23, Festival jazz, Stefano Di Battista, Enrico Rava (foto Beltrame)

2018-06-23, Festival jazz, Stefano Di Battista, Enrico Rava (foto Beltrame)

Ranieri non ha cercato di trasformarsi in quello che non è e non può essere, un cantante jazz, ma ha cercato il punto d’incontro tra la sua vocalità, la melodia partenopea e la reinterpretazione con cui alcuni dei migliori jazzisti italiani – il grandissimo Enrico Rava alla tromba, la scoppiettante Rita Marcotulli al piano, l’ironico Stefano Di Battista al sax, il fantasioso Stefano Bagnoli alla batteria e l’imperturbabile Riccardo Fioravanti al contrabbasso – lo supportavano, con una complicità che li ha condotti fino ad accettare di giocare sul palco e persino oltre, come bambini felici di sgarrare.

2018-06-23, Festival jazz, Rita Marcotulli (foto Beltrame)

2018-06-23, Festival jazz, Rita Marcotulli (foto Beltrame)

Di quale fosse il clima di divertimento che si era instaurato tra Ranieri e questi grandi interpreti se ne è avuta la prova quando nel corso delle variazioni del capolavoro di Renato Carosone Tu vuo’ fa’ l’americano, Di Battista ha abbandonato il palco e i compagni di serata per passeggiare tra il pubblico della platea stracolma con il suo sax, e al suo turno Bagnoli si è alzato dal seggiolino della batteria impugnando le bacchette per andare a battere il ritmo su tutto quello che gli si parava davanti, dal pavimento di legno del palcoscenico alle scarpe di Rava, dalle gambe metalliche di uno sgabello alle bottiglie d’acqua di plastica e ai bicchieri di vetro con cui era dissetato di tanto in tanto il cantante, fino a romperne uno nell’impeto percussorio, mentre Ranieri chinato in due lo seguiva per far arrivare il ticchettio agli spettatori. È stato il momento della fantasia al potere.

2018-06-23, Festival jazz, Massimo Ranieri (foto Beltrame)

2018-06-23, Festival jazz, Massimo Ranieri (foto Beltrame)

Chi prima del concerto era scettico sulla valenza jazzistica dello spettacolo e sul suo inserimento in uno dei festival storici del panorama italiano come Verona Jazz ha dovuto ricredersi. Che la canzone classica napoletana – che, come propone Renzo Arbore (e noi modestamente sottoscriviamo), l’Unesco dovrebbe far diventare patrimonio immateriale dell’umanità – possa essere fonte d’ispirazione per ogni tipo di rielaborazione e di reinvenzione agli spettatori del Teatro Romano lo avevano già ampiamente dimostrato pochi giorni prima Peppe Servillo e Danilo Rea nel secondo appuntamento del festival Rumors, sabato sera Ranieri & C. lo hanno riconfermato percorrendo un’altra strada, meno intimista, meno drammatica, più vocalmente ancorata alla tradizione, ma altrettanto affascinante.

Lunga vita, allora, alla grande canzone napoletana. E ai suoi meravigliosi interpreti.

Giancarlo Beltrame

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