Abbiamo chiesto ad alcune voci autorevoli di Verona in che modo la città possa prepararsi per la candidatura a Capitale della cultura italiana per il 2021.
«Verona può vantare un’università eccellente e un ottimo polo fieristico; inoltre abbiamo la Biblioteca Capitolare, la più antica d’Europa, che conserva un patrimonio inestimabile — spiega Francesco Butturini, storico dell’arte, preside del Liceo Scipione Maffei per 26 anni—. Tuttavia la città sembra non accorgersene». Butturini dice che innanzitutto, per la candidatura, è essenziale creare una maggior sinergia con l’uteneo, che conta ben cinque dipartimenti d’eccellenza premiati da Anvur (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca): biotecnologie, informatica, lingue e letterature straniere, neuroscienze, biomedicina e movimento e scienze giuridiche sono delle eccellenze.
«I vari poli universitari sparsi per la città sembrano però un mondo a parte, totalmente separato dal contesto urbano, e questo è un grave spreco di risorse» rimprovera Butturini. Il professore continua spiegando che il profilo storico di Verona è forse il più ricco d’Italia, ma il problema consiste nel fatto che la città non sappia come sfruttarlo. Butturini sottolinea che comunque «i luoghi dove creare diversi progetti culturali ci sono tutti: un’Accademia di belle arti dalla grande vitalità, l’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere, la Galleria Ghelfi, la Società Letteraria, per non dimenticare eventi come il Festival Areniano e l’Estate teatrale veronese».

Francesco Butturini
Bisognerebbe creare più comunicazione tra tutti gli enti culturali della città, che non sono pochi. «Senza dimenticare l’importanza dei teatri: il Teatro Nuovo e il Teatro Filarmonico, per cui la città potrebbe fare molto di più e meglio valorizzarli». In un contesto culturale anche lo sport gioca un ruolo fondamentale, «anche se tutte le attività sportive al di fuori del calcio fanno molta fatica ad emergere ed è anche difficile trovare strutture idonee dove praticarle, mentre di campi da calcio la città è piena. Eppure abbiamo attività come l’hockey, l’ippica, il pattinaggio; o basti pensare al ciclismo, che ha come sola struttura il velodromo di Pescantina».
Il passo principale da compiere è quindi «risvegliare l’interesse per la cultura nei cittadini, organizzando attività come i cineforum e pianificando eventi che diano vivacità a Verona durante tutto l’anno, come accade ad esempio nelle vicine Parma, Mantova e Rovereto. In questo modo si spingerebbero i veronesi a una maggior frequentazione dei luoghi di cultura e ci sarebbe la possibilità di far conoscere meglio la città, la sua storia e la sua ricchezza».
Anche la visione di Gian Maria Varanini, professore e storico dell’Università di Verona, si colloca sullo stesso piano: Verona ha tante possibilità, ma a quanto pare non le sa, può o vuole sfruttare. «Ho seguito il lancio della candidatura insieme al dipartimento di Beni culturali. Ho pensato molto a qualche proposta valida per il bando, ma mi sono reso conto di aver avuto diverse difficoltà nel farlo». Varanini nota che città come Palermo e Matera, che hanno ricevuto il titolo rispettivamente per quest’anno e il prossimo, hanno un grande patrimonio che nasce dal crogiuolo di civiltà che le ha sempre popolate, mentre Verona fatica sotto questo punto di vista. «Il rischio è di cadere in temi eccessivamente stereotipati e poco stimolanti: al di là della forza in sé della città, che ha un immenso e innegabile patrimonio culturale e artistico, è difficile trovare delle tematiche su cui costruire un progetto unitario» nota Varanini, che propone alcune idee come «puntare sull’aspetto agricolo-ambientale, in cui Verona è molto forte e grazie al quale si potrebbero realizzare delle idee interessanti. Basti pensare per esempio a Cibus, il salone internazionale dell’alimentazione che si svolge a Parma, giunto quest’anno alla sua diciannovesima edizione.

Gian Maria Varanini
Un’altra possibilità è quella di prendere l’eredità dell’antico di cui Verona è ricca – si pensi alle opere di Teodorico, Sanmicheli, all’epoca Rinascimentale – e svilupparla all’interno del moderno. Anche se c’è il rischio che tematiche del genere siano troppo di nicchia» fa presente il professore. Un altro elemento che Verona non valorizza forse abbastanza sono le sue mura, patrimonio dell’UNESCO, «su cui la città dovrebbe puntare di più. Lucca, Pisa, Ferrara, Parma, sono tutti luoghi fortemente culturali, in cui le mura sono un patrimonio sfruttato e valorizzato come merita. In generale, parlando del confronto con altre città, sarebbe utile capire quale asse culturale abbiano avuto le ultime città proclamate Capitale della cultura, e da lì trovare qualche spunto per creare delle proposte su Verona» conclude Varanini.
Il sentimento generale è che il potenziale Verona lo abbia, ma che tenda a rimanere in un angolo, poco sfruttato; che le associazioni e gli enti culturali siano portati a rimanere entità di nicchia riservate a pochi, e che non sentano la necessità di creare sinergie e collegamenti vitali fra di loro. Questo dovrebbe essere un primo passo verso il cambiamento per poter diventare davvero una Capitale della cultura.
Carolina Londrillo