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Cultura

Stereotipi di genere: per i giovani i piatti li deve lavare lei

La ricerca “Cosa farò da grande” promossa da Ipsos insieme a Valore D per InspirinGirls commentata da Adriana Cavarero (filosofa), Valeria Boschi (psicologa), Marina Garbellotti (Cug) e Paola Zamboni (CISL)

Stereotipi

Ipsos ha promosso insieme a Valore D per InspirinGirls la ricerca “Cosa farò da grande?” tra i ragazzi delle scuole medie, da cui sono emersi dati che evidenziano come gli stereotipi di genere sono ancora profondamente radicati nella nostra società e i giovani, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, si dimostrano conservatori sotto questo punto di vista.

Il 47% delle ragazze vede la madre come proprio modello di riferimento ed elenca come lavori desiderabili quello di insegnante, veterinaria ed avvocato. Allo stesso modo il 44% dei ragazzi si identifica con il papà e aspira a mestieri legati alla medicina, all’informatica o all’ingegneria.

Una visione che porta avanti una concezione classica dei ruoli, che si riflette anche nella percezione che i ragazzi hanno di sé stessi: 4 ragazze su 5 ritengono che saranno principalmente loro ad occuparsi della famiglia in futuro, opinione condivisa da 3 ragazzi su 5.

È interessante poi vedere come il 50% delle bambine tra i 7 e i 10 anni consideri la matematica una materia piacevole e interessante, mentre la percentuale scende al 31% raggiunta la fascia d’età tra gli 11 e i 14 anni. Questa inversione di tendenza sembrerebbe essere influenzata dai genitori, che tendono a vedere i maschi più portati nelle materie scientifiche, mentre le femmine più adatte agli studi umanistici e in genere più dedite alla scuola.

Adriana Cavarero

Adriana Cavarero

«Sono dati che non stupiscono particolarmente: in quella fascia d’età i ragazzi sono sottoposti a un certo tipo di marketing che alimenta gli stereotipi di genere — spiega Adriana Cavarero, filosofa e docente italiana — la scuola avrebbe piuttosto il compito di spiegarli ai ragazzi in modo da renderli capaci di liberarsene, ma purtroppo in Italia viene fatto ancora molto ostruzionismo in questo senso». Secondo la Cavarero però i ragazzi in questione sono ancora molto giovani, ed è probabile che si rendano conto e inizino a contrastare queste visioni conservatrici una volta all’interno del mondo lavorativo, soprattutto per quanto riguarda le femmine.

Valeria Boschi

Valeria Boschi

La stessa opinione è condivisa da Valeria Boschi, psicologa e psicoterapeuta dell’associazione Il Filo di Arianna: «I ragazzi vivono la cosiddetta onnipotenza adolescenziale. Più che essere contrari alla parità, non hanno ancora un’idea pratica di come questa si realizzi. La maggior parte dei giovanissimi conferma il modello genitoriale in cui è cresciuta, ma allo stesso tempo trova giusto che la donna lavori e abbia le sue libertà, non rendendosi conto del carico di lavoro a cui dovrebbe far fronte in questo modo e dando vita a questa opinione quasi paradossale». Boschi spiega come i ragazzi di quest’età siano ancora nella fase di pensiero e non vivano la praticità dell’età adulta. Inoltre, ci dice che solitamente sono le ragazze ad aderire con più forza a tali stereotipi, mentre i ragazzi si dimostrano più disorientati a proposito della divisione tradizionale dei ruoli.

Marina Garbellotti, del Cug (Comitato Unico di Garanzia) dell’università di Verona, che si occupa di pari opportunità, crede invece che negli adulti gli stereotipi di genere siano ancora più radicati. «Con l’avanzare dell’età adulta crescono le esigenze lavorative e quelle familiari, soprattutto le coppie con figli si trovano nella necessità di dover scegliere chi si occuperà maggiormente dei bambini, decisioni purtroppo non favorite dalle politiche conciliative. In queste circostanze riaffiorano i ruoli di genere e il rispettivo corredo di stereotipi».

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Marina Garbellotti

Marina Garbellotti

Per contrastare che i giovani diventino fin da subito così conservatori in materia, Garbellotti spiega l’importanza dell’educazione di genere a bambini e bambine prima, ragazzi e ragazze poi: «Non si tratta di negare le specificità dei due sessi, bensì di decostruire i ruoli di genere, cioè l’insieme di quei comportamenti e compiti che vengono assegnati agli uomini e alle donne sulla base di elementi culturali». L’Università di Verona, in quanto luogo di ricerca e formazione, promuove ovviamente questa visione. Inoltre «il Cesdev (Centro Studi Educazione Formazione Differenza Sessuale) e il Centro di Ricerca Politesse – Politiche e Teorie della Sessualità, si occupano tra gli altri temi di ricerca di cultura di genere, e il CUG organizza iniziative su tematiche attinenti alle pari opportunità, alla conciliazione tra vita lavorativa e familiare e alla violenza sulle donne». Conclude Garbellotti.

Il sondaggio non stupisce nemmeno Paola Zamboni, responsabile del coordinamento donne CISL, la quale parla di un’interessante ricerca svolta da Irene Biemmi dell’Università di Firenze, secondo la quale gli stessi libri di testo scolastici alimenterebbero gli stereotipi di genere: i personaggi maschili vengono presentati come avventurosi, forti e hanno a disposizione una cinquantina di ruoli, mentre le protagoniste femminili vengono sempre descritte come gentili, emotive, ingenue e i loro ruoli si riducono a 15, tra cui i tradizionali personaggi delle streghe, delle maestre o delle casalinghe.

Luisa Perin, Paola Zamboni

«Per rimediare a questa tendenza si deve partire dal quotidiano — afferma Zamboni — in primis dal linguaggio. Non si deve aver paura di usare termini quali il tanto discusso ultimamente “sindaca”, in quanto la parola aiuta a fare in modo che una figura esista, e sarebbe sbagliato considerarla errata solo perché inusuale. Allo stesso tempo si deve cercare di contrastare anche un linguaggio sessista e fatto di cliché, parlare di realtà che troppo spesso vengono ignorate, come nel caso della nazionale di calcio femminile e i suoi successi, di cui nessuno parla». Fondamentale che le ragazze stesse imparino ad inseguire i propri sogni e soprattutto acquisire la consapevolezza di far parte di una rete che nel 1946 ha lottato duramente per i propri diritti, con la conquista del voto.

InspirinGirls, il progetto internazionale che ha finanziato questa ricerca, promosso in Italia da Valore D cerca di fare proprio questo, attraverso le cosiddette role model: volontarie che vanno dalle ingegnere, alle sportive alle imprenditrici che portano nelle scuole le proprie esperienze, per cercare di invertire questo conservatorismo giovanile, forse non così inaspettato, ma sicuramente dannoso per la generazione del domani.

Carolina Londrillo

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1 Comment

1 Comment

  1. Luciano Butti

    04/05/2018 at 10:04

    Ottimo e interessante articolo, complimenti. Un tema su cui si dovrebbe parlare di più. Anche nell’interesse dei giovani maschi, se vogliono diventare persone complete.

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