Si vede una luce in fondo. Il puntino luminoso, in fondo a dieci chilometri di galleria rettilinea in discesa, è il Garda. Brilla in fondo al tunnel, che fu inaugurato nel 1959 per far sfogare nel lago le acque dell’Adige in caso di piena. Così si è salvata Verona, nel 1966, dalla sorte di Firenze.
Siamo a Mori, all’imbocco della galleria, per una visita straordinaria organizzata dall’Ordine degli ingegneri veronese. L’assenza di altri giornalisti fa venire in mente il precedente storico, agli albori di questa grande impresa. Ottobre 1923, Benito Mussolini da un anno al governo va in visita a Mantova e lì accorre anche il sindaco fascista di Verona, Vittorio Raffaldi. Si mettono d’accordo per “un canale in galleria” destinato alla “produzione di energia elettrica”. Così riferisce la stampa già irregimentata. “Il Duce ha approvato senza riserve il progetto”, degli ingegneri Luigi Villoresi e Carlo Arrivabene. Nessun giornalista è informato, comunque nessuno fa domande né riferisce.

(Foto Arch.)
Ma a Verona c’era ancora un giornale libero, il Corriere del Mattino. Durerà poco: fino al 1926, quando Mussolini lo chiude e manda al confino il direttore, il deputato popolare Giovanni Uberti (1888-1964). Uberti capisce cosa c’è sotto il vertice di regime a Mantova e lo scrive, lui, a chiare lettere: “La provincia di Verona perderà l’Adige”. Titola così la prima pagina sull’argomento e ne fa seguire una al giorno. Le vendite del giornale aumentano di 5.000 copie.
Verona insorge, il sindaco fascista imbarazzato prova a fare il pesce in barile, ma a sostenere il progetto c’è un altro gerarca che riesce a farsi ascoltare da Mussolini: il generale Andrea Graziani, fucilatore dei soldati italiani nella Grande guerra, riabilitato dal fascismo che l’ha promosso luogotenente della Milizia. Uberti insiste: una pagina al giorno. E l’opinione pubblica è con lui. Finché Mussolini decide di non crearsi problemi in una provincia che è già fascista e telegrafa al prefetto “dichiarando inesistente il pericolo di deviamento”.

(Foto Arch.)
Non è finita. Nel 1931 il generale Graziani viene trovato cadavere lungo la linea ferroviaria di Firenze. Paolo Malaguti ha appena pubblicato un romanzo (Prima dell’alba, Neri Pozza 2017) in cui fa parlare il reduce dal Piave che ha riconosciuto Graziani sul treno e l’ha buttato fuori per vendicare i soldati fucilati. Immaginazione di romanziere, ma è quello che allora tanti pensarono fosse successo.
Morto Graziani, nel 1939 i lavori per la galleria Adige-Garda cominciano. Non esiste più stampa libera in Italia, Uberti deve starsene zitto. Nel 1943 la guerra fa interrompere gli scavi. La galleria, nella parte iniziata da Torbole, diventa fabbrica dell’industria aeronautica Caproni per i tedeschi. Lì e nei tunnel della strada Gardesana si montano motori per i prima caccia a reazione Messerschmidt; si costruisce un minisommergibile a reazione che interessa anche ai giapponesi. Ma gli inglesi sanno tutto perché hanno decifrato i messaggi in codice.
Finita la guerra, Uberti, diventato senatore per la DC ed entrato al governo, minaccia a De Gasperi uno scandalo, quando nel 1950 apprende che i lavori per la galleria saranno ripresi. Lo rassicurano: non si torna all’idea originaria dell’impianto idroelettrico, che avrebbe trasformato il Garda in un bacino artificiale. Il tunnel servirà solo come scolmatore, per salvare Verona in caso di piene pericolose dell’Adige. È successo undici volte, l’ultima nel 2002. Ma tutte le grane previste da Uberti nel 1924 sono arrivate: il lago di Loppio, 100 metri sopra la galleria, nel 1956 è stato prosciugato perché allagava lo scavo. Dal 2001 la Provincia autonoma di Trento prova a rimediare, ma non si sa come riportare l’acqua nel bacino lacustre.
Intanto i finanziamenti statali concessi per risolvere il problema ecologico sono serviti soprattutto a restaurare la galleria che l’ha causato. Adesso è ripulita, rinforzata e sempre pronta in caso di emergenza. Aprire il rubinetto, dopo che è stato mandato in pensione il potere centrale del Magistrato alle acque, tocca ora alla Provincia autonoma di Trento. Quando l’ha fatto, nel 2002, è stata denunciata dal Comune di Malcesine, dove era finito sott’acqua l’ospedale.

(Foto Arch.)
«Ogni tanto mi chiedono perché la galleria non si usa a scopo idrolettrico», dice Mauro Rigotti del Servizio bacini montani trentino, gestore dell’impianto, che ci fa da guida. «L’idea periodicamente riemerge». E il defunto lago di Loppio, caro alle memorie della Serenissima che vi fece salire dall’Adige le sue galere, per calarle sul Garda a combattere i Visconti? «Su progetto di un geologo hanno provato a scavare, per intercettare le fonti che alimentavano il lago di Loppio, prosciugate nel 1956. Ma non ha funzionato. Dove vai a trovarle, sotto la montagna, le vene d’acqua deviate? Ci vorrebbe la bacchetta di Mago Merlino». L’acqua che creava il lago di Loppio si raccoglie giù nel tunnel di scolo, sotto la galleria maggiore, ai piedi della montagna, e scende nel lago poco a Sud di Torbole: 600-1.000 litri al secondo, la portata di un discreto acquedotto.

(Foto Arch.)
Mussolini voleva deviare l’Adige nel Garda, Stalin invertire il corso del Volga… Cose che si immaginavano nei regimi dittatoriali. Grandi opere dalla dubbia utilità, se non per lucrare sugli appalti, contro le quali tuonavano rompiscatole all’Uberti. “Megalomanie pazze”, le chiamava il giornalista antifascista sul suo Corriere del Mattino il 22 febbraio 1925. Robe vecchie. Uberti tuonava, figurarsi, contro l’idea “di una ferrovia celerissima sulla linea Torino-Venezia”.
Giuseppe Anti
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L’Adige e Verona, un amore difficile ormai senza parole
L’apertura della condotta Mori-Torbole il 29 ottobre 2018.

Giuseppe Anti è nato a Verona il 28 agosto 1955. Giornalista, si è occupato di editoria per ragazzi e storia contemporanea; ha curato fino al giugno 2015 gli inserti "Volti veronesi" e le pagine culturali del giornale L'Arena. giuseppe.anti@libero.it

Giuseppe Anti
01/02/2018 at 19:28
Per chi è interessato al generale Graziani: in primavera, oltre alla mia biografia di Giovanni Uberti (Cierre) in cui si parla del generale nel progetto del tunnel, l’Istituto veronese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea pubblicherà un libro sulla Grande guerra di autori vari, tra cui Emanuele Luciani che tratterà “Mito e antimito del generale Graziani”. Intanto si può leggere il saggio di Alberto Loverre “Al muro! Le fucilazioni del generale Graziani” su http://www.centrostudiluccini.it/pubblicazioni/materiali/19/loverre.pdf.
martino franceschi
31/01/2018 at 15:54
lo so leggendo ora il romanzo di Malaguti…gran bel libro