Una regione dove non mancano situazioni fallimentari di politiche criminali perpetrate da politici privi di scrupoli
Circa il 60% del popolo Veneto si è recato alle urne, per manifestare la propria volontà, rispetto al quesito posto: l’autonomia della Veneta regione, nei confronti del governo centrale.
Il risultato ha espresso una scelta quasi plebiscitaria a favore di una maggiore autonomia della Regione, per cui, ora, toccherà alla politica regionale far valere sia i risultati della consultazione che la volontà che questi sottintendono: a partire dal ruolo, ma, soprattutto dai poteri, anche legislativi che sono in capo agli organismi della Regione: il Consiglio Regionale, la sua Giunta Esecutiva, i raggruppamenti ed i settori che costituiscono l’insieme dell’apparato politico e gestionale dei variegati e complessi problemi esistenti anche nella “virtuosa Regione del Veneto”.
Credo però che nell’immediato nulla cambi! E questo perché il referendum “consuntivo”, privo cioè di poteri legislativi e/o gestionali, si è dimostrato sin dalla sua proposizione per quello che è, e cioè che la guida politica leghista della Regione ha voluto che fosse: una sorta di legittimazione del progetto politico di uno schieramento più rumoroso che efficace.
La Regione Veneto, infatti, è ancora prigioniera e vittima di un sistema in cui, dietro parvenze di efficienza ed efficacia si nascondono situazioni fallimentari di politiche criminali perpetrate da politici privi di scrupoli e di morale. L’arresto del precedente Presidente della Regione Veneto Giancarlo Galan, per le truffe e le tangenti del MO.SE di Venezia, l’incriminazione del Presidente della Società costruttrice di questa faraonica quanto fantascientifica opera, l’ingegnere Mazzacurati, rinviato a giudizio per truffe milionarie e riparato all’estero, il fallimento plurimilionario della Società controllata dalla Regione, “Veneto Strade SPA”, le inconcludenti quanto misteriose situazioni legate ad opere infrastrutturali, come la Pedemontana, i cui costi fuori bilancio confermano una infinità di imperdonabili errori progettuali e sul piano esecutivo, ma anche forti sospetti di infiltrazioni di aziende di smaltimento di rifiuti e materiali tossico-nocivi usati per il sottofondo stradale, sono una riprova che nel Veneto esiste una classe dirigente che andrebbe quantomeno riqualificata.
Ci sarebbero, poi, altre gravi quanto urgenti situazioni da affrontare nel Veneto, per le quali questo referendum non ha potuto ne potrà influire in futuro. Fra queste, ne elenco alcune senza con ciò voler creare delle priorità: le bonifiche delle aree di Porto Marghera, il transito delle grandi navi all’interno del bacino di San Marco, l’Ospedale di Padova, un nuovo piano Regionale per la non “Autosufficienza”, il problema dei trasporti su rotaia delle linee gestite dalla Regione, i piani formativi e di indirizzo professionale, il superamento del Commissariamento dell’ATER Regionale e di quelle territoriali, la riforma della Legge Regionale 10/96 in materia di Edilizia Residenziale Pubblica e Popolare, per rispondere all’emergenza abitativa, ed altro ancora, compreso le questioni legate all’inquinamento degli acquedotti di una cinquantina di comuni, posti ai confini fra le provincie di Padova, Vicenza e Verona.
Di fronte a simili situazioni (appena sfiorate) rimane l’altro aspetto riguardante le risorse umane e professionali dei vari apparati dirigenziali ed operativi della “Macchina Regionale”, che, a mio parere, andrebbero sottoposte ad una severa verifica circa le competenze, anche in rapporto al loro inquadramento professionale.
La volontà di maggior autonomia espressa con il referendum dal “Popolo Veneto” mi sollecita una concreta proposta che voglio rivolgere, quindi, al Presidente del Veneto Luca Zaia ed alla sua squadra di Governo: secondo i dati riferiti ai “Residui fiscali” la Regione Veneto registrerebbe un saldo attivo di oltre 18,2 miliardi di euro l’anno, fra le imposte e tasse versate alla fiscalità generale e le rimesse dal Governo centrale alla Regione. Credo che il primo banco di prova per valutare l’efficacia della maggior autonomia manifestata dalla popolazione Veneta, sia quella di misurare la capacità del Governo Veneto di ridurre le imposte e le tasse per i Veneti e/o di come e dove saranno investiti i maggiori trasferimenti che la nostra Regione saprà ottenere da Roma.
Giuseppe Braga

Giuseppe Braga è nato a Verona il 12 giugno del 1943. Ha lavorato alle Officine e Fonderie Leopoldo Biasi di Verona. È stato dirigente e membro della segreteria FIMCISL di Verona; dirigente e Segretario generale Federchimici CISL di Verona; Segretario generale SICET CISL di Verona e Responsabile organizzativo Confederazione; consigliere di terza Circoscrizione in Borgo Milano. Durante l’attività sindacale ha ricoperto varie cariche. giuseppe.braga@gmail.com

Emanuele Boscaini
23/10/2017 at 12:19
Solito commento molto crudo e reale di Giuseppe Braga, uomo che da sempre si spende per fare in modo che le cose funzionino. Delle varie cose elencate da Braga una che mi sta particolarmente a cuore manca, la bonifica della discarica di Pescantina, sito pesantemente inquinato che da oltre 11 anni è sotto sequestro e da mesi nello stato di più completo abbandono. Pescantina, dopo essere stata l’ immondezzaio del Veneto negli anni ’90 del secolo scorso, dovrebbe subire una bonifica “con contestuale apporto di rifiuti” per finanziarla, concetto che io rifiuto già a livello lessicale, e che dovrebbe portare nei prossimi anni a Cà Filissine una ulteriore montagna di 2.700.000 tonnellate di rifiuti, stavolta speciali. In un continuo, sconcertante rimpallo di responsabilità tra Comune, Provincia e Regione, giusto per parlare di Enti Locali.