Per un giornale come Verona In un profilo basso durante questo periodo di campagna elettorale diventa quasi d’obbligo dopo aver espresso per tanto tempo pareri critici sia nei confronti dell’Amministrazione uscente, sia dell’opposizione. Adesso tocca agli altri giornali, quelli meno liberi ma con giornalisti pagati per fare cronaca, informarci su candidati, liste, possibili scenari. Leggeremo con attenzione perché le elezioni, al di là del fatto che i protagonisti siano più o meno di valore, sono comunque una cosa seria.
Ma ci sono altre considerazioni da fare. Chi come noi si batte per dare concretezza all’articolo 21 della Costituzione, che tutela la libertà di espressione, in questo periodo si trova un po’ in difficoltà a seguire la propria linea editoriale, perché tante dichiarazioni fatte in campagna elettorale sono prive di concretezza e sostanzialmente tarate su logiche propagandistiche e populiste. E’ vero, è ancora libertà di espressione, ma lasciamo ad altri più bravi di noi il compito di fare da megafoni, in attesa che si calmino le acque.
Per capire questa fase meditativa occorre anche ragionare sul recente percorso di Verona In, dove il giornale è stato particolarmente impegnato in azioni di pull-up, cioè il picconamento di un vecchio modo di far politica basato sul potere fine a se stesso (pull) e il sostegno all’altra Politica, quella con la P maiuscola che dovrebbe sempre partire da competenze e progetti (up).
Una Politica che lo scorso anno Verona ha espresso per un breve periodo, che il nostro giornale ha evidenziato coinvolgendo molte persone nel dibattito e che la città, poco avvezza a liberarsi dal suo giogo – o da ammuffite appartenenze ideologiche – ha infine poco considerato. Parliamo della Verona che Vorrei, una presenza rimossa dai partiti che però beffardamente riaffiora in tanti programmi elettorali dell’ultimo minuto.
Si è chiuso un capitolo ma il libro è ancora tutto da scrivere, per cui vogliamo rassicurare i nostri lettori che dietro le quinte di Verona In c’è un bel cantiere in attività e siccome non ci riesce di sfornare programmi dal cilindro come fossero conigli, ci siamo presi del tempo approfittando di questo periodo di bailamme elettorale per portarlo a termine nel migliore dei modi. E’ un impegno meno visibile ma ugualmente intenso.
Tre i principali settori di intervento: la sostenibilità del giornale, perché i nuovi percorsi non possono prescindere da un minimo di struttura, una ridefinizione del ruolo sia del direttore che dei collaboratori e l’informazione-riflessione attorno a nuove iniziative che saranno messe in campo, tra cui spiccano alcuni referendum propositivi che con la Verona che Vorrei condividono lo spirito riformatore della Politica (e può anche essere che le due esperienze finiscano per alimentarsi a vicenda prendendo forza una dall’altra).
Si è infatti capito che la città nuova non si può costruire senza una maggiore consapevolezza delle persone. E allora quale metodo migliore di uno o più referendum per abituare i veronesi a confrontarsi, fare proprie nuove sensibilità per poi votare responsabilmente da cittadini informati? A raccontare questo nuovo capitolo dell’altra Verona noi ci saremo.
Giorgio Montolli

È diventato giornalista nel 1988 dopo aver lavorato come operatore in una comunità terapeutica del CeIS (Centro Italiano di Solidarietà). Corrispondente da Negrar del giornale l'Arena, nel 1984 viene assunto a Verona Fedele come redattore. Nel 1997, dopo un periodo di formazione in editoria elettronica alla Scuola grafica salesiana, inizia l'attività in proprio con uno Studio editoriale. Nel 2003 dà vita al giornale Verona In e nel 2017 al magazine Opera Arena Magazine (chiuso nel 2020). Dal 2008 conduce il corso "Come si fa un giornale" in alcuni istituti della Scuola media superiore di Verona. giorgio.montolli@inwind.it
