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Opinioni

Ogni giorno, no alla violenza sulle donne

Combattere la violenza di genere andando a esaminarne la cause che si annidano nelle nostre radici culturali

L’istituzione delle giornate dedicate a tanti importanti argomenti (i diritti, l’autismo, la fibrosi cistica, l’ambiente, per citarne solo alcune…) svolgono la funzione fondamentale di sensibilizzare i cittadini a problemi che altrimenti potrebbero passare inosservati ai più. Tuttavia, c’è anche il rischio che, una volta passata l’occasione, magari caratterizzata da manifestazioni pubbliche significative e di alto livello, il problema passi in secondo piano o venga addirittura dimenticato, per riproporsi alla nostra attenzione in occasione di qualche fatto di cronaca nera.

Questo è tanto più vero se ci riferiamo ai continui episodi di violenza sulle donne che si verificano nel nostro Paese: sono molto frequenti, caratterizzati da modalità di esecuzione sempre più feroci. Se vogliamo porre una fine a questi eventi dobbiamo occuparcene in modo continuativo ed incisivo.

La nostra cultura dominante è caratterizzata dalla subalternità del ruolo femminile rispetto a quello maschile, sia all’interno delle mura domestiche che nell’intera società. La violenza sulle donne è sempre stata tollerata anche nelle forme più estreme, come il delitto d’onore. Da qualche anno alcune istituzioni internazionali si stanno occupando di ciò e piano piano il quadro normativo si amplia e ci offre strumenti più efficaci per combattere questa piaga. Mi riferisco in particolare alla Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa (maggio 2011), primo strumento giuridico vincolante sulla prevenzione e la lotta contro la violenza rivolta alle donne, sulla quale si basano le seguenti leggi nazionali europee.

E’ importante avere chiaro che cosa si intende con “violenza sulle donne”. Può assumere varie forme. Una costante è che nella maggioranza dei casi avviene in ambito familiare, da parte del compagno della donna. Le violenze possono essere sessuali, fisiche, arrivare perfino all’uccisione della donna, colpevole in molti casi solo di aver richiesto una maggiore libertà. Ci sono però anche gravi violenze psicologiche, come le continue umiliazioni, i ricorrenti colpi all’autostima, la denigrazione davanti ai figli. C’è chi un po’ alla volta arriva ad isolare la donna da amici e parenti, chi la riduce in una completa dipendenza economica, privandola persino dello stipendio che guadagna.

Schiacciata all’interno di questi meccanismi allucinanti una donna comincia a non avere più fiducia in se stessa, diventa ansiosa, si deprime, a volte finisce perfino col sentirsi colpevole di ciò che le sta accadendo. Timorosa di fare peggio, non chiede aiuto all’esterno, nega l’evidenza, a volte trova grosse difficoltà anche ad accudire i propri figli. Le violenze possono lasciare segni indelebili anche sulla sua salute fisica e psichica.

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Tutto ciò va a danneggiare anche i figli qualora assistano (e capita quasi sempre) alle violenze che la madre subisce. Purtroppo la connessione è stata indagata soltanto negli ultimi anni (UNICEF 2006, Regione Toscana 2015, Holt 2008) ma è provato che bambini testimoni di violenze domestiche possono essere molto irritabili, iperattivi, manifestare ritardi nello sviluppo del linguaggio e nel controllo degli sfinteri e anomalie nel ritmo sonno/veglia. Crescendo, c’è la concreta possibilità che non sappiano dominare rabbia e aggressività, arrivando a manifestare comportamenti da bullo o ad alto rischio sociale. Possono avere difficoltà ad instaurare relazioni equilibrate con coetanei. Si trovano di fatto in uno stato di continuo allarme per cui possono sentirsi in preda ad un senso di impotenza, ansia, paura, depressione e autostima carente.

Assistere alla violenza in famiglia da piccoli può diventare un fattore di rischio per l’adulto di replicare il comportamento negativo. Perciò è estremamente importante moltiplicare i nostri sforzi per combattere la violenza di genere, andando ad esaminarne la cause che si annidano profondamente e in modo inconsapevole nelle nostre radici culturali: stereotipi, credenze, luoghi comuni, proverbi, usi e costumi di una società che è fondamentalmente dalla parte del maschio.

Un ruolo significativo nella percezione del fenomeno è giocato dall’influenza dei media, che ci offrono quotidianamente modelli femminili situati sempre agli estremi della realtà, oggetto di allusioni volgari, evidenziate nella loro fisicità e non per le competenze che possiedono. Perfino le notizie delle violenze vengono date in modo falsato, edulcorato, attribuendole a passioni e gelosie, raptus e perdite di controllo, quando è ormai chiaro il contrario, e cioè la determinazione da parte di un uomo ad imporsi su una donna.

Non possiamo continuare così! Anche il Pontefice si è espresso in questi termini in un tweet lo scorso 25 Novembre (Giornata contro la Violenza sulla Donna): “Quante donne sopraffatte dal peso della vita e del dramma della violenza! Il Signore le vuole libere e in piena dignità.” Papa Francesco riesce ad esprimere in completa semplicità e con poche parole concetti che altri impiegano anni a digerire.

Perciò chiediamo che si faccia tutto il possibile per mettere la parole FINE alla violenza. A livello istituzionale, con leggi più efficaci, l’implementazione dei centri anti violenza (al momento praticamente senza finanziamenti ed affidati al buon cuore delle operatrici, secondo la trasmissione presa Diretta del 24/1/17), campagne capillari di sensibilizzazione e azioni educative a lungo e medio termine, messe in atto da scuole ed associazioni, per insegnare alle persone a gestire le proprie emozioni, a rapportarsi agli altri in modo equilibrato e rispettoso dell’identità altrui, favorendo un necessario cambiamento di mentalità in uomini e donne, per arrivare ad una convivenza il più possibile pacifica.

Paola Lorenzetti

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